Andrea Kregar lo chiamavano “il centravanti di ferro”: una potenza spaventosa, convogliata al centro dell’attacco. Mai terminologia fu più appropriata per un giocatore che possedeva una forza d’urto impressionante. Il suo incedere velocissimo palla al piede, soppiantava gli avversari un una progressione irresistibile, culminante con una sassata scagliata in porta da qualsiasi posizione. Sapeva farsi valere nelle mischie, lavorando d’anca e soprattutto di gomiti, cercando spesso il contatto un i portieri avversari. In campo dava tutto e anche di più ma arrivava a fine gara sempre fresco come una rosa, come se dovesse iniziare il riscaldamento pre-partita. Mai uno strappo, nemmeno una contusione nel corso nella sua lunga carriera agonistica. Si cimentava anche nelle corse di resistenza, sui 12 km, risultando spesso vincitore. Fisico non statuario, ma compatto, un fascio di nervi inossidabile, con la robustezza delle dita era capace di curvare una moneta da due Lire. Cresciuto nella Libertas, una squadra di lavoratori fiumani militarizzata di stanza a St. Polten, in Austria, era il figlio più grande di Antonio, piccolo spedizioniere, proprietario di diverse carrozze adibite trasporto merci e Antonia Logar, originaria di Villa del Nevoso. Durante la prima guerra mondiale al padre venne confiscata l’azienda, toccò così anche ad Andrea, appena rientrato dall’Austria, iniziare a lavorare presso il Cantiere Navale 3 Maggio, per aiutare la famiglia. Qualche soldo in più a casa faceva sempre comodo. Quando poi venne assunto come meccanico al Silurificio Whiteead, era già un fromboliere affermato dell’Olympia Fiume, in Seconda Divisione.
Nella Fiumana
All’inizio i bianconeri lo impiegarono come mezzala sinistra. Lui, nel pieno della vigoria fisica si sentiva forte e risoluto e tendeva ad abusare nel dribbling e col gioco individuale. In una gara a Trieste, il 22 Febbraio del 1922, il tecnico dell’Olympia Fiume, lo schierò per la prima volta come vertice avanzato dell’attacco, mettendosi in luce attirando le attenzione anche di Vittorio Pozzo. Nel campionato ’23-’24, andò a bersaglio 18 volte, di cui nove volte nelle prime sette gare, con doppiette a Dolo, Venezia e Udinese, trascinando i fiumani alle finali promozione, contro Spezia e Novara. E’ il giocatore più temuto, al punto che al suo arrivo per la gara in Piemonte i tifosi locali, si riversano alla stazione per innervosirlo con cori ed insulti. Pozzo lo segue sempre da vicino e lo convoca per l’Olimpiade di Parigi del 1924. Giochi a cui non parteciperà mai perchè il telegramma di convocazione non gli venne consegnato dai dirigenti della sua squadra che avevano paura di perderlo per le finali per la promozione in Prima Divisione. Si ferma ancora un campionato a Fiume che chiude con 16 presenze e sei centri. Al termine del campionato su di lui si scatena una vera e propria asta, c’è il Milan con Vittorio Pozzo nelle vesti di Direttore generale che lo vuole fortemente in rossonero, inviando direttamente alla società fiumana una lettera scritta di suo pugno. Passa però al Padova, a conclusione di un’estenuante trattativa, con i biancoscudati che si svenarono letteralmente sborsando 15.000 Lire del tempo, oltre all’incasso di un’amichevole contro la squadra fiumana, per avere quel centravanti possente granitico che non aveva paura di niente e di nessuno. Il primo avversario a cadere con la maglia biancorossa fu il Livorno a cui rifilò una tripletta il 25 ottobre del ’25, andando poi a referto contro Sampierdarenese, Mantova, Reggiana e Pro Vercelli, con la squadra che concluse al quarto posto trascinata dalle undici reti di Kregar, un bottino che lo metteva a pari di Levratto.
