Era il 18 giugno 1978, per la maggior parte degli italiani semplicemente l’ultima domenica di primavera. Per i tifosi di Catania e Nocerina, tuttavia, non si trattava di una domenica qualsiasi. Le due squadre avevano dominato il girone C della vecchia Serie C, trovandosi a fine stagione appaiate in testa alla classifica a quota 52 punti. In quella situazione, per decretare quale tra le due avesse il diritto di partecipare nella stagione successiva al campionato di Serie B, si rese necessario uno spareggio.
La sfida decisiva ebbe luogo sul campo neutro di Catanzaro. In migliaia, sia da Catania che da Nocera Inferiore, raggiunsero lo “Stadio Militare” per sostenere i propri beniamini. Le carovane di tifosi variopinti invasero la città calabrese, creando un clima di festa inserito in un contesto di sana rivalità sportiva. La Rai, nonostante il crescente interesse del pubblico nei confronti dell’avvenimento sportivo, decise di non trasmettere l’evento. Soltanto lo sforzo organizzativo di una radio privata, dotata di mezzi e risorse limitate, ma seguitissima in tutto il territorio campano e nelle regioni limitrofe, rese possibile seguire lo storico evento ai tanti tifosi della Nocerina rimasti a casa.
La voce narrante di Radio Diffusione Agro era quella di Aldo Matano, chiamato per l’occasione ad infiammare i cuori del popolo Nocerino. Lui, professore di filosofia prestato al giornalismo sportivo (la passione per il calcio lo aveva già portato a ricoprire la carica di giudice sportivo prima e di membro della Commissione per lo studio delle Carte federali della LND poi), raccontò, con voce suadente e coinvolgente, tutti gli istanti della sfida che portò all’apoteosi rossonera.
Tuttavia, l’importanza storica di quella partita risiede, oltre che nell’evento sportivo tout court, soprattutto in quella rivoluzionaria intuizione, tanto estemporanea quanto felice, attraverso la quale “l’improvvisato” radiocronista seppe rendere, in modo definitivo, la cronaca radiofonica delle partite di calcio ancora più gradevole, accurata e completa. È che oggi è considerato uno dei pilastri della moderna cronaca calcistica, quello che, in gergo giornalistico, viene definito commento tecnico alla partita.
Professore Matano, sono trascorsi 45 anni dallo spareggio che decretò la storica promozione della Nocerina in serie B. Ci vuole raccontare come nacque l’idea di trasmettere la diretta radiofonica di un evento che nella zona dell’Agro nocerino sarnese ebbe una risonanza notevolissima?
“Nel 1978 non vi era ancora la regolamentazione giuridica per l’assegnazione dei diritti sportivi. Le prime norme sarebbero state emanate tre anni dopo, nel 1981. La Rai, già in cura dimagrante, aveva inaugurato la stagione delle sue storiche ‘amnesie’ e con grande coerenza decise di ignorare l’avvenimento. La RDA, Radio Diffusione dell’Agro, coraggiosa e apprezzata emittente libera, come allora erano impropriamente chiamate le radio e tv private, al contrario, seppe cogliere la crescente attenzione e i significati della grande attesa di una vasta platea di ascoltatori per lo spareggio di Catanzaro e ne curò la diretta producendo un considerevole sforzo organizzativo, tecnico e finanziario. E fu un successo mediatico straordinario”.
Quel giorno lei, oltre a narrare con trasporto e grande capacità comunicativa le gesta dei 22 calciatori in campo, ebbe un’idea che ha cambiato definitivamente il modo di raccontare le partite di calcio; affiancare alla cronaca della partita un commento di tipo tecnico, che soltanto un addetto ai lavori può efficacemente fornire. Ci parlerebbe di quella straordinaria intuizione?
