Ogni volta che l’Athletic Bilbao affronta il Real Madrid si ripropone la questione dell’indipendenza dei Paesi Baschi rispetto al potere centrale. Una questione politica che ha sempre dilaniato la Spagna.
L’Athletic Kluba, nome basco per designare l’Athletic Club, comunemente detto Athletic Bilbao in Italia, è la squadra calcistica che rappresenta la città Bilbao, il centro più grande del Paese Basco. Una formazione molto particolare, poiché ne possono far parte soltanto calciatori baschi o di origine basca, oppure che siano cresciuti nelle giovanili del circuito basco, o ancora che siano provati tifosi della squadra. Il motivo di tale scelta non ha nulla a che fare con istanze razziali, essendo invece strettamente connesso alla questione basca, cioè alla lotta per l’indipendenza di questa area geografica. Qui parleremo, perciò, del popolo basco e delle sue vicissitudini, in una trattazione che in questa sede non può che essere molto breve rispetto alla complessità dell’argomento.
Il Paese Basco, Euskal Herria, è situato a cavallo della catena montuosa dei Pirenei, ed amministrativamente appartiene in parte alla Spagna ed in parte alla Francia.
La zona francese, facente parte dell’Aquitania, è detta Iparralde (Paese Basco Settentrionale), mentre quella spagnola è l’Hegoalde (Paese Basco Meridionale), composta dalla comunità autonoma dei Paesi Baschi cui va aggiunta la Navarra. Il Paese Basco è dunque composto, complessivamente, da sette regioni: Biscaglia, Alava, Guipúzcoa, Navarra (tutte e quattro, Hegoalde), Lapurdi, Nafarroa Beherea e Zuberoa (tutte e tre, Iparralde).
Euskal Herria indica, oltre alla regione geografica, anche il popolo basco, e infatti l’espressione significa “il popolo che parla la lingua basca”, le cui origini vengono solitamente fatte risalire al IX – VIII millennio prima di Cristo, discendenti dall’Uomo di Cro-Magnon, tesi supportata dalle pitture rupestri rinvenute ad Altamira e Lascaux. I Baschi hanno tratti somatici molto caratteristici, tra di loro il fattore sanguigno Rh-negativo è parecchio diffuso a differenza che nel resto del mondo, la loro lingua (anche detta Euskara) non è imparentata con nessun’altra, la cultura e le tradizioni sono estremamente caratteristiche: il popolo basco, indicato pure come Euskadi, è perciò diverso da tutti gli altri, non è stato mai assorbito pur avendo avuto numerosi contatti con altre genti.
I primi contatti li ebbero con i Celti circa nove secoli prima della nascita di Gesù, ma il primo assoggettamento fu a opera dei romani, con Pompeo, il quale fondò Pamplona (o Iruñea-Iruña), ancora oggi la principale città basca, capoluogo della Navarra, quella che potrebbe diventare la capitale di Euskal Herria indipendente. Da allora in poi varie invasioni e conquiste li hanno interessati, intervallate dalle indipendenze del Ducato di Vascogna e del Regno di Pamplona, definitivamente assoggettato nel 1512 da Ferdinando II d’Aragona.
Da allora – come sottolinea Francesco Pipitone – i Baschi hanno riconosciuto l’autorità delle corone francese e spagnola grazie al sistema dei fueros, che prevedeva la permanenza di cultura, tradizioni, leggi e usi baschi, che i re dovevano rispettare, in cambio della fedeltà agli stessi sovrani. Questo equilibrio fu spezzato nel 1879, allorché la Spagna abolì i fueros credendo che quella popolazione fosse ormai domata: un pensiero errato, perché nel 1895 Sabino Arana fondò il PNV (Partido Nacionalista Vasco), con lo scopo di giungere all’indipendenza di Euskal Herria.
Conquistate l’attenzione e la simpatia internazionale durante la Guerra Civile Spagnola, in cui si opponevano al futuro dittatore Franco, a Hitler e a Mussolini, e dopo il bombardamento e la strage di Guernica (che ispirò il celebre dipinto di Picasso), i baschi furono abbandonati dagli Alleati appena finita la Seconda Guerra Mondiale, e si aprì per loro un periodo di ulteriori abusi: fu represso ogni residuo di autonomia, furono dichiarate fuorilegge la Lingua Basca, la cultura basca e perfino i nomi e i cognomi baschi, furono poste in atto torture, arresti arbitrari, omicidi e persecuzioni violente contro gli oppositori, al punto che il clero basco ha parlato di genocidio.
Così nel 1959 nacque l’ETA, Euskadi Ta Askatasuna (Popolo Basco e Libertà), fronte armato del nuovo gruppo EKIN (Agire), inaugurando la stagione degli attentati terroristici, che raggiunge il culmine nel 1973 con l’assassinio di Carrero Blanco, Primo ministro e designato successore di Franco, il quale morì nel 1975 dopo aver indicato che la strada da seguire era il ritorno alla monarchia. Juan Carlos divenne perciò Re di Spagna traghettando il popolo verso la democrazia, ma la questione basca non migliorò, anzi, addirittura peggiorò.
Nella regione venne incrementata la presenza di forze di polizia, si prosegue con la censura, i controlli asfissianti, gli arresti e gli abusi. Nel dicembre del ’78 il voto popolare approvò la Costituzione, ma il 70% dei Baschi votò contro perché non prevede il diritto all’autodeterminazione, mentre nel ’79 grazie a brogli elettorali del governo madrileno passò il referendum per lo statuto di autonomia dei Paesi Baschi. Allo stato attuale, grazie a una politica economica indipendente i Paesi Baschi sono uno dei motori della Spagna e dell’Europa, ma il popolo continua a ricevere vessazioni e a subìre le campagne mediatiche diffamatorie, che identificano i terroristi dell’ETA con la gente, criminalizzando la società basca intera, nonostante la stessa ETA nel 2011 abbia dichiarato di aver cessato il conflitto armato, aprendo la strada della diplomazia con Madrid.
Nel 1983 e fino al 1987 furono attivi i GAL, Grupos Antiterroristas de Liberacion, una struttura che aveva l’obiettivo di eliminare mediante il terrorismo di Stato, la quale, come si è scoperto successivamente, era finanziata dal Ministero degli Interni spagnolo.
I GAL sequestravano, torturavano e uccidevano membri e presunti membri dell’ETA, arrivando a colpire pure chi non aveva alcun collegamento con l’organizzazione, come il lavoratore Jean Pierre Leiba che fu ucciso con un proiettile al cuore. In quegli anni almeno 37 azioni sono riconducibili ai GAL, con decine di morti, tra cui tanti innocenti, per i quali sono stati condannati importanti uomini di Stato, tra cui il Ministro dell’Interno José Barrionuevo.
Ancora oggi, il governo spagnolo emana leggi ad hoc per sopprimere tutte le organizzazioni, anche giovanili, pacifiche e di volontariato basche, solo perché i loro statuti hanno anche una sola finalità in comune con l’ETA, quali la preservazione e la tutela della lingua, delle tradizioni, della cultura, degli usi. In tal modo, praticamente ogni organizzazione viene sciolta, e i loro membri arrestati e torturati dalla polizia, grazie a particolari leggi che limitano i diritti accordati a tutti gli altri cittadini spagnoli.
Questi sono, a grandi linee, le vicissitudini del popolo basco e le ragioni per cui chiede l’indipendenza, alla base della quale ci sono l’orgoglio e soprattutto la coscienza di abusi e limitazioni della libertà. Una questione, quella basca, di cui, chiudendo il cerchio, si fa portavoce anche la squadra di calcio, l’Athletic Kluba.