Il calcio è arte, spettacolo, intrattenimento e chissà cos’altro. E a volte, di conseguenza, una singola giocata può valere il classico prezzo del biglietto. Il colpo di tacco con cui l’algerino Rabah Madjer contribuì a decretare la vittoria del Porto in finale di Coppa Campioni contro il Bayern Monaco gli valse il titolo di “il tacco di Allah”. Per chi ha fede in un essere sovrannaturale, evidentemente, doveva andare proprio così. Una prodezza individuale per sconfiggere i più nerboruti tedeschi.Ma il calcio, come la vita, si sa, ha anche i suoi rovesci.E quel colpo di tacco, da grazia, per Madjer si trasformò poi quasi in disgrazia. Lo acquistò l’Inter dell’audace presidente Ernesto Pellegrini, sbaragliando proprio la concorrenza dei bavaresi. Correva la stagione 88’-‘89.
Quella dei record, per intenderci. I tre acquisti (da quell’anno si potè passare a tre) furono nell’ordine Lothar Matthäus, Andreas Brehme e proprio Rabah Madjer. Che avrebbe preso la sua classica maglia numero 8 (già contesa quell’anno già da Nicola Berti e dal panzer Matthäus, costretto quasi con la forza poi da Giovanni Trapattoni ad accettare la numero 10), ma che, di fatto, però non indossò mai.
Colpa di un problema fisico che, all’ultimo, quando ormai la presentazione era stata fatta con tanto di maglia nerazzurra indosso, fece saltare la trattativa. L’Inter si trovò spiazzata. La coppia Madjer-Serena prometteva bene sulla carta. Si era chiuso il ciclo di Altobelli e l’algerino era un centravanti atipico. Una via di mezzo tra una seconda punta ed un rifinitore, abile a mandare anche in goal il compagno di reparto. Il peso del bilancio si faceva sentire e reperire un altro attaccante all’altezza, quasi all’ultimo, non era facile. La trovata di ripiego portò il nome dell’argentino Ramón Díaz, che fece le valigie da Firenze, quasi non credendoci. Aveva esperienza nel campionato italiano, ma non entusiasmava le folle. La realtà del campo disse ben altro.
Si rivelò il partner ideale per mandare in goal Aldo Serena, guarda caso capocannoniere quell’anno con 22 goal, cifra da lui mai più eguagliata. Di certo più di quanto fece poi Jürgen Klinsmann, che aveva ben altre caratteristiche. La regola dei tre stranieri fu spietata e a fine anno il non giovanissimo Díaz fu mandato via per far posto alla “pantegana bionda”. Quella fu l’Inter dei record. Quella fu l’Inter di Ramón Díaz. Anche se doveva essere l’Inter di Rabah Madjer. Chissà se lo sarebbe mai stata veramente.
Christian Montanaro