Il subentrante
Mar 10, 2023

Non si tratta di paragoni irriverenti ma solo di dare il giusto rilievo alle cose, a valutare come va il mondo (del calcio) oggi e quanto sia stato messo definitivamente in soffitta quello degli anni passati. Non è fantascienza ma realtà. Chiudete gli occhi. Il profilo è quello giusto: giovane, preferibilmente intorno ai 20 anni, attaccante di belle speranze, qualche presenza in panchina con la prima squadra, un giocatore sul quale costruire il futuro dell’attacco della tua squadra. Di questo personaggio ci parla l’articolo tratto da “il Napolista“, intitolato “Napoli-Atalanta è la storia di Ferradini, l’equivoco di un attaccante triste”.

… Quanto lo si paga uno così, al giorno d’oggi? Non vogliamo essere irriverenti ma dopo il numero devi scrivere “milioni” e non “Xmila euro”, cifra che non corrisponderebbe nemmeno al suo ingaggio. Uno sbarazzino e speranzoso attaccante italiano, non affermato, qualche annetto di Primavera nelle gambe, che magari trascorrerà la sua carriera tra prestiti e cessioni in club di piccola e media levatura, sballottato in tutto lo stivale come un pacco postale, a meno di una clamorosa esplosione che ne farebbe lievitare il prezzo, oggi costerebbe, appunto, una cifra seguita dalla parola “milione”.

Ed allora siamo bruschi e concreti e ci chiediamo quanto avrebbe pagato il Napoli un centravanti come Ferradini, preso proprio perchè corrispondeva al profilo di calciatore tracciato sopra, nel lungo ed estenuante, noioso ed snervante mercato odierno. Uno che, come Pavoletti (pagato 18 milioni per aver fatto qualche gol in Serie A), sarebbe venuto a fare la riserva con poche possibilità di giocare. L’attaccante livornese ha messo insieme 6 presenze e zero gol, Ferradini, in tre anni, anche a causa di diversi infortuni, collezionò 13 presenze in campionato, bagnate da soli due gol e 8 nelle coppe dove realizzò due reti, una in Coppa Uefa contro il Banik Ostrava ed una in Coppa Italia con il Torino.

Ferradini è nato a Fucecchio, il paese di Indro Montanelli ed il cui patrono è San Candido. In verità anche il suo volto è quello di un ragazzo pulito, educato e… candido quando a 16 ani va a giocare in serie C col Viareggio. Ci gioca per due campionati, poi passa all’Atalanta che ha intenzione di farne la punta di diamante della sua Primavera. L’allenatore Corsini lo vede però in palla negli allenamenti e gli dà una chance.

Nel Napoli 1972-’73

Il giovanotto, apparentemente gracile ma dotato di una buona muscolatura, esordisce in serie A a 18 anni nella trasferta vinta dagli orobici sul campo del Varese. Chiuso dagli esperti Magistrelli e Mondonico, alla fine dell’anno colleziona 7 presenze in campionato e 4 nella Coppa Anglo-Italiana ma qualcuno inizia a parlare di questa punta. Il Napoli bussa alla porta dell’Atalanta e, oltre a Vavassori,  prende anche il giovane dal viso pulito credendo di aver acquistato un potenziale crack.

Eppure il giocatore era stato preso all’insaputa di Chiappella che, dopo gli arrivi di Damiani e Mariani, pensava che un’altra ala non potesse servirgli. Il problema sarà proprio questo. Sia Damiani che Mariani giocavano larghi e convergevano ma erano troppo leggerini per impensierire le difese: nel mezzo mancava un risolutore. Doveva questi essere Ferradini? Purtroppo il ragazzo di Fucecchio, centravanti di nome ma oggetto misterioso di fatto, non lo fu e Chiappella provò una varietà di soluzioni di tale quantità da far impallidire un pallottoliere. A.A.A. Centrattacco cercasi. Prima Abbondanza “falso nueve”, poi un Canè già canuto, si rispolverò addirittura Umile in qualche circostanza, poi si spostò Mariani al centro, fu data qualche opportunità anche al carneade Motti fino a quando non si accese la lampadina di Beppone nelle ultime giornate del torneo. Il buon Chiappella pensò, così, per rendere l’attacco più di peso e meno leggerino, di affiancare Ferradini (con il numero 11) a Canè.

E cosa ti combina il ragazzotto? Segna in due occasioni consecutive. Saranno due pari, uno a Napoli col Cagliari dove rimedia ad un’autorete di Rimbano ed una a Genova con la Sampdoria dove pareggia il gol di Loris Boni. Il Napoli finisce nono grazie ad una difesa sbalorditiva, seconda del campionato con soli 20 retri subite. L’attacco, come visto, è un fallimento totale, 18 reti in 30 partite.

Con Vinicio Ferradini giocò da titolare solo in due occasioni, in due campionati diversi, le restanti partite le fece tutte partendo dalla panchina. Sarebbe troppo ovvio trovargli un nomignolo. “Il subentrante” ci sembra quello più appropriato tanto per scherzarci un pò su. Giovanni giocò da ala destra nell’esordio del Napoli nel campionato 1973-‘74 a Cagliari (dalla settimana successiva Vinicio buttò nella mischia Canè che non uscì più) e nel campionato seguente, nella gara sul campo neutro di Roma, da ala sinistra, contro il Torino per la mancanza di Clerici, con Massa spostato al centro dell’attacco.

Anche con Vinicio segnò due reti, quella della flebile speranza di passare il turno di Coppa Uefa nel fango di Ostrava (alla fine fu pareggio per 1 a 1) e l’altra, nell’ultima gara della stagione, al San Paolo col Torino in Coppa Italia dove firmò l’1 a 0 che purtroppo non bastò, per i risultati precedenti, per staccare il biglietto per la finale.

Quella gara, nonostante il gol, gli fu comunque fatale. Si era a fine giugno ed il Napoli stava già preparando il nuovo parco attaccanti per il nuovo campionato. La società non ebbe più fiducia in lui. Agguantò Sperotto come terzo attaccante dietro a Savoldi e Braglia e il pluri infortunato Ferradini prese addirittura la strada del Modena. In C. Dalle stelle (probabili) alle stalle (sicure). Dopo, falcidiato da altri malanni ed acciacchi, giocherà ancora nella sua Toscana, prima al Montecatini e poi al Fucecchio, la squadra del suo paese dove chiuse la carriera a nemmeno 29 anni. Senza capire quale gloria gli avesse dato il calcio e se era stato più ala o più centravanti vecchia maniera.

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