“Ehi, ma te di che anno sei ?” . E lui non risponde. Forse non ha capito e riprende a giocare. Ha la palla buona, la butta dentro. E quello riprende a chiamare. “Scusa , puoi venì ‘n attimo?” . Adesso ha capito : “Parla con me? “. “Sì. Giochi bene. Di che anno sei?” “Sono nato nel ‘53”. “Perfetto. Vuoi far parte di una squadra?” “Sì, certo. Piacere, sono Nejib. Sono tunisino”. “Bravo, bravo. Ce manca proprio lo straniero”.
Sulla spiaggia di Ostia, la squadra del quartiere romano del Quadraro recluta un calciatore straniero. Di nome fa Nejib e di cognome : “In Tunisia per i calciatori non esiste il vincolo. Non esiste nemmeno il cartellino e i contratti sono stipulati di anno in anno. Ma per cambiare società, serve rimanere fermi una stagione. Totalmente inattivi. Era il 1972. Avevo diciannove anni e giocavo a Tunisi, in una squadra di terza categoria. Ma, pur di passare al Club Africain, avevo accettato di fermarmi un anno. Visto che avevo terminato le scuole superiori e che mia sorella viveva ad Ostia, decisi di raggiungerla”.
Tutte le mattine, Nejib va a Roma per frequentare un corso di interprete. Il pomeriggio gioca a calcio. Faccia da ragazzo della porta accanto: “Non ricordo proprio il nome di quel signore . Lui mi propone al presidente del Bettini-Quadraro. E poi, io senza calcio non riuscivo a stare nemmeno un minuto. Per me era un sogno giocare. E dappertutto. Ho incontrato il presidente che chiamavo signor Bergamo. Anche se tutti lo chiamavano Lillo. E’ una persona splendida”.
Dal Bettini-Quadraro sono stati appena forgiati due elementi di belle speranze: di nome si chiamano entrambi Francesco. Il primo di cognome fa Graziani, anche se poi tutta l’Italia lo chiamerà Ciccio. E il secondo fa Rocca, anche se poi tutta l’Italia lo chiamerà Kawasaki.
Nel Bettini-Quadraro, Nejib viene impiegato come centravanti. E’ rapido, piedi ben educati. Quel sogno adesso abita un campo spelacchiato di borgata, all’ angolo tra via Togliatti e via Tuscolana. Nejib segna a ripetizione. Poi fa la doccia, saluta e scappa via con la sua aria irrequieta. Perchè deve giocare un’altra partita: “A Ostia ho trovato tanti amici. Non mi hanno mai fatto sentire uno straniero”.
Dopo più di un anno, Nejib si trova impigliato tra le spinte e le controspinte della coscienza : “Il presidente del Bettini mi disse che se volevo restare, mi avrebbe trovato una sistemazione in categorie superiori. Ma la nostalgia per la Tunisia era troppa. E sono dovuto andar via in gran fretta. Poi ho scoperto che il signor Bergamo in realtà si chiamava Imbergamo”.
“E un anno dopo infatti, mi sono pentito. Anche perché in Tunisia si guadagna poco col calcio. Nel Club Africain guadagnavo trecentomila lire al mese di premi, più o meno. Perché di solito ci davano cento dollari a vittoria. E non esistono ingaggi. Me la cavavo lavorando in un’impresa immobiliare. In Tunisia ho cominciato a giocare a centrocampo”.
Nejib arriva in Nazionale. E lì incontra il più grande allenatore della sua vita: “Il coach Chetali era in carica dal 1975 . Aveva creato una vera squadra, un gruppo di ventidue calciatori che giocavano insieme da tanto tempo”. Per i suoi compagni, Nejib è “l’italiano”, ovviamente. Lui non si risparmia: “Giocavamo a Tunisi contro l’Algeria. In un contrasto mi sono rotto la caviglia. E Chetali aveva esaurito tutti i cambi a disposizione. Ho concluso lo stesso la partita. Perché piuttosto che uscire, sarei morto su quel campo. A proposito, abbiamo vinto noi, 2-0”.
Dritti verso il primo mondiale della storia della Tunisia, quella di Argentina ‘78. E Nejib gioca quasi tutte le partite: “Per la qualificazione abbiamo ricevuto tremila dollari, una coppa e una macchina fotografica. Ma soprattutto l’elogio di Bourghiba e il ricevimento al palazzo presidenziale di Cartagine”.
