Chissà cosa pensavano mamma Sonia e papà Nelio il 22 settembre del 1976, quando diedero alla luce Ronaldo. Ogni genitore disegna nella propria mente il futuro del proprio figlio. Magari speravano diventasse avvocato. Magari medico, come Ronaldo Valente, il dottore che lo fece nascere e in cui onore gli venne dato il nome. Chissà se hanno anche pensato che loro figlio sarebbe diventato uno dei giocatori di calcio più devastanti che la storia di questo sport abbia mai conosciuto. Magari hanno sognato che diventasse un calciatore, perché no. Ma non così, perché prima di lui non c’è stato nessun altro, così. E forse nemmeno dopo.
Perché Luis Nazario de Lima non è mai stato un semplice calciatore, fin da quando ha mosso i primi passi calciando un pallone di stracci tra le vie di Bento Ribeiro, nella zona nord-ovest di Rio de Janeiro. Non era stato ancora ribattezzato il Fenomeno, ma a Ronnie già da piccolo riuscivano giocate mai viste. Era solo questione di tempo prima che qualcuno si accorgesse del suo immenso potenziale e forse non è un caso che a notarlo fu un bancario, tale Alexandre Martins. “Ho trovato una pepita d’oro”, disse. Quando lo vide scherzare avversari del doppio dei suoi anni, fiutò l’affare. Ne acquistò il cartellino assieme al suo socio Reinaldo Pitta e lo portarono al Cruzeiro. Da qui in avanti comincia la leggenda di R9 e per documentarsi basta aprire il libro della storia del calcio.
Sfogliando quelle pagine troviamo PSV Eindhoven, Barcellona, Inter, Real Madrid, Milan. Troviamo Mondiali di calcio, Palloni d’oro, infortuni, gol. Ma i titoli e i numeri non valgono niente in questo caso. Non servono le statistiche per spiegare cosa è stato e cosa sarà questo giocatore per intere generazioni non bastano a far capire quanto il suo strapotere abbia influenzato questo sport.
Quello che è stato davvero Ronaldo lo sanno i compagni di squadra (“Non ci sarà mai un giocatore migliore di lui”, Zlatan Ibrahimovic), lo sanno gli avversari (“Era immarcabile. Al primo controllo ti superava, al secondo ti bruciava, al terzo ti umiliava. Un extraterrestre”, Fabio Cannavaro) e lo sanno gli allenatori (“Ho avuto la fortuna di allenarlo, aveva 20 anni e gli ho visto fare cose che non ho più rivisto su un campo di calcio”, Josè Mourinho). Ma, in realtà, lo sanno tutti quelli che l’hanno visto giocare, tutti quelli che si sono sentiti toccare dentro da quelle serpentine ubriacanti, da quegli scatti fulminei, da quei gol fuori da ogni logica.
E se negli ultimi anni, alla parola “Ronaldo”, qualcuno risponde “Quale dei due?”, non preoccuparti: la scarsa memoria delle generazioni consolida le leggende.