Il calcio, lo sport più amato in assoluto, in Piemonte è Juventus e Torino, ma non solo.
È nella provincia che sopravvive un calcio dal sapore antico, che lascia trapelare le vicende di un passato ricco di fascino. Qui cominciò, tanti anni fa, la leggenda del football, una leggenda di gente dedita a formare vere e proprie scuole calcistiche, di fedeltà alla maglia, di continua ricerca della qualità, di personaggi che alla palla di cuoio hanno donato intraprendenza, fantasia e, soprattutto, classe sopraffina. I sette scudetti della Pro Vercelli non sono pochi, sono tanti quanti quelli di Roma, Lazio e Napoli messi insieme per intenderci, così come è leggenda aver regalato campioni anche alla Nazionale, che nell’amichevole vinta contro il Belgio per 1-0 nel 1913 schierò ben nove vercellesi nell’undici titolare.
La Pro riuscì a galleggiare nella massima serie fino al 1934-‘35 anche grazie all’esplosione di Silvio Piola che qui iniziò la sua carriera, ma quando il regime fascista impose il suo passaggio alla Lazio, il mito crollò definitivamente. Si parla della Pro e non si può fare a meno di farlo anche del Casale, non solo perché la rivalità tra le due città è ancestrale, risale infatti ad un episodio storico, l’incendio e la distruzione di Casale nel 1215 per opera delle milizie del vescovo di Vercelli, ma perché poi divenne ancora più accentuata sul prato di gioco.
Il sodalizio monferrino nacque nel 1909, grazie ad un professore dell’Istituto Tecnico “Leardi”, Raffaele Jaffe. Si trattava di una squadra che faceva leva sull’entusiasmo, eppure si intravedevano già i futuri campioni come Barbesino, Gallina, Rosa e Bertinotti.
La stagione 1912-‘13 regalò la consapevolezza di essere una grande squadra ed il 14 maggio 1913, i “Fioi nerustelà” (i giovani nerostellati) superarono, primo club italiano in assoluto, una squadra professionistica del calcio inglese d’epoca, il Reading. Nel campionato successivo il Casale fu più deciso che mai a dare scacco matto alle più insigni rivali ed in particolar modo proprio alla Pro Vercelli, e alla fine vinse lo scudetto tricolore. Gli elementi di spicco della squadra furono proprio Barbesino ed il trio centrale d’attacco, Mattea, Gallina II° e Varese, che costituiscono un’autentica macchina da goals.
La stessa Nazionale schierò in blocco quel potente trio per la partita dell’11 gennaio 1914 all’ “Arena” di Milano contro l’Austria. Col passare degli anni la sorte di questa società ha finito per essere inesorabilmente segnata, mai più serie A e nemmeno serie B, addirittura una serie di fallimenti e la ripartenze dall’anonimato dei dilettanti. Ma non è mai venuta meno la passione, ricordando le alte e grigie ciminiere che si scorgevano dallo stadio, il grido vibrante è sempre lo stesso: “Neri! … Neri!”.
E i tifosi più anziani ricordano i racconti uditi dai loro padri: “Quand c’al giugava Caliga a ta vdivi acmè ca la finiva”, quando giocava Caligaris vedevi come finiva. La Pro Vercelli e il Casale, insieme al Novara e all’Alessandria diedero vita al famoso Quadrilatero. Gianni Brera, maestro di giornalismo, descrisse le radici storiche delle sfide del Quadrilatero: “Vercelli e Casale fanno parte del cosiddetto quadrilatero pedatorio piemontese, che comprende anche Novara ed Alessandria. La regione è di ethos composito… Per quando si riferisce al nerbo e alla bellezza (in senso morfologico) siamo al miglior livello italiano, ma non stupisce che il calcio tecnicamente più valido si giochi ad Alessandria, dove l’ibridazione etnica è più recente, e anche a occhio nudo è possibile rilevare una maggior aitanza della gente comune. Per essere composito, l’etnos del quadrilatero giustifica avversioni municipali che la dicono lunga sul carattere di questi padani. Il calcio offre magnifici pretesti a faide collettive e ricorrenti. Scendere sul campo di questa o di quella città significa essere pronti a qualsiasi conseguenza, non escluso il ricovero in ospedale”.
Il 14 maggio 1913, accadde qualcosa di mai visto sino ad allora
Campo sportivo Priocco – gli stadi veri e propri erano ben lungi da venire – a Casale Monferrato, cade il mito di un’imbattibilità, il giorno in cui i Maestri hanno qualcosa da imparare: è il giorno della prima vittoria ufficiale di una squadra di club italiana contro una squadra inglese. L’impresa è del Casale, lo scalpo è quello del Reading, “Senza dubbio la più forte delle squadre straniere viste in Italia”. Lo scrisse il Corriere della Sera, lo ricordano ancora oggi le storie tramandate dai tifosi.
Le coppe europee non erano neppure in embrione, eppure alcuni club stranieri, e inglesi soprattutto, in Italia venivano ad esibire la loro classe, o meglio a insegnare, visto che nel Regno Unito il calcio si giocava a livello ufficiale già da decenni e i calciatori erano professionisti. Per dire: la prima edizione della Fa Cup data 1872, giusto un anno dopo la fondazione del Reading mentre il Casale, nel maggio 1913, di anni non ne aveva ancora festeggiati quattro. Logico allora che la tournée italiana del Reading – che partì in treno dalla stazione londinese di Charing Cross il 9 maggio e, varcando la Manica e passando per Parigi, arrivò a Genova all’alba del giorno dopo – fosse considerata un evento. 10 giorni di permanenza e cinque partite, nel programma della trasferta, contro Genoa (il cui allenatore, William Garbutt, era stato un giocatore del Reading: è a lui che si deve l’idea della tournée degli inglesi), Milan, Casale, Pro Vercelli e Nazionale italiana. Per la cronaca: erano le quattro più forti d’Italia, avendo vinto la Pro le finali Nord di Prima Categoria 1912-‘13 (poi vinse il titolo contro la Lazio) davanti proprio a Genoa, Milan e Casale.
Il Reading, che aveva appena chiuso all’ottavo posto nella Southern Division 1, si presentò con 14 calciatori e, l’11 maggio, batté il Genoa 4-2, con lo stesso Garbutt ad arbitrare l’incontro. Il giorno dopo, all’Arena Civica di Milano, gli inglesi travolsero con un poderoso 5-0 il Milan: fu allora che il Corriere della Sera dipinse il Reading come sopra.
Poi il 14 maggio, alle 5 del pomeriggio, ecco la partita con il Casale. Che, nel primo tempo, piuttosto incredibilmente si porta già sul 2-0 con le reti del cannoniere Varese e di Garasso. I curiosi sono in visibilio ai bordi del campo. Solo nel secondo tempo, Joe Bailey (bomber degli inglesi e, in seguito, eroe decorato di guerra) accorcia le distanze. Eccola, la prima volta: gustosa come non mai, anche perché inattesa e, in spirito molto british, conclusa con i complimenti dei giocatori e dei tecnici del Reading nei confronti dei nerostellati.
Mario Bocchio