A sentire le note di Fable di Robert Miles non può che scappare un sorriso: specie a chi ripensa a serate allegre degli anni ’90 e a domeniche di stadio o radioline. Week end di provincia, e musiche che fanno da colonna sonora a quella provincia che nella storia del calcio italiano è assoluta protagonista, più delle grandi città. Una provincia che negli ’90 si chiamava (anche) Empoli. Sì: è proprio agli inizi degli anni ’90 che l’Empoli si fa emblema della provincia calcistica italiana grazie a un’idea e a un progetto nuovo, non convenzionale. D’altronde con un trentenne alla guida non può essere altrimenti.
Corsi infatti prende la squadra in C: inutile però puntare su ex grandi calciatori che mirano a strappare gli ultimi contratti, meglio il vivaio e allenatori con un’idea che vada oltre il catenaccio.
In cinque anni, non senza difficoltà, con giovanotti come Vincenzo Montella, Alessandro Birindelli, Fabrizio Ficini, Martino Melis, l’Empoli – come descrive Cristiano Vella – arriva in B, con in panchina uno che aveva chiuso la carriera proprio in maglia azzurra giusto qualche anno prima: Luciano Spalletti.
E davanti c’è un attaccante che fa tanto provincia: Carmine Esposito. Figlio dell’immenso vivaio naturale che sono le strade di Napoli e della Campania, comincia con la Casertana: segna in Coppa Italia contro l’Inter di Matthaus e poi gioca alla Sambenedettese e all’Avellino in Serie C. Ad Empoli arriva nel ’95 come seconda punta veloce ma che segna poco: boom, 18 gol nella stagione che porta i toscani in Serie B. Con Spalletti in panchina trova qualche compagno niente male nel reparto avanzato: il suo “gemello” Massimiliano Cappellini, Mauro Bertarelli e due giovanotti che promettono bene come Antonio Di Natale e Luca Toni. Esposito segna altri 13 gol, Cappellini ne fa 14 e l’Empoli di Spalletti arriva seconda in Serie B, garantendosi in un solo anno il doppio salto dalla Serie C alla Serie A.
Niente grossi acquisti: tanti giovanotti semisconosciuti che guidati da quell’allenatore alla prima esperienza in A danno parecchio fastidio. Esposito fa meraviglie: alla fine della stagione saranno 14 gol in Serie A e 2 in Coppa Italia. Tra questi veri e propri capolavori: un gol all’Inter di Ronaldo il Fenomeno con un pallonetto al volo meraviglioso, uno al Piacenza dopo aver dribblato praticamente tutta la difesa, uno al Napoli con una girata da fuori area meravigliosa e poi ancora nel derby contro la Fiorentina, a San Siro contro il Milan.
Insomma, in una classifica marcatori che vede davanti Bierhoff, Ronaldo, Baggio, Batistuta, Del Piero, Montella e Pippo Inzaghi subito dopo ci sono Dario Hubner e Carmine Esposito.
Chiaro che alla fine dell’anno quel bellissimo progetto di provincia vada saccheggiato: Spalletti va alla Sampdoria, Bettella e Ametrano al Genoa, per Esposito invece la Fiorentina sborsa più di sei miliardi di lire. È la Fiorentina stellare del Trap: di Batistuta, Rui Costa, Edmundo, Olivera e seppur l’attaccante napoletano dica di sé stesso in terza persona “Esposito non è secondo a nessuno” fatica a trovare spazio. Certo, in quella squadra che a un certo punto sembra destinata a vincere addirittura lo scudetto dà il suo apporto: un gol vittoria al novantesimo contro il Piacenza in campionato e un gol a Bologna in semifinale di Coppa Italia importantissimo per portare i viola in finale, ma alla lunga l’esperienza non è molto positiva.
E complici i guai fisici non va bene neppure l’esperienza successiva alla Sampdoria intervallata da una parentesi altrettanto negativa al Vicenza. E allora Carmine torna a girare nella provincia italiana, all’Alessandria, alla Sambendettese e poi continuando a divertirsi nelle serie minori fino all’addio al calcio, ovviamente ad Empoli.
Uno di quei calciatori figli della provincia e che nella provincia danno il meglio, negli anni ’90 ancor di più, proprio come i ritmi di Robert Miles: scelta azzeccata quella del sito “Pianetaempoli.it” di utilizzare Fable come colonna sonora del video delle prodezze di Esposito con i toscani. E oggi ha 52 anni Carmine Esposito, mentre ad Empoli ancora si racconta la sua favola… proprio come in quella canzone.
Fonte Il Fatto Quotidiano