In una terra come il Canada, dove soltanto quest’anno è stato nuovamente istituito un campionato professionistico, il calcio ha dovuto fare affidamento a tanti nostri “paisà”. Uno dei più illustri immigrati italiani divenuti icone del calcio canadese è Pino Lettieri, barese di nascita diventato leggenda calcistica nella terra dell’acero. Di lui ne parla Mattia Di Battista.
Nato a Bari nel 1957, Tino Lettieri emigra in Canada nel 1964 con la sua famiglia. Un viaggio della speranza con una valigia di cartone dal sole della Puglia alla neve copiosa di Montreal. C’è da darsi da fare per fare fortuna in quella terra così lontana. Così, il papà apre una panetteria e Tino lo aiuta. Tuttavia una irresistibile passione per la palla rotonda, in un paese in cui il calcio (o soccer, come si dice nel Nord America) è uno sport di serie B. Così, Lettieri inizia a giocare come portiere, tra una pagnotta da sfornare e l’altra. Ad appena 18 anni è già titolare nei Minnesota Kicks, squadra del vicino campionato statunitense. Inizia per lui una carriera folgorante che lo porterà ai Mondiali con la maglia del Canada.
È il 1986 e il Canada partecipa ai primi Mondiali di calcio nella sua storia in Messico. Tino Lettieri ha già 29 anni ed è un idolo del suo paese, anche per quell’orsacchiotto di pappagallo “Ozzie” che lo accompagna durante le gare. L’esperienza messicana durerà solo tre gare (due giocate da titolare), ma Tino riesce a mettersi in mostra nonostante l’eliminazione della sua squadra al primo turno. Si aprono le frontiere dell’Europa, il Napoli si fa avanti, ma questo portiere immigrato decide di rimanere in Canada. Una volta terminata la carriera, prosegue l’attività del padre che diventa un business con la Lettieri’s Authentic Food, una catena di 50 ristoranti in tutto in Nord America, di cui l’ex portiere della nazionale canadese è proprietario. Perché la gloria calcistica non è tutto.
La nazionale canadese partecipò per la prima volta alle qualificazioni mondiali nel 1958, in occasioni dei Mondiali svedesi, non riuscì tuttavia nell’impresa di qualificarsi.
Negli anni ottanta visse il suo periodo migliore: nel 1985 vinse per la prima volta il Campionato CONCACAF (competizione antenata della Gold Cup) dove, battendo l’Honduras per 2-1 durante l’ultima giornata, ottenne la prima storica qualificazione ai Mondiali di calcio che si sarebbero svolti l’anno successivo in Messico. Va inoltre sottolineato che solo due anni prima la Nazionale olimpica aveva partecipato ai Giochi olimpici di Los Angeles dove, grazie a prestazioni di buon livello, riuscì a raggiungere i quarti di finale.
Durante i Mondiali messicani il Canada venne inserito nel girone C assieme a Francia, Ungheria e Unione Sovietica. Nonostante il buon gioco espresso, la Nazionale perse tutte le partite (1-0 contro la Francia e 2-0 sia contro l’Ungheria che contro l’Unione Sovietica), uscendo per cui al primo turno.
Oltre al portiere Lettieri, in quella Nazionale c’era anche un altro giocatore dalle chiare origini italiane. Robert Italo, detto Bob, e Silvano, detto Sam, Lenarduzzi. Il più anziano è Sam, nato ad Udine ed emigrato a Vancouver molto presto. La sua famiglia era molto appassionata di calcio e si stabilì vicino all’Empire Stadium, lo stadio dei Whitecaps, locale squadra di soccer. Nel 1955 nacque Bob e insieme i due fratelli iniziariono a giocare a calcio sin da piccoli. A 15 anni entrambi ebbero una grande opportunità, quella di andare a giocare in Inghilterra.
Li volle entrambi il Reading. Sam giocava difensore centrale, anche bene e con i Royals totalizzò più di sessanta partite in cinque anni. Nel 1974 tornò definitivamente a Vancouver, dove già trascorreva le vacanze tra una stagione e l’altra, entrando a far parte dei Whitecaps. Spese dieci anni nella franchigia e rappresentò il suo Paese per 29 volte, partecipando alle Olimpiadi del 1980 di Mosca. Per tutti, però, lui è “The Legend”, uno dei migliori difensori del Paese e, di sicuro, il miglior giocatore della storia dei Vancouver Whitecaps. Il suo ricordo più bello?
A suo dire, la maglia dei Cosmos di Pelé, che conserva gelosamente sulla parete del salotto di casa. Bob, invece, rimase fino al 1976 in Inghilterra e giocò circa lo stesso numero di partite del fratello, anche se più giovane di sei anni. Nel 1974 tornò anch’egli a Vancouver, giocando, così, in Canada d’estate e a Reading in inverno. Con i Whitecaps giocò 312 partite – record di presenze – segnando 31 gol. Con la Nazionale collezionò 47 presenze condite da 4 gol. Fu lui il capitano della selezione che affrontò il suo unico Mondiale, in Messico nel 1986 e le Olimpiadi di Los Angeles, nel 1984. Da allenatore, tra il 1988 e il 1989, stabilì il record continentale di imbattibilità nella Lega, con 42 partite consecutive senza sconfitte. Fa parte anche della Hall of Hame degli Stati Uniti ed è Membro dell’Ordine della Columbia Britannica. Altro? No, apposto così.