Vi dice niente il nome Mobutu? Per chi non lo conoscesse, ci viene in aiuto questa definizione:
Politico e dittatore […], insediato da Belgio e Stati Uniti. Organizzò un regime autoritario, accumulando enormi ricchezze personali e tentando di ripulire il paese da tutte le influenze coloniali, mentre riceveva un forte supporto statunitense nelle sue posizioni anti-comuniste.
Il Paese è l’ex Congo Belga, decolonizzato a partire dal 1960 e Mobutu, attraverso l’assassinio di Patrice Lumumba, il simbolo e leader dell’indipendenza, avvenuto nel 1961, ed un successivo colpo di Stato nel 1965 prende definitivamente potere.
È così che Mobutu diventa “Maresciallo-Presidente”. Come in ogni dittatura che si rispetti fa fuori i suoi avversari politici e sviluppa un profondo culto della personalità. Avvia inoltre un processo di “liberazione” da tutte le influenze degli ex colonizzatori (curioso, visto che sono proprio loro ad avergli permesso di prendere il potere): il paese viene ribattezzato Zaire, vengono banditi gli abiti occidentali e tutti, a cominciare da lui, sono tenuti ad abbandonare il loro nome francofono in favore di uno più tradizionale.
Così “muore” Joseph-Désiré Mobutu e “nasce” Mobutu Sese Seko Kuku Ngbendu Wa Zabanga (tradotto ” Mobutu il guerriero che va di vittoria in vittoria senza che nessuno possa fermarlo”).
“Ok, grazie della spiegazione, ma cosa c’entra la Nazionale in tutto questo?” voi direte.
Beh, nella sua decolonizzazione integralista Mobutu ritiene che anche lo sport debba fare la sua parte, ed una via sia quella di “riportare a casa” i giocatori congolesi che militano nel campionato del Belgio. Si accolla quindi tutte le spese e crea un campionato interno in Zaire.
Per la Nazionale chiama allenatori europei e la sua strada sembra essere quella giusta, visto che nel 1968 la Nazionale conquista la Coppa d’Africa e ci va di nuovo vicina nel 1972.
Il maggior successo, tuttavia è la qualificazione all’imminente Coppa del Mondo del 1974, che si tiene in Germania Ovest.
Lo Zaire è la prima squadra dell’Africa Nera a staccare il biglietto per un Mondiale. Mobutu è soddisfatto e, dopo aver ricevuto i giocatori, li premia con una casa ed una macchina, oltre a delle buste colme di dollari e alla promessa di molto altro se avessero ben figurato in Europa.
Tutto bello, certo, ma il Mondiale, ora, bisogna andare a giocarlo…
Arriva quindi il momento del sorteggio e allo Zaire le cose non vanno per il meglio, visto che nel suo girone trovano posto il Brasile campione del mondo in carica, la sempre tenace Jugoslavia e la Scozia, che attraversa forse uno dei suoi migliori periodi a livello di organico.
C’è molta curiosità attorno ai Leopards, questo il soprannome dei ragazzi dello Zaire (Mobutu porta sempre un copricapo di leopardo).
Ci si chiede se saranno in grado di fronteggiare la tattica e l’esperienza delle squadre europee e sudamericane, se l’allenatore – lo Jugoslavo Blagoja Vidinic – sia in grado di disciplinarli.
Quel che è certo è che delle tre squadre esordienti al mondiale (le altre due sono Haiti e Australia) i Leopards sono considerati “the most talented”.
La prima partita è contro la Scozia, che vince 2-0 (Lorimer 26′, Jordan 34′). Beh, ci può stare no? Un’esordiente contro una storica nazionale con decenni di tradizione che perde solo per 2-0 tutto sommato può andare.
L’esuberanza e la voglia di attaccare degli africani è stata poi applaudita dal pubblico neutrale.
Tuttavia, “qualcuno” a Kinshasa, la capitale dello Zaire, non è contento. Mobutu si aspettava di più.
Soprattutto dal suo portiere, Mwamba Kazadi, in grado di alternare uscite alte impressionanti, a papere clamorose, come quella che ha propiziato il goal del 2-0 (nel video sotto entrambe le reti).
Dalla seconda partita, contro la Jugoslavia, le cose infatti iniziano a mettersi “male” per i Leopards. Dopo venti minuti la squadra è già sotto 3-0 e l’allenatore misteriosamente sostituisce il portiere, Kazadi. Pare che alla panchina sia arrivato un “ordine” dall’alto.
