Di Karim Benzema si è sempre scritto relativamente poco. O meglio, quando lo si è fatto, i pezzi hanno riguardato per la maggior parte episodi poco piacevoli e fuori dal campo da gioco. Eppure, di motivi per tesserne le lodi ce ne sarebbero tanti, non solo parlando del fatto di quanto il 9 del Real Madrid sia stato essenziale nel ri-trascinare il club blanco dalla condizione di “regina del mercato” a quella di “regina d’Europa”, che di sicuro calza meglio alla squadra di Florentino Perez. La questione è che non si è mai parlato un granché bene di Benzema neanche come semplice ragazzo, adulto, uomo. Su di lui, soprattutto offrendoci interessanti squarci della vita privata, ha scritto un interessante articolo Michele Parente.
Non ama molto parlare Karim e, anzi, siamo convinti che se non fosse per esigenze di sponsor, marketing e altre ragioni da moderno CalciAttore, non sarebbe nemmeno così entusiasta dei social o dei media in generale (ce lo immaginiamo con un profilo lucchettato, come solo Adrien Rabiot su Twitter possiede tra i calciatori). Tanto sui social, come nella vita privata, Karim si è dovuto adattare ai tempi che lo vedono protagonista e, così come in campo, lo ha fatto alla stragrande. Ad oggi, affida ad Instagram (la più mainstream e informale tra le piattaforme) il suo rapporto mediatico col resto del mondo che non sia il sobborgo di Lione dove è nato e cresciuto, e che tanto ha partecipato alla formazione del carattere di Karim, primo figlio maschio di una schiera di sette tra fratelli e sorelle (e orgoglio di papà Hafid).
Le foto e i video pubblicati sono sintomatici di una probabile assenza di un vero social media manager alle sue spalle, poiché rappresentano lo specchio di tutto quello che la maggior parte di noi farebbe su queste piattaforme, ma soltanto più in grande. Sono rari i contributi online preconfezionati da lui pubblicati, dove magari si parla della prossima gara interna del Real o di un suo allenamento. La percentuale maggiore delle pubblicazioni riguarda la vita, la sua, quella che ha costruito quando, appena 14enne, lasciò la casa di Terraillon per trasferirsi al convitto del Lione (scelta voluta fortemente anche da suo padre, che più di chiunque altro ha spinto per l’ascesa calcistica del piccolo Benzema e che gli ha trasmesso quella discendenza algerina che sarà decisiva nel suo percorso), ma che è rimasta legata agli amici e alle radici che erano affondate a Bron: si vedono scatti pubblicati in vacanze mozzafiato, con la sua bambina e sulla copertina di qualche rivista (ed in fondo, chi non le ha sul proprio profilo IG? Riviste a parte, ovviamente…).
Benzema appare anche in un video del suo amico-rapper Booba, vestito in “borghese” con cappellino dei New York Nets. Cosa ci sarebbe di strano in tutto ciò? La sua apparente normalità. Karim vive la stessa vita che vivrebbe se non avesse sfondato con il calcio (ok, forse non proprio identica), ma più in grande. Questo tentativo di rimanere attaccato ad un particolare stile di vita, da star ma contemporaneamente da ragazzo di strada, ha però comportato a Benzema degli switch non previsti, come se per qualche momento i frame si fossero bloccati e la storia avesse subito dei cortocircuiti.
Terraillon è una zona del Bron, quartiere alla periferia di Lione dove Benzema cresce e si forma col carattere introverso che ha ancora adesso (ma, a detta sua, possiede soltanto inizialmente). A Terraillon le alternative, come in tutti le zone di periferia e in particolar modo in quelle delle zone industriali francesi, non sono molte (perlomeno quelle con zero rischi legali). Il padre spingerà per il convitto dell’OL già a 14 anni proprio per questo, ma le amicizie che coltiva il giovane Benzema sono quelle che ti restano per sempre, e a lui questi rapporti sono rimasti sulla pelle esattamente come quando li coltivava da bambino. Non li può negare e non li vuole negare, anzi tende spesso a proteggere e far crescere. Tutto questo, però, gli costerà una buona fetta di carriera sia tecnica che come personaggio pubblico, che riguarderà sia il suo rapporto con la nazionale che con una larga parte dell’opinione pubblica francese.
I fatti sono ormai noti: nel 2015 alcune amicizie vicine a Karim ottengono il possesso di un sextape di Mathieu Valbuena (ala, con un passato da ex astro nascente a Marsiglia e ora in forza all’Olympiacos), e cercano la collaborazione del centravanti per avvicinarsi alla parte interessata e chiedergli 100.000 euri come riscatto. Secondo le ricostruzioni e gli atti, che poi daranno ragione a Benzema scagionandolo da ogni accusa (particolare non secondario), Karim avrebbe avvicinato il compagno nel corso di un ritiro con la nazionale a Clairfontaine per convincerlo a mettersi in contatto con quei ragazzi di Lione. Basterà questa accusa, poi non confermata, per privare Benzema di una carriera in nazionale che sarebbe potuta essere devastante, e per privare la Francia del centravanti più forte a vestire la maglia dei galletti dai tempi di Titì Henry. E non solo. In patria il caso è diventato di importanza nazionale e sia la stampa che i cittadini francesi non hanno creduto davvero fino in fondo all’innocenza di Benzema. Su questo caso si sono pronunciati anche i vertici politici del paese, che hanno ostracizzato le sue future presenze in nazionale addirittura in parlamento, lasciando trasparire (neanche troppo velatamente) un caldo consiglio anche a Didier Deschamps, tecnico dei transalpini.
