Sesta finale di Champions League o Coppa Campioni per l’Inter. Un traguardo che fa sempre venire i brividi ai tifosi nerazzurri, che fin qua hanno esultato tre volte e pianto in due occasioni.
Andiamo a rivivere le altre cinque finali disputate dall’Inter nella massima competizione europea.
La Grande Inter di Herrera
Due di fila, come una dinastia: l’Inter nel 1964 e nel 1965 non ha rivali in Coppa Campioni. La prima volta la vince di slancio, chiaramente “in missione”; la seconda in casa, probabilmente con più pressione sulle spalle. Real Madrid e Benfica le ultime a cadere in quella che a tutti gli effetti è la fotografia del ciclo della “Grande Inter” con Helenio Herrera allenatore e Angelo Moratti dietro la scrivania. In campo, la litania “Sarti-Burgnich-Facchetti”, ma il capitano è Armando Picchi, “Penna bianca”, un libero che ha fatto scuola per bravura in campo e tempra caratteriale.
1964: Inter-Real Madrid
Due finali totalmente diverse, dicevamo. La prima è al Prater di Vienna contro il Real Madrid, una macchina da guerra calcistica con le sue cinque Coppe Campioni già in bacheca e un undici titolari che fa paura: Puskás, Di Stéfano e Gento su tutti, gente che ha già sollevato più di un trofeo, ma che sembra in là con gli anni.
Herrera non ha paura, ha allenato il Barcellona, pizzicare il Real Madrid gli piace e ha predisposto una squadra affamata, veloce e con gli uomini giusti al posto giusto: su tutti Sandro Mazzola, che apre le marcature in chiusura di primo tempo con una sassata da fuori che termina all’incrocio dei pali.
Inter padrona del campo anche se i blancos tentano la reazione con Gento, che colpisce un palo: il raddoppio è di Milani, anche lui con un tiro da lontano che sorprende Araquistáin. Accorcia il Real con Felo in mischia da calcio d’angolo, ma ancora Mazzola approfittando di uno svarione di Santamaria piazza il 3-1.
Inter campione d’Europa un anno dopo il trionfo del Milan.
1965: Inter-Benfica
La stagione successiva è San Siro il palcoscenico della finale contro il Benfica.
L’Inter è ancora lì, dopo una semifinale-thrilling contro il Liverpool e una rimonta epica dopo il 3-1 dell’andata subito in Inghilterra. I portoghesi sono un’altra big continentale, hanno in Eusebio la stella e in bacheca già due Coppe Campioni. Partita completamente diversa rispetto a quella con il Real Madrid: pressione alle stelle per i padroni di casa, ma soprattutto una pioggia battente fuori stagione che flagella San Siro.
Ci vuole un colpo a sorpresa o un episodio fuori dalla sceneggiatura, come un tiro senza pretese di Jair che il portiere del Benfica, Costa Pereira, si lascia passare sotto la pancia: 1-0, il risultato non cambia più.
Inter, le grandi delusioni: Celtic e Ajax
Il ciclo della Grande Inter di Herrera potrebbe arricchirsi nel 1967, quando l’Inter arriva in finale da strafavorita contro il Celtic Glasgow. La squadra si è parzialmente rinnovata rispetto ai due trionfi precedenti, ma forse arriva stanca dopo una stagione logorante e soprattutto è priva del suo cervello di centrocampo, Luis Suárez.
Tuttavia dopo sei minuti rigore per fallo su Cappellini e Mazzola trasforma: sembra che debba andare tutto in discesa, ma il Celtic non si arrende, prende subito un palo e poi nella ripresa va all’arrembaggio trovando il pareggio con Gemmell e il sorpasso con Chalmers.
Nel caldo di Lisbona l’Inter si scioglie e perde clamorosamente, buttando via pochi giorni dopo anche il campionato con la celebre papera del portiere Sarti a Mantova.
Nel 1972 invece i nerazzurri sono sfavoriti di fronte al grande Ajax di Cruijff, Neeskens e compagnia, il “calcio totale” in carne ed ossa. In panchina c’è Giovanni Invernizzi, l’uomo che aveva vinto lo scudetto da subentrato l’anno prima e che ora rischia di centrare un risultato storico.
La squadra è cambiata parecchio, della “vecchia guardia” sono rimasti sostanzialmente solo Burgnich, Facchetti, Bedin, Jair e Mazzola. Si affacciano alla ribalta giovani come Oriali, messo in marcatura a uomo su Cruijff, e bomber di razza come Boninsegna.
Però quell’Ajax è troppo forte ed è proprio Cruijff a realizzare la doppietta che spinge la Coppa Campioni per il secondo anno consecutivo ad Amsterdam: l’1-0 arriva su pasticcio tra il portiere Bordon e lo stesso Oriali, mentre il raddoppio di testa da calcio d’angolo.
Per l’Inter si apre un periodo così così in generale, con pochi scudetti vinti e ancor meno risultati a livello europeo, anche se nel 1991, 1994 e nel 1998 arrivano tre Coppe Uefa.
Inter, il Triplete del 2010
Fino a quando in nerazzurro arriva, è l’estate del 2008, José Mourinho, già vincitore di una clamorosa Champions League col Porto.
Gli ci vogliono due anni prima di riportare il massimo trofeo continentale nella bacheca interista. Lo fa al termine di una stagione perfetta, dove alle avversarie non rimangono nemmeno le briciole: Coppa Italia-scudetto-Champions League, il crescendo dell’Inter è inarrestabile e culmina il 22 maggio 2010 con la vittoria 2-0 contro il Bayern Monaco nella finale del Santiago Bernabeu, stadio storicamente fortunato per il calcio italiano.
Javier Zanetti alza il trofeo davanti agli occhi commossi del presidente Massimo Moratti, sul trono d’Europa come suo papà tanti anni prima.
Protagonista assoluto della serata è Diego Milito, sontuoso ed elegante centravanti argentino autore di una doppietta. Ma accanto a lui è perfetta l’orchestra nerazzurra a partire da Wesley Sneijder, scaricato dal Real Madrid e divenuto subito fondamentale, e Samuel Eto’o, che per un anno accetta di sdoppiarsi in un lavoro più difensivo che offensivo, lui centravanti ultra-prolifico.
Spirito di sacrificio, giocatori granitici e alcune partite, finale a parte, da ricordare per sempre, come il 3-1 in semifinale a San Siro al Barcellona del “nemico” Zlatan Ibrahimovic, ceduto l’anno precedente in cambio dello stesso Eto’o.
Nessun’altra squadra italiana era mai riuscita nell’impresa del “Triplete“, e chissà quando ricapiterà. Tredici anni dopo, una nuova finale per un altro sogno.