La spia dal naso freddo
Gen 22, 2024

Pochi giorni prima dell’inizio dei Mondiali del 1966, una mascotte divenne l’eroe nazionale inglese

Negli anni ’60 Londra era la capitale mondiale della moda. Le chitarre degli Stones e dei Beatles trasmettevano un’allegria che dava un’altra sfumatura alla capitale di una nazione che stava vivendo il suo momento migliore del dopoguerra, con una crescita economica impressionante quanto la minigonna di Mary Quant, quella favolosa creazione che lui stesso presentò al mondo dall’elegante quartiere di Chelsea.

Nel 1966 l’ottava Coppa del Mondo non avrebbe potuto avere un’ambientazione migliore, gli inventori del gioco erano ansiosi di sollevare l’inafferrabile Coppa Rimet e attendevano con impazienza il loro momento al leggendario stadio di Wembley.

Pickles, il cane più famoso della storia del calcio

Il trofeo disegnato dal francese Abel Lafleur rappresentava una vittoria alata, la dea Nike. Misurando trenta centimetri e pesando quattro chilogrammi, realizzato in argento sterling e bagnato d’oro, era il Santo Graal che distingueva i campioni del mondo di calcio dal 1930.

La Coppa Rimet, il Santo Graal del calcio mondiale, è stata messa in palio per i primi nove Mondiali. In Messico nel 1970, il Brasile ha vinto tre volte il titolo iridato e ottenuto così l’affidamento permanente

Nel 1946 fu deciso che portasse il nome di Jules Rimet, il francese che, da presidente della FIFA, stabilì che ogni quattro anni si dovesse disputare il Mondiale. Uruguay, Italia e Brasile l’avevano già alzata due volte, mentre la Germania aveva fatto lo stesso nel 1954.

L’Inghilterra ha avuto un’occasione d’oro come la coppa per vincerla e fermare così un possibile tre volte campione. La FIFA aveva stabilito infatti che la squadra che avesse vinto il titolo per la terza volta si sarebbe appropriata della Rimet per sempre, cosa che gli inglesi erano disposti a evitare a tutti i costi.

Tra sobrietà e vergogna, le autorità inglesi mostrano al mondo la bacheca situata a Westminster senza… la Rimet

Tuttavia, il 20 marzo, un evento scuote Scotland Yard: la dea Nike ha preso il volo ed è stata rapita da Westminster. I cablogrammi internazionali hanno trasmesso al mondo la notizia: a poco più di tre mesi dall’apertura dei Mondiali non c’era più la coppa da alzare.

Nella notte, una telefonata anonima ricevuta dal presidente della Federazione inglese ha avvertito che nelle vicinanze dello stadio di Stanford Bridge avrebbero trovato notizie sulla coppa; le autorità hanno risposto al messaggio e infatti hanno trovato una busta con una nota che chiedeva il pagamento di quindicimila sterline in cambio del trofeo. Come “prova di sopravvivenza” gli autori inviarono il velluto su cui era esposta la Rimet.

La stampa inglese ha trovato il suo primo campione del mondo in Pickles. Il cane sembrava godersi al massimo il suo “quarto d’ora”

Come una storia di 007 o Simon Templar, Scotland Yard arresta un personaggio oscuro chiamato ad incassare il riscatto. Il detenuto si è limitato a dire che rappresentava un certo Paul, l’intellettuale autore del delitto e che non aveva idea di dove si trovasse la Nike d’oro.

Una settimana dopo la vergognosa scomparsa della coppa e quando la FIFA aveva già autorizzato la produzione di una replica, un cittadino della classe media inglese, David Corbett, stava portando a spasso il suo cane Pickles nel tradizionale quartiere di Upper Norwood nel sud-est di Londra

All’improvviso, il cane, un “cane da pastore” di razza collie, si ferma ad annusare un pacco nascosto tra i cespugli di un giardino vicino. Notando questo, Corbett scopre che avvolta nel giornale c’era una scintillante figura dorata: è la Coppa del Mondo! In fretta e furia decide di portarla al commissariato più vicino, quello di Gipsy Hill.

Pickles, ha ricevuto tutti i tipi di premi, a destra posa con una medaglia d’argento assegnatagli dalla “Canine Defense League”. Nelle altre immagini, David Corbett, il suo felice padrone, partecipa ad eventi e riceve occasionali assegni
grazie all’impresa del suo animale domestico

Una volta all’interno, un eccitato ed euforico Corbett viene rassicurato da uno bicchierino di whisky fornito da uno dei poliziotti, tuttavia la sua gioia contrasta con la freddezza dell’ufficiale che inizia a porre domande. Subito diventa il primo sospettato del furto, viene arrestato e interrogato fino alle prime ore del mattino.

Una volta che tutto viene chiarito, Corbett ricevette un assegno di mille sterline di ricompensa, denaro con cui potrà comprarsi la casa, inoltre Pickles, il cane, diventa un eroe nazionale, le autorità gli danno da mangiare gratis per un anno e viene addirittura decorato. Come se non bastasse, la mascotte, diventata una celebrità, viene invitata a molteplici eventi. Insomma, diventa una vera e propria star.

Gli inglesi hanno vissuto intensamente la loro Coppa del Mondo, il cui culmine è arrivato il 30 luglio quando Bobby Moore ha ricevuto dalla regina il la preziosa Rimet. L’Inghilterra aveva battuto la Germania Ovest in una controversa finale e Londra è ancora il centro del mondo.

Wembley è una festa, Bobby Moore riceve la preziosa Rimet dalla regina Elisabetta, il popolo inglese esplode di eccitazione mentre Londra resta il centro del mondo

Corbett e Pickles partecipano alla cena trionfale con la squadra inglese, evento al quale le mogli dei calciatori non sono state invitate. Si dice che il cane, o meglio il suo proprietario, abbia ricevuto almeno 6.000 sterline per aver partecipato a diversi eventi e che i giocatori inglesi appena 1.360 sterline per aver vinto il titolo mondiale.

Non importa, l’immagine del capitano Bobby Moore che sollevava il cane e lo presentava al pubblico da un balcone a South Kensington è  iconica ed emozionante.

Quattro anni dopo, la Vittoria Alata, nascosta ai nazisti dall’allora segretario della Federcalcio italiana Ottorino Barassi dopo la vittoria italiana nel 1938, nascondendola in una scatola da scarpe e mettendola sotto il suo letto, volò per sempre in Brasile. Dove conobbe una tragica fine, venendo rubata nel 1983 e forse fatta a pezzi d’oro, senza lasciare alcuna traccia.

Mario Bocchio

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