“ Mi piace rovistare nei ricordi
di altre persone, inverni o primavere
per perdere o trovare dei raccordi
nell’apparente caos di un rigattiere”
(F.Guccini : “Vite” dall’album “Ritratti” del 2004 )
Sono in taverna al fresco e sto scrivendo. Mi sono rifugiato nel luogo più fresco della casa in cerca di refrigerio, sfuggendo al caldo afoso di quest’estate torrida. È domenica 23 luglio e la gente se non è andata in vacanza, ha cercato refrigerio almeno in birreria, perché il quartiere è completamente deserto, mentre io ho preferito starmene tranquillamente a casa da solo.
Andrea Sardei, il papà, militare in Africa (a sinistra) e con il fratello Valentino
È il primo pomeriggio quando giunge la telefonata di mio cognato che annuncia il suo imminente arrivo in compagnia di una mia vecchia conoscenza. Gianni mi esorta a preparare qualcosa di fresco da bere. Sono contento ed emozionato perché avevo proprio voglia di incontrare quel vecchio amico. Gino lo avevo salutato un paio di giorni prima, mentre ero fermo in auto allo stop di piazza Rovereto. Lui aveva risposto al saluto con un accenno, malfermo sulle gambe, cercando di capire chi diavolo fossi.
Una reazione normale perché, dopo tutti gli anni passati, io sono completamente cambiato. Non sono più quel ragazzo che dai 16 ai 19 anni giocava nel Thiene degli anni ’70; sono cresciuto, anzi invecchiato. Quando gli ospiti arrivano sono ad attenderli davanti casa. Gino scende lentamente dall’auto e si fa forza sulle stampelle mettendosi in piedi e ci diamo una stretta di mano sorridendoci. Anche per il campione il tempo è trascorso, sebbene la fisionomia sia rimasta la stessa. Il viso magro e tirato, le gambe instabili, ma soprattutto la voce flebile e roca fanno intuire che l’uomo prestante che avevo conosciuto da adolescente ha grossi problemi di salute. Faccio strada e scendiamo in taverna dove ho già preparato nel vassoio i bicchieri con una bottiglia fresca di Prosecco.
Tra un bicchiere e l’altro gli racconto i miei ricordi di quel periodo e lui, osservando le fotografie che gli sottopongo, ora mette a fuoco il campo. Mio cognato ascolta con interesse aneddoti e racconti di un periodo in cui egli era neonato e guarda attento le foto di un libro che non gli avevo mai sottoposto: Glorioso Thiene. Se Gianni aveva intuito dai discorsi al bar che Gino era stato un giocatore di calcio professionista, quella di oggi è solo la conferma; d’altronde Gino è un uomo che non si è mai vantato della propria carriera calcistica. I ricordi affiorano dalle foto che tiro fuori ed è reciproca la sensazione nostalgica che ci cattura. Tante sono le curiosità che ho l’opportunità di soddisfare che ora possono trovare risposta.
Nonostante i problemi di salute, lo spirito del Gino è sempre lo stesso, con quel tocco d’autoironia che gli accende gli occhi vispi rimasti immutati nel tempo. Mi faccio spiegare la sua carriera guardando le foto pubblicate nel libro. Lui snocciola gli aneddoti dando rilievo anche agli episodi che gli hanno segnato il suo percorso. Uno di questi in particolare gli è rimasto impresso. Io lo anticipo: “Col Catanzaro? Il rigore causato dal tuo fallo di mano e trasformato in goal dalla Fiorentina con Bertini nella finale di Coppa Italia a Roma ?” .
No! No! Non è quel rigore fischiato dall’arbitro Sbardella su quel tocco di mano istintivo al 4° minuto del secondo tempo supplementare e che diede la vittoria ai gigliati, ma di un goal su azione perfettamente eseguito: quello da lui segnato contro il Palermo nel campionato di serie B 1960-‘61 allo stadio La Favorita. All’andata, in quel di Reggio Emilia al Mirabello contro la squadra sicula, Gino di goal ne aveva già siglato uno ed il match era finito in parità: 3 a 3. Nella partita di ritorno, allo stadio di Palermo, la Reggiana in cui giocava da interno destro era in svantaggio per 3 a 2. Fu qui la svolta: il suo goal decisivo nel secondo tempo.
Dopo aver scartato tutti, Gino si trovò di fronte il portiere avversario, un vicentino che risponde al nome di Roberto Anzolin da Valdagno e che l’anno successivo passò alla Juve. Con quel goal perfetto aveva pareggiato le sorti e riportato il risultato dell’andata: Palermo – Reggiana 3 a 3. Il Palermo, però, classificandosi al terzo posto fu promosso in serie A, mentre la Reggiana giunta quarta rimase in serie tra i cadetti. Nel calciomercato, Gino Sardei fu richiesto da Juventus, Mantova ed Inter, ma dopo quei due goal segnati al Palermo in quelle due storiche giornate anche la società siciliana, da matricola, si mise in corsa offrendo alla fine, pur di averlo tra le sue fila, la cifra maggiore.