Le immagini a questo punto sono impietose: il portiere di riserva è alto poco più di 1.70, e sembra un ragazzino degli Allievi. Raccoglie il pallone dalla rete (4-0) dopo pochi secondi dal suo ingresso in campo.
La partita finisce 9-0 con un espulso per proteste nello Zaire e, da Kinshasa, parte un jet privato verso la Germania.
Clown del calcio?
C’è il Brasile all’ultima. Il Brasile campione del Mondo. Il Brasile di Rivelino e Jairzinho. Se è finita 9-0 con la Jugoslavia, figuriamoci con questi. E infatti dopo soli 12 minuti è già 1-0.
I Leopards, però, resistono 45 minuti, stoicamente, ma nel secondo tempo ne arrivano altri due. Tre a zero.
È al minuto ’85 che accade il fatto per il quale tutti ricordano e ricorderanno per sempre la Nazionale 1974 dello Zaire e, in particolare, il nome del laterale Ilunga Mwepu.
Le immagini spiegano il tutto meglio ma, in sostanza, a cinque minuti dalla fine viene fischiata una punizione per il Brasile da distanza pericolosa e, alla battuta va Rivelino, col suo magico sinistro.
Sta per tirare, ma all’improvviso Mwepu esce dalla barriera e calcia il pallone con forza in avanti, tra l’incredulità di Rivelino, dell’arbitro (che lo ammonisce) e degli spettatori, che ridono dietro a questi.
“Ma questi non sanno neanche le regole?” pensano in tanti, tra cui Jairzinho, che non riesce a trattenere una risata e viene quasi aggredito dallo stesso Mwepu, che vorrebbe spiegarsi.
Solo molti anni dopo si scoprirà cos’è veramente successo.
Innanzitutto dopo il 9-0 i giornali in Zaire accusavano Mister Vidinic di aver volontariamente perso contro i suoi compatrioti Jugoslavi. Falso.
Ricordate le famose promesse di altri premi al ritorno in patria? Tutto cancellato. Si gioca per la gloria o quasi. E tenete conto che non stiamo parlando dei campioni strapagati di oggi. Insomma, il morale era a zero.
In merito all’episodio clou della loro fallimentare spedizione mondiale, ovvero il calcio di punizione di Rivelino la verità è ancora più cupa: il jet privato trasportava le guardie presidenziali di Mobutu.
Spaventosi uomini vestiti di nero che hanno “preteso” un incontro privato con la squadra e il loro discorso è stato pressapoco questo:
Al Brasile servono tre goal per qualificarsi. E fin qui va bene. Dal quarto in poi voi non tornerete mai più a casa e le vostre famiglie diventano affare nostro.
Calciando quella punizione il più lontano possibile, Mwepu stava cercando di salvare se stesso, i suoi compagni e le famiglie. Un disperato tentativo di perdere tempo frutto del panico del momento.
E capite perché le risate di scherno di Jairzinho, lo hanno portato a quasi aggredire il brasiliano.
La fine di un sogno
La verità è uscita fuori, ma il dramma di questi ragazzi non è stato diffuso come si sarebbe dovuto.
Ancora oggi l’episodio della punizione di Rivelino è considerato uno dei momenti più “divertenti” della storia del Mondiale. La verità è uscita fuori, ma il dramma di questi ragazzi non è stato diffuso come si sarebbe dovuto.
Quel che si sa è che al ritorno in patria il calcio in Zaire viene completamente smantellato e i giocatori, di fatto, diventano persone non gradite.
Mobutu si concentra su altro e, pochi mesi dopo, organizza lo storico match di pugilato Alì contro Foreman.
E i giocatori? Le parole di Mwepu stesso, rilasciate nel 2002 alla BBC valgono più di ogni racconto e sono la conclusione perfetta:
Sono orgoglioso, e lo sarò sempre, di aver rappresentato l’Africa Nera alla Coppa del Mondo. Ma abbiamo stupidamente creduto che saremmo tornati indietro e diventati milionari. Guardatemi ora. Vivo come un vagabondo.
Quando tornammo a casa i nostri contratti furono stracciati e nessuna promessa mantenuta. Mobutu diceva che avevamo riportato indietro di 20 anni la percezione del calcio in Africa… no, no… tornassi indietro, lavorerei sodo per diventare un contadino e niente di più.