Corpi de testa, da fa ‘ncantà, urlavano a Campo Testaccio i tifosi della Roma negli Anni 30 sulle note di “Guitarrita”, tango scritto nel 1930 da Armando Fragna e Bixio Cherubini. E a Testaccio, stadio quanto quartiere, ha vissuto per poco più di un anno un’ala nativa di Alessandria capace di conquistare per primo l’appellativo di “Castigalaziali”.
Si chiamava Renato Cattaneo ed era approdato nella Capitale nella primavera del 1935 dopo aver scritto alcune tra le pagine più importanti della storia alessandrina. Nato e cresciuto nel comune più esteso del Piemonte, fin da giovane aveva mostrato una naturale predisposizione al gioco del calcio, completando la trafila delle giovanili e debuttando nel gennaio del 1923 con la maglia dell’Alessandria, siglando anche una rete all’Andrea Doria. Espletato il servizio militare in quel di Roma, tornò nella città natale dopo esser stato vicino alla permanenza nella Città Eterna.
Infatti – come racconta Gianvittorio De Gennaro su “Il Romanista” – Cattaneo venne contattato dalla Lazio, la quale però non accettò la richiesta di un sussidio per garantire la permanenza al giocatore. Un gesto che nel giro di qualche anno fece letteralmente mangiare le mani alla dirigenza biancoceleste.
Dopo aver siglato l’ultima rete nello storico Campo degli Orti di Alessandria, venne contattato dalla Roma nel 1935 anche grazie ai racconti dell’epoca. La leggenda narra che fosse stato capace di far saltare sette denti al portiere della Triestina con un tiro al fulmicotone e che fosse soprannominato Ciaplén per due motivi: il dinamismo simile allo Charlot di Chaplin e la somiglianza con il sassolino impazzito del gioco del rimbalzello.
Venuto a sapere della conclusione della trattativa con la Roma, scrisse una lettera alla dirigenza sulle pagine de “Il Littoriale”: «Difenderò con grande passione e onore la famiglia giallorossa», il messaggio bene augurante di Cattaneo. Tuttavia nonostante l’esordio bagnato dalla rete europea contro il Ferencváros, tanti tifosi iniziarono a nutrire dubbi legati soprattutto all’età. Tuttavia, proprio nei derby, Renato Cattaneo riuscì a ritagliarsi due momenti di gloria assoluta. Il 13 ottobre del 1935 allo Stadio del P.N.F la Lazio ospita la Roma nella prima stracittadina stagionale. A settanta secondi dal termine Masetti smanaccia un cross e la palla viene raccolta da Scaramelli. Sfera smistata su Gadaldi che a sua volta lancia D’Alberto in profondità: cross al centro ed è proprio Cattaneo di testa ad anticipare l’estremo difensore laziale.1-0 e tifosi romanisti in estasi, il signor Bevilacqua di Viareggio fischia la fine.
Ma non è finita qui la piccola vendetta di Cattaneo. Il 16 febbraio del 1936 a Campo Testaccio la Roma domina in lungo e in largo, non riuscendo però a far crollare le difese biancocelesti. Ad otto dalla fine Fusco rimette la palla in gioco verso Cerroni: pallone al centro e ancora di testa, ancora Cattaneo a schiacciare la sfera verso la rete. «Ci accorgiamo oggi qual è stato il dramma dell’alessandrino – raccontano i giornali dell’epoca – Lo raggiungevano ovunque ironie. Ventimila persone hanno assistito al miracolo della resurrezione di Cattaneo che è stato issato in trionfo dai suoi compagni».
E dai suoi tifosi che, secondo le cronache, l’hanno accompagnato in trionfo fino a casa. Che era proprio vicina a Campo Testaccio, nel cuore di e della Roma e dei romanisti. Il soprannome, dopo l’ennesima domenica da eroe per caso, fu spontaneo come un colpo di testa, di quelli che fanno incantare: Cattaneo, il “Castigalaziali”. Prima di Da Costa. E pensare che avrebbe potuto giocare il derby a maglia invertita.