Così, invece di approdare in una squadra blasonata del nord, andò a giocare nel Mezzogiorno con squadre che non lottavano per lo scudetto, ma più semplicemente combattevano, come il Lanerossi Vicenza, per non retrocedere. Tra le cose interessanti, Gino mi racconta anche che la stagione successiva 1961-‘62, passato al Palermo promosso in Serie A, nella partita di Coppa Italia contro il Milan e finita 0 a 0, gli fu annullato un goal regolarissimo, ammesso anche da Nereo Rocco, allenatore triestino che di Gino aveva grande stima. Mio cognato è sorpreso, mentre ascolta le storie di quest’uomo che per i giocatori dilettanti del Thiene è stato un mito ed io ora racconto di quel goal memorabile che segnò in Promozione nell’autunno del ’72.
Nel Catanzaro
Era l’88’ e giocavamo in casa allo stadio Miotto contro la Tagliolese, formazione rodigina di Taglio di Po’. Gino, giocando da difensore libero, era partito palla al piede dalla nostra area di rigore ed io, tredicesimo giocatore, alzandomi in piedi sulla panchina lo seguivo con lo sguardo fisso mentre scartava ad uno ad uno tutti i giocatori avversari in uno slalom degno del miglior Gustav Thoeni dell’epoca, per poi presentarsi solo davanti al portiere e insaccare con un destro rasoterra secco l’angolino sinistro a fil di palo. Era l’89’, cioè in piena zona Cesarini. Fu il tripudio dello stadio. Ecco, ora interviene Gino che ricorda quella gara anche perché la vittoria fu festeggiata con una bisboccia fino all’alba. “Ma dimmi Gino! Come la tua famiglia ha deciso di mandarti lontano in quel del Brescia calcio che eri ancora un bocia?”.
Ciò che nessuno mi aveva mai raccontato ora mi commuove: “Beppe, devi sapere che mio papà l’ho visto che ero piccolissimo; dopo poco è andato in guerra. In Germania ci sono stato nel ’68 e con l’onorevole Fornale. Lassù ho trovato la sua tomba in mezzo a tante altre lapidi del cimitero di Döberitz ; era morto in campo di concentramento nell’ospedale di Berlino-Biesdorf il 4 luglio del 1944”. Dopo un attimo di pausa: “Cosa vuoi Beppe, quando a mia mamma, rimasta vedove con due figli giovanissimi hanno detto che andando a Brescia sarei diventato un giocatore professionista, offrendole anche una certa somma, lei mi ha lasciato andare, anche perché ero una bocca in meno da sfamare”. Poi mi snocciola i personaggi e giocatori conosciuti, tra i quali spicca un certo Raùl Alfredo Conti, sudamericano del Rio della Plata che era divenuto un suo grande amico.
Raùl Alfredo Conti
Giocavano nel Bari e Raùl, ex juventino giunto a fine carriera, gli era rimasto impresso perché gli propose di andare a giocare in Canada con la squadra del Toronto, club col quale l’argentino aveva già firmato il contratto. La squadra canadese aveva chiesto a Raùl di segnalare qualche buon giovane giocatore italiano da portare oltreoceano e lui aveva proposto proprio Sardei. Gino non accettò perché mirava tornare al nord, vicino a casa, magari tra i biancorossi berici. Egli ricorda ancora le parole dell’amico sudamericano al suo diniego che sorridendo canzonatorio disse : “Gino, tu tieni piedi buoni ‘argentini’, ma la testa italiana… testa da casso!”. Gli aneddoti si accavallano ed il tempo scorre veloce. La taverna è ormai riempita di fumo e io lo ammonisco che dovrebbe smettere con le sigarette.
Lui, con fare fatalista, sorridendomi ironico: “Beppe, cosa vuoi che sia, non cambia nulla per qualche sigaretta in più!”. Quando sale sull’auto di mio cognato, lo saluto abbracciandolo: ha fatto piacere ad entrambi ritrovarci e l’elogio lo affermo sincero: “Gino, sei mitico. Tutti quelli che ho conosciuto dentro e fuori dal campo mi hanno sempre parlato bene di te perché non ha mai rimproverato nessuno quando giocavi; eri il nostro Capitano e ci incoraggiavi”.
Nel Thiene 1972-’73, campionato di Promozione
20 maggio 1973, stadio “Menti” di Vicenza, spareggio per la promozione in Serie D: il Thiene batte lo Schio 2-1
Lui con l’ironia bonaria e gli occhi lucidi: “Beppe, mia mamma mi raccomandava fin da bocia che far male non paga, perché prima o dopo ti torna indietro con gli interessi. Questo insegnamento ho sempre cercato di seguirlo nel mio piccolo. Per il resto, ogni storia ha la sua ruota che gira e tutti i miei acciacchi sono da accettare serenamente perché sono quelli dell’ultima stagione della vita; stagione di una vita nella quale mi sono tanto divertito a rincorrere un sogno con la testa nel pallone…”.
Giuseppe (Joe) Bonato