Il doppio passo che uccide Egg e la palla sul secondo palo: l’icona del Marocco ai Mondiali era senza dubbio il gol di Mustapha in Norvegia nel 1998. Perché era il più importante dei Leoni dell’Atlante nella loro storia. Se chiedi a un italiano di pensare ai mondiali la prima cosa che ti viene in mente per il novantanove per cento Paolo Rossi a Spagna’82 a prescindere dalla risposta alla domanda. È un gol, quello di Hadji, che dice che il Marocco esiste, in Francia, e ha grandi giocatori: un gol che porta in vantaggio una nazionale guidata da un francese, Henri Michel, segnato dal fatto che la Francia lo aveva rifiutato.
È la stella, Mustapha Hadji, della nazionale delle speranze del Marocco. Lui, capelli lunghi e discendenza berbera in forza allo Sports Club de La Coruña dopo aver giocato prima nel Nancy e poi nello Sporting Lisbona. Con lui il suo compagno di squadra Salaehdine Bassir che con il Depor di Irureta avrebbe vinto il campionato, anche se da riserva di Pauleta e Turu Florès, e poi Abdelillah Saber laterale difensivo dello Sporting Lisbona che avrebbe avuto un futuro (non troppo roseo se non una partita contro Juve) a Napoli e al Torino, Noureddin Naybet, spina dorsale del Depor e Rachid Neqrouz, difensore del Bari e terrore degli attaccanti italiani.
Una nuova generazione in una fascia di ferro: Norvegia, Brasile e Scozia i rivali, con un destino, si diceva, segnato. Ma i Leoni dell’Atlante hanno messo in chiaro le cose con Hadji che ha dato loro il vantaggio al loro debutto contro la Norvegia. Solo due papere rumorose del portiere Benzekri, hanno permesso alla nazionale di Flo di pareggiare due a due un incontro dominato dal Marocco. Sconfitta al secondo turno contro il Brasile di Ronaldo (con Benzekri che questa volta si supera), gli uomini di Michel erano sicuri della qualificazione dopo aver battuto 3-0 la Scozia con i gol di Bassir e Hadda. Ma la vittoria della Norvegia sul Brasile con un rigore generoso, fece finire in lacrime una bella avventura.
E infatti quella Nazionale è ancora nel cuore dei marocchini, con Hadjii ancora considerato il più grande calciatore marocchino nonostante chi è arrivato dopo forse, almeno in termini di background personale, ha fatto di più: pensate a Ziyech, Bénatia o Hakimi. Eppure c’è una squadra che ha fatto meglio ancora, quella del 1986, sotto la direzione di José Faria. Tra i vari talenti, la squadra del 1986 è senza dubbio, per usare il discorso iconico, la squadra di Aziz Bouderbala. Il Marocco era assente dalla prima e unica partecipazione, altrettanto indimenticabile, dei Mondiali del 1970: la stella attesa da tutti, e da re Hassan II in particolare, era Mohamed Timoumi che però, sei mesi prima del mondiale, si era rotto il legamenti, fatto che aveva spinto lo stesso sovrano ad intervenire per farlo operare dal miglior chirurgo marocchino.
In un girone di ferro gli uomini di Faria riescono a fermare sullo 0 a 0 Inghilterra e Polonia poi vincono per 3 a 1 col Portogallo, grazie alla doppietta di Kahiri e al gol di Krimau. Qualificazione agli ottavi di finale. Ma a brillare di più è Aziz Bouderbala, centrocampista del Sion, che per le tre partite del girone di qualificazione diventa l’incubo degli avversari: accelerazioni brutali, dribbling imprevedibili e un bel tiro lo trasformano in una delle stelle del mondiale messicano.
Negli ottavi di finale solo un gol all’86’ di Matthäus eliminerà la squadra di Faria dai quarti di finale. Una menzione però, nonostante l’esperienza memorabile, merita anche la folle partita di Ahmed Baja nel 1994 quando era sulla linea di fondo a piantare palla a terra e mandare a vuoto un avversario, per poi dribblarne un altro e servire a Cahouch l’assist per il momentaneo pareggio contro l’Arabia Saudita.
Mario Bocchio