Era il 26 ottobre 1988, esattamente 34 anni fa, quando Giovanni Francini segnava un gol di vitale importanza per il cammino del Napoli in Coppa Uefa: “Giocammo a Lipsia nella vecchia Germania dell’Est, c’era ancora il Muro. Una partita difficile, ho fatto gol di testa prima di segnare anche nella sfida di ritorno: mi sa che ce l’avevo proprio con loro (ride, NdR.). Scherzi a parte, è stata una bella serata, un risultato importante ottenuto fuori casa. Quel gol ci ha dato la possibilità di continuare l’avventura e di vincere la Coppa Uefa. Un trofeo molto importante, che all’epoca veniva giocato dalle migliori squadre dei vari campionati (solo chi vinceva il titolo nazionale andava in Coppa dei Campioni, NdR). Vincere la Coppa Uefa in quegli anni era veramente un’impresa”.
Dopo il 2-0 azzurro alla Lokomotive Lipsia – come scrive Jacopo Pascone – ritorno al San Paolo (9 novembre 1988), mentre il Milan veniva salvato dalla nebbia del Marakàna di Belgrado in Coppa dei Campioni, tutte le altre italiane passavano il turno in Europa: la Samp in Coppa Coppe; l’Inter, la Roma, la Juve e, appunto, il Napoli in Coppa Uefa. Erano gli anni d’oro: “Quelli in cui il calcio italiano andava per la maggiore: tutti i giocatori più importanti volevano giocare da noi”. Sulla strada verso il trionfo il Napoli trovò la Juventus ai quarti di finale: “La rimonta sulla Juve fu incredibile: perdemmo 2-0 a Torino e ribaltammo a Napoli con un gol di Renica al 119esimo. Una serata magica, al gol di Alessandro è venuto giù lo stadio. Poi incontrammo il Bayern e infine lo Stoccarda. Abbiamo battuto tutti club importanti: solo una grande squadra poteva ottenere un risultato così”.
In campionato invece gli antagonisti principali erano il Milan di Sacchi e l’Inter del Trap: “Era una lotta serrata tra noi e il grande Milan degli olandesi, in quegli anni ci alternavamo tra primo e secondo posto. Nel ’90 vincemmo a Bologna mentre i rossoneri persero a Verona. All’ultima battemmo in casa la Lazio con gol di Baroni. Fu un tripudio incredibile, vincere uno scudetto a Napoli non ha paragoni: quello che succede per una vittoria è indescrivibile. In posti come Napoli c’è più passione”.
Alla maglia azzurra Francini ha dato tantissimo, ricordato ancora oggi dai tifosi e non solo per i trionfi raggiunti: “Sono stati sette anni fantastici, penso che Napoli sia una delle città più belle al mondo. Ancora oggi scendo tutte le settimane per partecipare a una trasmissione sportiva. Mi fa piacere essere ricordato per quello che ho fatto, nonostante siano trascorsi tanti anni. Per un calciatore giocare a Napoli è il massimo. Un pubblico fantastico attaccatissimo alla squadra. Anche quando andavamo in trasferta sembrava giocassimo in casa. È vero che Diego trascinava le folle, portava allo stadio tanti appassionati che non erano tifosi, ma il popolo napoletano in quegli anni ci seguiva ovunque”.
Arrivato dal Torino nell’estate del 1987, nella prima stagione Francini è un intoccabile di Bianchi. Oltre a difendere – “Ho giocato quasi sempre sulla fascia sinistra, quando c’era bisogno giocavo in marcatura, cosa che ho fatto diverse volte anche al Toro” – Giovanni segnava anche.
Tutti gol importanti, come quello al Real Madrid, suo primo con la maglia azzurra e primo in assoluto del Napoli in Coppa dei Campioni: “In uno stadio strapieno, ci fu un boato impressionante. Abbiamo avuto la sfortuna di incontrare il Real proprio al primo turno. Nella partita d’andata a Madrid io ero squalificato dall’anno prima e Careca era infortunato. Avevamo qualche defezione e non eravamo ancora ben rodati… se li avessimo incontrati al secondo turno sono convinto che non ci sarebbe stata storia. Ricordo il primo tempo del ‘San Paolo’ nella sfida di ritorno, facemmo una gara spettacolare ma purtroppo subimmo l’1- 1 a un minuto dall’intervallo: quel gol ci tagliò le gambe”.
Un’altra rete che ricorda con affetto è quella segnata circa un mese dopo in campionato alla Roma: “Eravamo in 9 contro 11 e perdevamo 1-0, espulsi Renica e Careca, quando su un calcio d’angolo di Diego andai a saltare. In area eravamo io, un mio compagno e solo avversari: colpii la palla e segnai sull’altro palo. Tra l’altro quel giorno finì il gemellaggio tra Roma e Napoli, quando Salvatore Bagni uscendo fece il gestaccio… ma da quello che so c’era già qual- che problema tra le tifoserie: quella fu solo la goccia che fece traboccare il vaso. Peccato perché era un bello spettacolo”.
In quegli anni, a cavallo tra il 1987 e il 1988, Giovanni Francini entrò anche a far parte del giro della Nazionale, ma la concorrenza era molto agguerrita: “Oggi di terzini mancini puri non ce ne sono più tantissimi, ai miei tempi era pieno, ogni squadra aveva il proprio. La mia posizione in Nazionale era ricoperta da Cabrini e poi è arrivato Maldini. Un po’ di Nazionale l’ho fatta, sono stato agli Europei in Germania nel 1988 ma non ho mai giocato”.
Fonte Guerin Sportivo