Nel Padova
Nell’anno successivo a Padova si sedette in panchina Fagiuoli, che impose a Kregar di giocare da mediano, ruolo che non gli si addiceva propriamente, chiudendo la stagione con solo 10 presenze e chiedendo poi di essere ceduto. La prima società a farsi sotto fu la Pro Patria, che aveva appena prelevato dall’Olympia Fiume Giacchetti e Mario Varglien (poi cinque scudetti con la Juve) e tesserò il trio fiumano per la stagione ’27-’28, per l’allora Divisione Nazionale (attuale Serie A). Il primo anno fece discretamente bene con tre reti in tredici partite. La stagione seguente, con i tigrotti si tolse diverse soddisfazioni, con la Pro che diventò la rivelazione del campionato e la bestia nera delle grandi. Kregar partì alla grande rifilando tre doppiette, la prima al Modena, quindi al Padova (da grande ex) e per ultimo un micidiale uno-due alla Roma di Volk (conterraneo di Pola), sconfitta 4-3 dai biancoblù in una “Italia-Germania”, ante-litteram. Il tecnico dei tigrotti Bekey, plasmò un collettivo che si trovava a meraviglia, poggiando su due pedine che sapevano concretizzare la gran mole di gioco prodotta dalla squadra. Un attacco formato dai bustocchi Valentino Crosta e Carletto Reguzzoni e per il resto tutto istriano.
Andrea Kregar a fungere da boa, per innescare la velocità di Carletto Reguzzoni, a completare il reparto c’erano gli altri i fiumani Nicolò Giacchetti e Mario Bonivento quest’ultimo arrivato dalla Juventus, in cambio di un altro istriano Mario Varglien. Nel girone di ritorno la Pro fu l’unica squadra che riuscì ad espugnare il campo del Torino, campione in carica, che poi giocherà la finale scudetto con il Bologna, proprio con una rete ad opera di Kregar. A fine annata le sue marcature sono 12, tra i migliori realizzatori del periodo, contribuendo anche a quelle del compagno di reparto Carletto Reguzzoni, che ne firma 29. Nel campionato 1929-’30, fu uno dei marcatori nella gara contro la Cremonese chiusa 4-2, nella primo turno di campionato (6 ottobre 1929) che sancì la prima vittoria dei tigrotti nel neonato campionato di Serie A. Al termine di quella stagione chiuse il suo triennio alla Pro, giocando una gara anche con il fratello Rodolfo (Kregar II°, che vestirà poi le maglie di Perugia, Venezia e Fiumana), il 17 novembre 1929, in Bologna – Pro Patria 2-0. Esperienza alla Pro che in totale lo vedi vestire la maglia biancoblù 61 volte nel campionato di massima divisione, realizzando 15 marcature. A lui, con gli altri giocatori del tempo, si deve l’appellativo di “Tigrotti”, ufficializzato con l’articolo di Bruno Roghi nel 1931.
Passa poi alla Fiorentina in Serie B, dove rimase due stagioni giocando però da esterno, scendendo in campo 19 volte, tornando poi nella sua Fiume. Vestì la maglia della Fiumana tre anni, dal 1932 al 35 totalizzando 22 presenze e 3 reti. In una partita contro il Padova, sua ex squadra, ebbe un incidente di gioco con il portiere Aldo Olivieri (Nazionale) che riportò la frattura della base cranica. Olivieri rimase in convalescenza per un anno tornando poi a giocare nella Lucchese, contro il parere dei medici. In questo incidente di gioco Kregar, riporterà una contusione al ginocchio da cui non recupererà più completamente. Si stabilisce nella sua Fiume, ma al termine della Seconda Guerra Mondiale, con l’occupazione titina dei territori istriano-dalmati, nel 1948 è costretto a lasciare la sua patria e partire da esule, lasciando tutto.
Dopo alcune peripezie tra Trieste e Venezia, trova riparo con la famiglia a Domodossola, grazie all’intervento della cognata Ljuba, sposata con Mosè Orsi, uno degli ufficiali legionari di Gabriele D’Annunzio. In Ossola si fermerà per sempre, diventando capo officina alla Montecatini. La passione per il calcio rimane comunque forte e s’iscrive al corso di allenatori di Coverciano, dove avrà come compagno il portiere Olivieri. Guida la JuveDomo dal 1949 al ’55, portandola dalla Seconda Categoria alla Serie D, poi sarà tra le altre squadre all’Omegna ed anche al Parabiago. Ultima formazione guidata il Villadossola, nella stagione 1969-’70, spegnendosi improvvisamente il 4 aprile del 1977.
da “Il Bustocco”