Una sera di qualche mese fa, nell’ambito di una conversazione nostalgica innaffiata di rum nero cubano con un caro amico d’infanzia, ebbi a sviscerare la mia passata predilezione per Patricio Hernández.
“Un grande”, biascicai alticcio. Allora il mio compagno di ormai trentennale infermità mentale granata mi rivolse uno sguardo scintillante di puro scetticismo alcolico, piegò la bocca a ore quattro meno dieci e affermò: “Mah, non è che fosse poi ‘sto gran fenomeno!”.
Alcune lune dopo, in un disco-pub non lontano dalla Mole Antonelliana, riproposi il medesimo concetto a un camarero di mia conoscenza e costui ribatté: “Diamine, ma se colpiva solo pali e traverse!”. Come se non bastasse di lì a poco capitai sul sito internet clamorosoalcibali.it – molto divertente a onor del vero – in cui il buon Pato viene classificato come “provolone”. Che diamine!, sbottai.
Almanacchi alla mano, mi risulta che nelle sue tre stagioni di militanza nel calcio italiano – due nel Torino e una nell’Ascoli – il grintoso nonché tecnico centrocampista argentino cresciuto nell’Estudiantes ha segnato 17 gol, di cui 15 nel Toro: 4 nella stagione 1982-’83 e 11 nella stagione 1983-’84. Mica pizza e fichi secchi, e formaggio incellofanato. Eppure…
A quel punto un dubbio atroce si insinuò nella mia mente: “Porca miseria, ma ero proprio l’unico piciu in curva ad andare matto per Pato Hernández?”.
No, per grazia ricevuta: “Parallela a quella del Toro ho un’insana passione
per l’Argentina, forse perché negli anni Venti mio nonno materno emigrò là
da Orsara Bormida, nell’Acquese, per salvare dalla fame la sua famiglia.
Ebbene, mi piacerebbe rivedere alla moviola qualche numero di Patricio
Hernández, un grande talento mancino, un calciatore che rimase solo due anni in granata ma che non ha mai dimenticato la sua esperienza a Torino. Gli feci un’intervista a Buenos Aires nel 1987 per Stampa Sera e al sentire la
parola magica ‘Toro’ gli brillavano gli occhi dalla felicità. Lui, il mitico
Leo Junior e Casagrande sono stati a mio avviso i più grandi stranieri del
Torino dopo la riapertura delle frontiere nel 1980″. Matteo Dotto, moviolista di Controcampo.
Diciamo la verità: poiché Hernández era stato la riserva di Diego Armando Maradona al Mundial ’82 e ampiamente strombazzato in tal senso, più d’un tifoso granata si aspettava da lui tuoni fulmini e saette.
Ma Pato non era Dieguito, era soltanto un’ottima mezz’ala col vizio del gol. Un giorno o l’altro proporrò al grande Matteo Dotto l’istituzione di un Comitato per la rivalutazione di Patricio Hernández: datemi retta, se lo merita.
Maurizio Ferrarotti