Incredulità e stupore sono i sentimenti che pervadono l’intera Italia calcistica al termine del campionato 1972–’73: i milanisti perché hanno perso uno scudetto che credevano comunque vinto, soprattutto alla luce della superiorità tecnica dimostrata durante l’intero campionato, gli juventini perché si sono trovati a festeggiare una vittoria totalmente inaspettata, soprattutto se si pensa che a sei giornate dal termine avevano ben cinque punti di ritardo sulla squadra allenata da Nereo Rocco.
Rivera alla Domenica Sportiva sentenzia: “Diciamo pure che la palla è rotonda, ma diciamo anche che rotola sempre dalla stessa parte”.
Una frase amara ed intelligente che scioglie la tensione e strappa a tutti un sorriso, ma che pone un’infinita serie d’interrogativi. Perché al Milan non è stato concesso di posticipare la gara per recuperare forze dopo l’importante impegno di coppa a Salonicco in finale contro il Leeds ? Cosa già a quei tempi valutata e concessa (la famosa Mantova-Inter 1–0 del 1967 giocata di giovedì per gli impegni internazionali dell’Inter). Il presidentissimo Figc era Artemio Franchi. Perché nel momento cruciale della stagione i rossoneri incappano costantemente in qualche grave errore arbitrale contrario? Il riferimento a quanto accaduto a Roma durante la ventiseiesima giornata è fin troppo chiaro.
È ormai opinione comune che Rivera e compagni non hanno grande potere politico all’interno dei vertici calcistici nazionali e quanto avvenuto negli ultimi due mesi di questa stagione sembra suffragare questa teoria. Difatti, I rossoneri in settimana vinsero la Coppa delle Coppe a Salonicco e avevano di fronte la trasferta di Verona, che chiesero inutilmente di posticipare. Il 20 maggio, al Bentegodi, gli uomini di Nereo Rocco andarono sotto di quattro gol: il risultato finale fu di 5–3. Premi a vincere ai giocatori del Verona dopo l’incontro del giovedì prima dell’incontro. La Juve, alla fine del primo tempo, perdeva a Roma; lo 0–0 della Lazio a Napoli avrebbe portato allo spareggio tra Milan e Lazio.
Il finale fu movimentato: Altafini segnò l’1–1 (e, con tutte le squadre a quota 44, si sarebbe disputato lo spareggio tra Milan, Juve e Lazio) e, quando Cuccureddu ribaltò la situazione segnando il 2–1 a tre minuti dalla fine, la Lazio si lasciò superare dal Napoli.
Decisiva fu la caduta dei rossoneri a Verona: la Juve vinse il suo quindicesimo scudetto, mentre il Milan si vide sfuggire la stella. Bertini, all’epoca giocatore della Roma, dichiarò che cinque giocatori della squadra capitolina, presero dei soldi (non ha dichiarato da chi) per perdere contro la Juventus e sfavorire gli acerrimi nemici della Lazio; gli stessi tifosi romanisti esultarono al gol Juventino di Cuccureddu (fatto unico nella storia).
Non solo, il presidente del Verona era Saverio Garonzi, rappresentante Fiat per il triveneto dal 1953 che incontrò emissari della Juventus al giovedì, prima della gara.
Nel campionato successivo, a cinque giornate dalla fine, Garonzi ci ricasca con il Verona in lotta per la salvezza. Telefona all’ex suo calciatore Sergio Clerici in forza al Napoli e gli promette in cambio di favori sul campo, di aiutarlo con la Fiat ad aprire una sussidiaria a casa del “Gringo” in Brasile. Scoperto, il Verona viene retrocesso.