“Fu una intuizione felice. Nell’affollata tribuna stampa dello stadio calabrese vidi, tra gli altri, Gianni Improta, capitano e uomo-immagine della formazione catanzarese, che era stata appena promossa in serie A. Ritenni che un suo intervento nella radiocronaca avrebbe opportunamente integrato il mio racconto. Io descrivevo il clima, le emozioni e sviluppavo i diversi temi sportivi, ma anche sociologici ed economici dell’avvenimento e Improta spiegava, con la sapienza dell’esperto, le situazioni e i motivi tattici che andavano via via concretizzandosi sul terreno di gioco. Fu un successo mediatico notevole, di cui si parlò per molto tempo. I sessantenni di Nocera, di Sarno e di tutto l’Agro ne conservano nitido e chiaro il ricordo. Nacque così, da quella imprevista e occasionale collaborazione, la prima radiocronaca corredata da un organico commento tecnico. Se l’avessi brevettata, sarebbe oggi molto diversa la mia situazione patrimoniale. Pensate che nei giorni successivi alla partita, in ogni angolo di quella vasta area geografica, veniva riproposta, con martellante ostinazione, la registrazione della mia radiocronaca. Sembrava che i tifosi cercassero, nell’oggettività indiscutibile di quel documento sonoro, la certezza di una realtà che, ai più, continuava, inspiegabilmente, ad apparire sogno”.
Da quanto ci dice devo dedurre che la cronaca di quella partita le restituì una fama inaspettata?
“Fui travolto da un’ondata impetuosa di popolarità, certo non paragonabile a quella, decisamente più modesta, ottenuta dopo i miei primi quindici anni dì insegnamento e la pubblicazione di due classici di filosofia, adottati peraltro in diversi licei italiani”.
Come è cambiato secondo lei il modo di raccontare le partite di calcio, dai tempi dei primi radiocronisti ad oggi che la qualità dell’immagine e l’invadenza di telecamere e microfoni sembra lasciare sempre meno spazio all’estro e alle capacità comunicative del narratore?
“Nicolò Carosio è stato il primo nostro radiocronista. Parlava con l’enfasi mutuata dal clima politico nel quale aveva iniziato le sue trasmissioni. Era un gran signore e un narratore impareggiabile. L’avvento della Tv ne frenò alquanto le pindariche dissertazioni e le ardite creazioni grammaticali. Nando Martellini parlava con serena fluidità. Non possedeva le fantasiose locuzioni di Carosio ( ‘la palla viaggia’ oppure la celeberrima: rete!! No, quasi rete.) ma le sue telecronache risultavano pacate, puntuali, scrupolose. E poi Bruno Pizzul, l’ultimo dei grandi telecronisti. Una voce inconfondibile, unica. Esibiva una completezza descrittiva, che esprimeva il possesso di buone letture e di una straordinaria competenza tecnica. I telecronisti odierni straparlano per lo più sulle immagini che lo spettatore percepisce con chiarezza. Usano barbarismi inaccettabili per esprimere tutto ciò che è ovvio e celebrare la banalità. Manca una scuola che potrebbe suggerire loro la chiarezza e la proprietà di linguaggio. Una volta era vietato dire: il Tizio ha dato fuoco. Bisognava dire: ha appiccato il fuoco. Il Prefetto non dava una nomina, la conferiva. Il sacerdote non diceva una preghiera. La recitava. L’infermiere non dava un farmaco, ma lo somministrava. Oggi osservo troppa superficialità, approssimazione, sciatteria”.
Lei che è stato un attento testimone, sia nelle vesti di mero osservatore che in quelle di eccellente narratore, di epoche certamente migliori vissute da questo sport, cosa pensa della situazione in cui versa il calcio italiano?
“Il calcio vive il suo medioevo barbarico. È il risultato di una sciagurata conduzione, contraddistinta dall’arroganza e dall’insipienza di chi da troppo tempo lo governa. Per trovare un’analogia storica di una conduzione tanto miope e inquietante devo pensare ai Visigoti di Spagna. Neppure il concetto vichiano della storicistica evoluzione accredita le probabilità dell’auspicato cambiamento. In una nazione normale il minuscolo Tavecchio, il bellicoso Lotito, aspirante intellettuale in servizio permanente effettivo e l’impalpabile Beretta sarebbero stati cacciati a furor di popolo. E da tempo. Nel nostro Paese, al contrario, il potere di questi personaggi sbiaditi e senza storia è come l’Essere di Parmenide: eterno e immutabile. Una tristezza. Ci rubano pure la speranza di una rifondazione”.
Da quanto lei ci racconta, sembra che la sua passione per questo sport si sia notevolmente affievolita. Ci dica la verità, guarda ancora le partite di calcio?
“Continuo a seguire il calcio, soprattutto quando esalta la geometria degli schemi per coniugare l’intelligenza tattica con il vigore atletico. Vado sempre meno allo stadio. Vedo le gare più importanti in televisione, ma dopo aver disattivato l’audio. Per igiene mentale, naturalmente”.