Il nostro Re Artù non ha nulla a che fare con la Gran Bretagna e tanto meno con spade magiche conficcate nella roccia e difficilmente estraibili…eppure, come la leggendaria figura medievale, anche lui era un condottiero. Come dite? Quali armi aveva in dotazione? Sicuramente un’ottima lettura dei tempi che gli permetteva di ferire gravemente gli avversari con i suoi colpi di testa, senza dimenticare un sinistro velenoso ed una rapidità nel breve non indifferenti. Il nostro re si chiama Arturo Di Napoli e pur avendo nome e cognome che richiamano fortemente una matrice partenopea, il ragazzo nasce a Milano nel 1974… sì ma non eravate fuori strada, infatti i genitori sono napoletani. Quel soprannome è un marchio di fabbrica costruito nel tempo, passo dopo passo, ogni volta che il calciatore diventa il punto di riferimento offensivo dei vari club frequentati. Arturo fa parte delle giovanili dell’Inter ma nel 1993 ha già diciannove anni ed il bisogno di giocare si fa sempre più impellente: nessun problema, prestito all’Acireale in Serie B!
Se state pensando che la serie cadetta sia un passo indietro per un esordiente proveniente dalla “A” vi sbagliate di grosso.
In primis, come poc’anzi scritto, Di Napoli aveva voglia di mostrarsi al mondo e capire le sue reali potenzialità (e l’Inter in quel momento non poteva garantirgli questo se non qualche risicato minutaggio) e poi siamo agli inizi degli anni ’90, dove anche il secondo gradino nel nostro calcio ospitava fior fiori di talenti dal futuro certo. Non mi credete? Allora posso farvi i nomi nostalgici dei vari Protti, Hubner e Muzzi fino a toccare punte altissime con Pippo Inzaghi, Bierhoff, Batistuta e Chiesa… ecco, questa era la Serie B di quella stagione. Con i siciliani Arturo gioca, alternandosi fra prima e seconda punta (soprattutto), e arriva pure a totalizzare ventuno presenze nel corso del campionato ma l’istinto da killer d’area ancora non viene fuori. Si toglie comunque la soddisfazione di contribuire alla sofferta salvezza della squadra arrivata dopo lo spareggio con i pari punti del Pisa e strappata ai calci di rigore. Arturo torna alla base lombarda ma anche sta volta gli tocca l’opzione del prestito: Di Napoli passa al Gualdo in C1!
Sembra una bocciatura visto l’abbassamento di categoria ma la compagine umbra, oltre ad avere ottimi rapporti con i nerazzurri, sogna in grande e vuole far ricredere gli scettici. Arturo è fra i protagonisti assoluti della cavalcata e termina il suo percorso con dieci centri, decisivi per il raggiungimento dei playoff. Il Gualdo finisce terzo dopo Reggina (inarrestabile) ed Avellino e proprio con i campani giocherà la finalissima perdendo ai rigori. Delusione infinita per i biancorossi, meno amara per il centravanti che dalla sua può rimproverarsi poco e allo stesso tempo è riuscito a mettersi in mostra: infatti la Serie A è pronta ad accoglierlo. Passa in comproprietà al Napoli e sotto il Vesuvio si ritaglia il giusto spazio anche se l’intero organico lascia a desiderare ed i tempi di Maradona sono finiti da un pezzo.
Cinque reti come primo anno sono comunque un bel bottino per Arturo anche perché valgono oltretutto tre vittorie ed un pareggio, per un totale di dieci punti utilissimi in ottica salvezza. Il primo gol, storico per il centravanti, avviene poco prima di Natale al Ferraris contro la Sampdoria; blucerchiati in vantaggio di due reti ma la rimonta inizierà proprio con il sigillo di Di Napoli… e pensare che in quel match non era partito titolare ma subentrato nientemeno al Condor Agostini, un bomber di provincia e non solo. Il 1996-’97 lo disputa a metà fra Napoli prima e Inter poi con appena sette presenze complessive e nessun pallone depositato in rete… la delusione comincia a farsi sentire.
Nuovo campionato però e nuova chance, sempre in prestito, con il Vicenza dove malgrado un posizionamento tattico alquanto defilato (il ruolo di prima punta è occupato da Luiso) riesce a tornare al goal terminando la stagione con sei sigilli. Non pochi data l’annata precedente, non tanti dopo averlo visto andare sempre in rete nelle prime quattro gare del girone d’andata (sua la prodezza dalla distanza su punizione che espugna la San Siro rossonera). Retrocessione scongiurata con i veneti e la voglia di vestire biancorosso ancora una volta ma ad ottobre l’Inter opta per un altro prestito che porta il centravanti ad Empoli.
