L’uomo delle grandi occasioni
Gen 20, 2024

I Mondiali del 1982 hanno avuto più squadre, giocatori e partite di tutti gli altri precedenti. L’Italia campione, la brillante Francia di Platini, Giresse e Tigana e, naturalmente, la magica squadra brasiliana, forse la migliore di tutti anche se alla fine non ha vino la Coppa del mondo. C’era anche un argentino dai capelli folti, dal corpo tozzo  e dal piede dionisiaco che avrebbe conquistato il mondo quattro anni dopo. Spesso dimenticata sotto il sole spagnolo c’era anche forse la squadra più bella della Polonia prima che arrivasse Robert Lewandowski. E c’era il giocatore più famoso di sempre che abbia indossato il rosso e il bianco: Zbigniew Boniek.

Nel Widzew Łódź 

Il centrocampista offensivo, benedetto da un ritmo bruciante, aveva attirato l’attenzione a 22 anni ai Mondiali del 1978, segnando due volte in nella vittoria per 3-1 sul Messico mentre la Polonia era in testa al girone davanti ai campioni in carica della Germania Occidentale. La maggior parte degli appassionati di calcio, tuttavia, lo ricordano per una superba tripletta al Camp Nou contro il Belgio quattro anni dopo. Il primo gol è stato un colpo fragoroso dopo il tiro di Grzegorz Lato. Il secondo confezionato con la complicità del portiere Theo Custers.

Il terzo è arrivato da un’azione che ha iniziato lui stesso, sulla linea di metà campo, con un passaggio a Włodzimierz Smolarek che ha poi passato la palla a Lato, che a sua volta ha imbeccato Boniek. I suoi rapidi piedi lo hanno visto passare oltre lo sfortunato Custers e accarezzare la palla in una rete vuota.

Nella sfida contro l’Urss al Mondiale del 1982

Il Belgio, che aveva iniziato il torneo con una vittoria sull’Argentina di Diego Maradona, è stato messo in ginocchio. Straziante per Boniek l’ammonizione all’88’ nel pareggio per 0-0 con l’Urss, perchè gli ha fatto perdere la semifinale contro l’Italia. Senza il suo talismano, la Polonia nulla ha potuto contro gli Azzurri di Paolo Rossi. Nonostante la delusione, la Polonia, con Boniek di nuovo in squadra, ha vinto 3-2 contro una Francia ancora più amareggiata, ottenendo un impressionante terzo posto. È stata la migliore prestazione della Coppa del Mondo della Polonia.

Dopo  due stagioni al Zawisza Bydgoszcz, seguite da 50 goal in campionato e sette stagioni al Widzew Łódź, Boniek era pronto per il grande momento, che arrivò con il passaggio alla squadra europea più glamour dell’epoca, la Juventus di Giovanni Trapattoni. Dino Zoff, Antonio Cabrini, Gaetano Scirea, Claudio Gentile, Marco Tardelli e Paolo Rossi tornarono tutti a Torino nel 1982 con le medaglie dei vincitrici della Coppa del Mondo al collo. Ad attenderli c’era probabilmente il miglior giocatore d’Europa, Michel Platini. Con Boniek poi aggiunto al mix, la squadra avrebbe dovuto spazzare via tutti gli avversari.

Boniek esultante alla Juventus, dopo la sua doppietta al Liverpool che decise la Supercoppa Uefa 1984

Ma, proprio come il Real Madrid avrebbe scoperto due decenni dopo con la politica del Galácticos, le squadre sono molto spesso meno della somma delle loro stelle, e sebbene la Juventus abbia vinto la Coppa Italia del 1983, è stata poi costretta ad accontentarsi del secondo posto in Serie A, finendo dietro la Roma. Poi è arrivata la finale di Coppa dei Campioni contro l’Amburgo allo Stadio Olimpico di Atene. Il mondo si sintonizzò in attesa di un’incoronazione; quello che ottennero fu una delle finali più anti-climatiche che si addicevano a un’era piena di finali anticlimatiche. Il gol al nono minuto di Felix Magath è bastato a dare al club della Germania Ovest il suo primo titolo, la sesta vittoria finale per 1-0 in Coppa dei Campioni. La galassia di stelle della Juventus semplicemente non fu sufficiente o brillò troppo debolmente per essere notata.

Boniek (a sinistra) in maglia polacca nel 1984, in azione sotto lo sguardo dell’italiano Di Gennaro

La stagione successiva i pezzi del puzzle iniziano ad essere incastonati nel posto giusto per la Vecchia Signora del calcio italiano. Con Boniek e Platini in ottima forma, la Juventus ha vinto il suo 21° titolo prima di conquistare la Coppa delle Coppe con una vittoria per 2-1 sul Porto a Basilea; Boniek assume il ruolo di eroe. Nel gennaio del 1985, nel gelo di una serata piena di neve contro il Liverpool, Boniek è stato ancora una volta l’uomo decisivo nella Supercoppa europea, segnando entrambi i gol in una vittoria per 2-0 sul  Liverpool. Quando le due squadre si incontrarono nuovamente pochi mesi dopo, fu uno dei giorni più bui del calcio. Prima dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni del 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, 39 tifosi della Juventus morirono nella follia che coinvolse i tifosi del Liverpool. Incredibilmente, la partita fu giocata ugualmente.

Boniek in azione alla Roma nella stagione 1985-’86

Verso la fine del primo tempo, Boniek ha procurato il rigore che Platini ha realizzato dando alla Juventus la sua prima Coppa dei Campioni in assoluto. Ma quello che avrebbe dovuto essere il momento clou della carriera di Boniek si era da tempo trasformato in un incubo per tutti i soggetti coinvolti. La partita si sarebbe rivelata l’ultima di Boniek nel bianco e nero della Juventus, visto che in estate si trasferì alla Roma.

Sebbene spesso l’uomo delle gradi occasioni, Boniek, curiosamente, aveva un record molto modesto di gol. Ne ha segnati solo 14 gol in campionato con la Juventus, 17 nelle sue tre stagioni alla Roma e 24 in 80 gare internazionali. La vittoria nella finale di Coppa Italia sulla Sampdoria ha dato al polacco, nel 1986, una rivincita parziale dopo la clamorosa sconfitta in casa per 2-3 con il già retrocesso Lecce, che precluse definitivamente ai capitolini il sogno tricolore. Prima che l’estate ospitasse una deludente uscita della Polonia dai Mondiali in Messico, culminata nella sconfitta 4-0 contro il Brasile. Boniek si ritirò dal calcio solo due anni dopo. A ragione, molti ricorderanno Boniek per la sua permanenza alla Juventus. I suoi connazionali, tuttavia, ricorderanno quella notte a Barcellona e la fugace illusione che Boniek ha creato nel suo popolo, trasportandolo ad un passo dalla gloria della Coppa del Mondo.

Mario Bocchio

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