Ma c’è un problema: “Poi qualcuno ha messo in giro una storia falsa e Chetali non mi ha chiamato in un paio di partite . Non facevo che piangere. Tutti i giorni. Non ce la facevo. Stavo diventando pazzo. Fino a quella telefonata: anch’io andavo a giocare la Coppa del Mondo”. Anche se non se ne accorge nessuno.
Perché secondo il sondaggio di un quotidiano argentino specializzato, la Tunisia è la squadra più scarsa del mundial. Non si parla di Nejib. Ma nemmeno di Temime, uno dei pochissimi a giocare fuori dalla Tunisia. E di Tarak, che è richiesto dal Paris Saint-Germain. Questi tunisini potrebbero anche essere arrivati in Argentina, ma nessuno lo sa. Magari avranno le valigie tenute insieme con un giro di spago e staranno in qualche albergo di Rosario. Magari agghindati con abiti improbabili e a piedi scalzi. Chissà se per ingannare il tempo , cacceranno mosche. Anche quelle, portate dalla Tunisia.
In realtà, fin dai primi giorni, la squadra esibisce tono atletico e buone qualità tecniche. Agli allenamenti arriva anche un gruppetto di ragazze di Rosario, che non riescono a nascondere un certo interesse. Chetali non fa una piega. Lui è un mister di scuola tedesca, allievo di Weisweiler. Calcio totale d’impronta europea, 3-4-3. Chetali ha anche la faccia giusta, il sorriso magnetico. Sembra un grande attore. Hanno girato un film su di lui quando la Tunisia ha travolto 4-1 l’Egitto e si è qualificata. Poi un giorno, Franco Zeffirelli si trovava dalle parti di Monastir per girare “Gesù di Nazareth” . L’ha visto e gli ha offerto una parte nel film: Chetali aveva altro da fare.
La squadra alloggia all’hotel Libertador di Rosario. Al primo piano c’è una Cafeteria frequentata dalle ragazze della città. Dalle sei del pomeriggio e fino alle tre di notte. Il direttore dell’hotel è pronto a chiudere la Cafeteria anche per un mese, perché sa che può creare problemi, far scoppiare la polemica, lo scandalo. Ma Chetali sfodera il suo sorriso da red carpet : “Non c’è problema, la Cafeteria può rimanere aperta. Perché i miei calciatori sono responsabilizzati”. Per Nejib e compagni, via libera . E le ragazze li aspettano. Anzi non vedono l’ora.
Non sono belle. Sono bellissime. Disponibili. E se li contendono in un lungo, interminabile gioco perverso. Musica latinoamericana, si chiacchiera, si ride. Poi Nejib chiede una canzone di Donna Summer : nessuno la conosce, anche perché è proibita dal regime. La seconda sera, Chetali passa e trova Nejib a un tavolo con tre ragazze: non dice nulla. Ma Nejib rimane fino alle dieci . Poi se ne va a dormire.
La prima è contro i messicani, che non si sono neanche degnati di studiare l’avversario. La Tunisia va sotto 1-0 alla fine del primo tempo. Ma è in condizioni fisiche strepitose. Compatta, a tutto campo. E, nella ripresa, colpisce col terzino sinistro Kaabi: 1-1. Con la squadra, prende quota la corsa di Nejib. Calzettoni abbassati, come fosse in spiaggia. Passa in mezzo a due , la prepara col sinistro e conclude di esterno destro: 2-1.
“Dopo il gol, mi scoppiava il cuore dalla gioia. Indescrivibile. Ho pregato un fotografo di Rosario di inviarmi la fotografia, perché volevo farne un ingrandimento”. Ancora Nejib che carica il destro. Un’occhiata veloce, finta e allarga all’altro terzino destro Dhouieb. Sembra di vedere Carlos Alberto contro Albertosi: 3-1.
Quella sera alla Cafeteria le ragazze sono più belle del solito. Non le hanno mai viste così . E Nejib al tavolo non può mancare. Capelli sapientemente spettinati : “Dobbiamo stare allegri, ridere, chiacchierare. Anche per non pensare alla Polonia e alla Germania. Magari sono loro che pensano a noi. Noi non abbiamo nulla da perdere e ce la vogliamo giocare tutta”.
“Nell’intervallo Chetali ci aveva detto di portare avanti i due terzini. Lui ci ha insegnato che una gara tutta giocata in difesa può rivelarsi insopportabile “. E’ la prima vittoria di una squadra africana a un mondiale. La Tunisia è in testa al girone da sola.