Il club toscano ha l’obbligo di salvarsi e punta tutto su Re Artù: è la sua grande occasione per stare finalmente al centro di un progetto. Di Napoli non delude (nonostante il ballottaggio con Carparelli), undici gol coadiuvati da 4 rigori ma il team fallisce altamente le aspettative e finisce ultimo con soli 20 punti (2 tolti dalla penalizzazione)… per Arturo la prima retrocessione di una lunga serie. Il calciatore ha già 25 anni quando tutti gli esperti di calcio e tifosi concordano sulla stessa idea: “è bravo ma da un decimo di quello che potrebbe”. Come potergli dare torto quando puntualmente ti ritrovi un sinistro non comune, movimenti da campione ma allo stesso tempo pochissima continuità e un caratterino per niente facile. Arturo vuole darsi una scossa e il primo passo da fare è quello di liberarsi da chi non ha mai creduto in lui pur essendo proprietaria del suo cartellino: nel 1999 si stacca definitivamente dall’Inter. Di Napoli ha voglia di rivalsa e sempre più bisognoso dell’affetto sano e passionale che solo la gente di provincia può darti… altro che le categoriche panchine delle big.
Piacenza può essere la giusta piazza per stupire e riscoprirsi ma gli emiliani hanno giovanissimi da far esplodere (Gilardino) e vecchie volpi da rispolverare (Rizzitelli); le presenze sono poche e in più si ripresenta l’ultimo posto finale, questa volta con 21 punti. Ora serve un gesto di umiltà e fare un passo indietro per acquisire credibilità oltre che un ruolo da protagonista: Arturo sbarca a Venezia!
Nei lagunari fa coppia con Bazzani e le giocate di questo unite alle reti di Di Napoli (ben 16) permettono di centrare l’obiettivo promozione. Il 2001-’02 celebra il suo ritorno in A ma basta un niente per capire che c’è ben poco da festeggiare; a Venezia (per la prima volta gioca due anni di fila con la stessa squadra) deve sudarsi il posto in particolar modo con Maniero e Magallanes e la vena realizzativa si inceppa clamorosamente. Il piazzamento del club è quasi scontato dirlo: altra retrocessione, ennesimo ultimo posto. Il successivo campionato lo vede a Palermo dove non raggiunge neppure la doppia cifra ed ormai giornalisti e non lo danno professionalmente per finito.
Solo che Di Napoli, oltre che un carattere difficile come già scritto, ha un orgoglio smisurato e la classe…beh, quella non manca. Ancora serie cadetta ma sta volta con il Messina… prende vita la leggenda di Re Artù! L’inizio è drammatico e si è in piena zona retrocessione; alla settima di campionato viene inevitabilmente allontanato mister Patania e arriva Bortolo Mutti.
L’allenatore bergamasco incide sull’umore dei ragazzi e ottiene i tre punti già al primo tentativo andando a vincere sul campo dell’Avellino…è la svolta! Il campionato è entusiasmante e la Serie A diventa giornata dopo giornata sempre più un sogno realizzabile e concreto.
Alla penultima di campionato, nello storico stadio Celeste di Messina (per l’ultima volta prima del trasferimento nel nuovo impianto), va in scena il match con i già retrocessi del Como… serve una vittoria per la promozione matematica. La struttura è vestita a festa come non mai ed Arturo è ben consapevole che quella davanti ai suoi occhi potrebbe essere l’ultima occasione per lasciare un segno indelebile nella sua carriera e nella storia del club siciliano. Finisce 3 a 0 per i padroni di casa e Di Napoli è l’autore dei primi due gol: il Messina torna in A dopo 39 anni. Cominciano a girare voci sulle sue frequenti visite nei locali notturni e discoteche della città, condite sempre dalla compagnia femminile, eppure in campo lotta e suda per la maglia dando tutto quel che può.