Karim si è trovato catapultato in questa situazione da riflettori e prime pagine a cui non era abituato, e ha reagito come in un’apoteosi del ragazzo normale quale è, difendendosi dalle accuse e non prendendo mai le parti di nessuno, rimanendo nel mezzo in attesa di un esito da parte della giustizia. La gogna mediatica, però aveva già sortito il suo effetto. Non sono bastate riunioni segrete con la Federcalcio francese, telefonate di e a Deschamps e prove di innocenza: per i francesi e la Francia, Benzema non è più persona gradita a Saint Denis. Lui non ha mai rinnegato le scelte fatte e le verità espresse, non ha mai chiesto scusa a Valbuena (“Perché dovrei dargli la mano? Se la tenga pure…”) e ha rincarato, per così dire, la dose di sincerità verso la Francia e i suoi colleghi (termine più vicino alla sua concezione dei suoi compagni di squadra, sicuramente più di quanto non lo sia il termine di “amici”). Si è sempre dimostrato, per esempio, restio a cantare l’inno francese (non lo accennava neanche con le labbra, come richiesto dall’ufficio stampa dei Bleu e come raccontato nel documentario che lo riguarda, “Le K de Benzema”) perché fa espliciti riferimenti alla guerra.
Come si reagisce a questa situazione? Rimanendo sé stessi, facendo parlare quella che è la lingua che Benzema ha sempre utilizzato meglio: i gol (e non solo, ma ci arriveremo). E a Madrid di gol Karim ne fa davvero tanti. Già, Madrid. La capitale spagnola ha adottato Benzema e lo ha accolto dall’esilio francese che la stampa gli aveva cucito addosso. Madrid rispecchia per molti versi il carattere e le attitudini di Benzema: frenetica, sempre in lento ma costante movimento e cambiamento, brulicante. Diversa dalla rivale Barcellona, più sudamericana e lenta, col mare. A Madrid il mare non c’è, così come a Terraillon, dove i palazzoni gentrificanti ricalcano la periferia madrilena. Qui, Benzema si trova bene, è vivo e può esprimersi finalmente in tutte le sue sfaccettature, senza contenersi. Ci arriva in una rovente estate del 2008, stagione in cui l’aeroporto di Barajas vede sbarcare altri due asteroidi di rilevanza storica: Kakà e CR7 (che all’epoca si dovette accontentare di essere CR9). Proprio con quest’ultimo, Benzema trova il suo più grande amore tecnico della sua vita. I primi anni sono, come al solito per il Real dell’epoca, abbastanza complicati. Ma dall’esplosione del “7” è un trionfo di gol e giocate pazzesche. Karim e Cristiano sono semplicemente spaziali. Il portoghese si prende la copertina ma non è mai, mai, mancato un riferimento a quanto Benzema sia fondamentale nella crescita tecnica del Real Madrid. Ha tutto quello che un centravanti della Casa Blanca deve possedere, non fa solo gol, è totale, e lo è anche come uomo squadra. Ha saputo giocare con e per Cristiano quando il portoghese era al culmine della sua strapotenza, ma ha anche saputo fare da hombre del partido quando l’attaccante di Madeira ha fatto le valigie in direzione Torino. Regalandoci ogni tanto, giocate che pochissimi attaccanti della sua stazza (forse nessuno) possono permettersi.
Da quel momento in avanti, Karim si è preso sulle spalle una banda di ragazzi terribili (da Asensio a Rodrygo, passano per Vinicius) facendogli da padre tecnico e imparando a dialogare anche con una generazione diversa dalla sua, “abbandonato” dai suoi coetanei Hazard e Bale. Proprio per questo, infatti, non ci sentiamo di biasimarlo quando, in una delle sue dirette Instagram homemade, si è paragonato al centravanti, allora del Chelsea, Giroud come se si paragonasse una F1 ad un Kart: obiettivamente, chi può dargli torto? Cosa sarebbe stata la Francia a Russia 2018 con lui? Si sarebbe limitata a stravincere o non avrebbe neanche partecipato per manifesta superiorità? Giroud è un onestissimo mestierante e faticatore ma, parliamoci chiaro, Benzema fa tutt’altro mestiere e il palmarès non mente mai (mondiale a parte…).
La sua credibilità, Karim, se l’è costruita parlando poco e giocando tanto (e bene), e proprio per questo aspetto ci ricorda un altro discreto centravanti, Mario Mandzukic, un altro che in carriera ha sempre preferito l’impegno (e la bacheca) alle parole. D’altronde le uniche parole che vanno per la maggiore a casa Benzema, sono sempre state quelle in rima dei rapper francesi, Booba su tutti, con cui negli anni si è costruita un’amicizia vera che tutti i footballers francesi gli invidiano. Perché lo fanno? Perché nonostante tutti i maggiori esponenti della nazionale (da Griezmann a Mbappè) cerchino di omaggiare il rapper francese in tutti i modi, il suo migliore amico rimarrà sempre Benzema. Con lui c’è un’amicizia che trascende i post sui social e le sviolinate varie per arrivare ad un livello di confidenza e intimità che nessun’ altra di queste speranze del calcio francese riesce a raggiungere. Il rap di Booba è vero come lo sono il carattere e i modi di fare di Benzema (in campo e fuori).
Real Recognize Real, Karim lo sa.
Fonte Sportellate