Stavolta si fa baldoria senza limiti di orario. Qualcuno alza il volume, qualche altro chiude le porte. Fino a notte fonda. Chiunque immaginerebbe un plotone di calciatori in fuga verso i pascoli del cielo e l’indomani spossati, stravolti. Ma Chetali rimane tranquillo : “Questo passatempo è una preparazione psicologica di enorme importanza per i miei giocatori che non riescono a stare segregati”.
E tutta la città di Rosario li adora. Nejib si sente a casa più degli altri. Perchè a Rosario su un milione di abitanti, quattrocentomila sono gli oriundi italiani e oltre cinquantamila quelli effettivi. Con la Polonia il tifo è tutto per la Tunisia. I due terzini di Chetali bloccano rigorosamente a zona Lato e Szarmach. Poi Temime rifila un tunnel a un polacco. Ben Rehaiem, ancora tunnel. E sulle tribune una bolgia. Trentacinquesimo : Nejib sradica la palla a Gorgon ed entra in area. Prova la traiettoria bassa e Tomaszewski tocca come può, ma sui piedi di Temime: Zmuda si squaderna per salvare. Passano poco più di cinque minuti e un buco difensivo regala il gol a Lato: Polonia in vantaggio.
Nella ripresa, viene fuori prepotentemente la migliore condizione degli africani. Basta una sterzata e un’accelerazione e la Tunisia va dentro. I polacchi boccheggiano e provano forze fresche: entra Zbigniew Boniek, ma non cambia nulla. Anzi . C’è l’azione corale più spettacolosa del Mundial. Due triangoli a velocità supersonica e Ben Rehaiem arma la volèe in corsa di Temime : Tomaszewski si arrende, ma la palla sbatte sotto la traversa e poi sulla linea. E la ritrova.Poi si spaventa ancora, perché c’è Tarak da un metro esatto: è sicuro, è troppo sicuro. E manda alto. Due minuti alla fine e la Polonia sbanda paurosamente: Kaabi la grazia per l’ultima volta. I polacchi escono con due punti. E con un po’ di vergogna.
L’indomani Nejib apre il giornale di Rosario, “El Pais en la noticia”. C’è scritto: “GRAZIE TUNISIA. Grazie per il calcio che ci hai mostrato . Per il grande spettacolo che hai offerto al calcio rosarino”. Adesso nessuno li chiama più “sorpresa”. Li chiama “la Tunisia” e basta : “Il nostro è un gruppo che vive bene insieme dentro e fuori dal campo. Ci conosciamo bene. E’ una vera e propria osmosi, non solo complicità. E’ come quando guardi un film molte volte . Alla fine sei imbevuto di quelle immagini . Il film finisce per essere parte della vita quotidiana . Noi siamo questo”.
Devono trasferirsi a Cordoba. E le ragazze sono rimaste a Rosario. I tunisini si sentono sperduti, fuori dal mondo. Nejib passa quasi tutta la serata col suo compagno di squadra Labidi che ha l’influenza. Gli porta la tisana. Poi Nejib non ce la fa più: “Dovevo ancora portare l’aspirina a Labidi. Ma decido di fare una telefonata in Tunisia. E mi costa duecento dollari. Solo che quei soldi io non ce li avevo”. L’argentino mi chiede: “Hai giocato in Coppa del Mondo ?”. A quel punto ho capito che forse potevo salvarmi: “Non solo ho giocato. Ho anche segnato un gol contro il Messico“. “D’accordo. Dammi una scarpa tua, una scarpa da calcio. Poi firmamela. E il conto è pagato“.
E non era ancora finita. “Volevamo sbalordire anche contro la Germania campione del mondo”. E fanno 0-0 .
“Alla fine siamo arrivati anche davanti ai francesi . E’ stato fantastico . Pensavamo tutti a quale premio ci avrebbero dato in patria. Ma il premio più grande sarebbe stata l’accoglienza dei tunisini. Erano tutti letteralmente impazziti. Oggi i calciatori pensano ai bonus, ai soldi più che all’amore per la maglia. Ma prima di parlare di soldi, dovrebbero portare prove col pallone. Ma è vero che al posto del campetto del Bettini c’è un centro commerciale? Io poi mi sono sposato, ma mi mancano le ragazze italiane. Anche loro non mi hanno mai fatto sentire uno straniero. Sono ragazze bellissime e calde. Intendo molto affettuose. Si possono chiamare calde?”. “Certo”. “Va bene, scrivi calde. Basta così? E’ finita l’intervista?”.
Ernesto Consolo
Da Soccernews24.it