Non c’è tempo per dar spazio alle chiacchiere perché c’è il campionato da preparare e tanta voglia di stupire…si andrà largamente oltre l’immaginabile. Il Messina batte la Roma in un memorabile 4 a 3 e dopo tre giorni sconfigge il Milan a San Siro: come antipasto niente male. I peloritani concludono al settimo posto la Serie A 2004-’05, sfiorando addirittura la qualificazione in Europa e Di Napoli non può che togliersi diverse soddisfazioni. Nove gol totali ma fra questi come non citare quello alla Reggina nello storico derby dello Stretto che fissa il punteggio sul 2 a 1 finale dopo aver depositato in rete con la testa il pallone giunto dalla sinistra su assist di Yanagisawa. Il re viene incoronato a furor di popolo e non rimane che punire anche l’Inter, il club che l’ha fatto crescere senza mai puntarci seriamente; l’occasione arriva nel finale di stagione quando nel nuovo San Filippo il Messina recupera (andando poi a vincere) l’iniziale svantaggio partendo proprio dal gol di Arturo… ai nerazzurri segnerà pure nel campionato successivo. La cordata della presidenza Franza comincia a scricchiolare e il campionato 2005-’06 dei messinesi ne risente prepotentemente; a Di Napoli, con il compagno d’attacco Zampagna venduto a gennaio, non resta che riprendersi la squadra sulle proprie spalle trascinandola a suon di reti.
Le aspettative individuali si sviluppano grazie ai 13 centri dell’attaccante (record personale in A), quelle di squadra invece vengono meno e sul campo arriva la retrocessione. Il fatto è che l’estate del 2006 è fra le più calde di sempre, non certamente per questioni meteorologiche, e lo scoppio di Calciopoli permette ai peloritani di salvarsi visto il declassamento della Juve. La società però non naviga più in buone acque e il Messina finisce ultimo nel 2007 con Riganò unica nota positiva di un campionato da buttare; Re Artù gioca male e segna poco… per lui l’ennesima retrocessione. A 33 anni il treno della vita sembra passato da un pezzo ma ciò non esclude che ci siano altri convogli magari meno lussuosi ma ugualmente capaci di farti fare dei viaggi significativi: prossima fermata Salerno!
La Salernitana è in C1 ed è inutile dire quanto la categoria stia stretta all’intero popolo granata. Arturo ottiene in una sola stagione tutto quello che poteva conquistare: la squadra conclude da capolista la stagione ed è promossa in B, mette a referto 21 gol diventando per la prima volta capocannoniere, ed è protagonista in positivo nei due match con l’Ancona, rivale numero uno per la promozione. In Campania Di Napoli resta per un’altra stagione, affascinato pure dallo spettacolo della curva Siberiano e ottiene una sofferta quanto goduriosa salvezza, in parte strappata per merito delle sue 13 firme. Ormai è tempo di far esplodere gli ultimissimi colpi ad effetto di una carriera che poteva essere decisamente più prestigiosa e con un pizzico di fortuna le cose sarebbero andate con tutta probabilità in un altro modo. Arturo si ritira? No ragazzi, prima c’è da scrivere ancora una pagina romantica ed ecco spiegato il ritorno a Messina nel 2009 in Serie D.
I 20 centri bastano appena per non far sprofondare la società in una retrocessione che, post fallimento, rischierebbe di distruggere ulteriormente l’ambiente siciliano. E’ trascorso giusto un lustro da quella storica promozione in A eppure la pessima situazione del momento non fa altro che inferocire i tifosi: tutti sotto processo e Di Napoli, pur essendo un simbolo, non è esente da critiche. Gli ultimi campionati del suo percorso si dividono fra Venezia e Caronnese, sempre in D, prima di iniziare la carriera come allenatore. Diverse le piazze toccate, da Riccione dove non ha peli sulla lingua e denuncia senza mezzi termini la pessima gestione societaria, fino ad arrivare alla serie cadetta maltese con il Vittoriosa Stars. Nel frattempo partecipa all’acquisto del Messina e nell’agosto del 2015 si siede sulla panchina siciliana.
Tutto profuma di favola e di poetico ma l’incanto non dura nemmeno un anno, quando a marzo è costretto ad abbandonare la squadra: è sotto inchiesta nell’operazione Dirty Soccer. Calcioscommesse e giri loschi toccano pure la figura di Arturo che si vede stravolgere improvvisamente la vita e i progetti futuri. Ci vogliono diversi mesi, troppi, per uscirne assolto in quanto il fatto non sussiste; le accuse sulle presunte illegalità fanno rumore, l’innocenza dichiarata è fin troppo silenziosa. Il danno all’immagine è enorme ma minuscolo se confrontato alle ferite inflitte all’animo del calciatore. Ora Arturo vorrebbe ripartire da dove aveva lasciato e arrivare dove non era riuscito da calciatore. Magari facendo leva sul suo orgoglio e sulla voglia di rivalsa che non gli mancavano già quando era in attività; un Re Artù contemporaneo che non aveva una tavola rotonda a disposizione ma un rettangolo verde dove dare battaglia ai suoi sfidanti.
Luca Fazi