Dalle parti di Liverpool gira da sempre un aneddoto semi leggendario, secondo il quale nel febbraio del 1967 Bill Shankly venne fermato in macchina per un controllo di polizia, proprio mentre portava per la prima volta in città il giovanissimo Emlyn Hughes, e abbia risposto con il piglio e l’accento scozzese che lo hanno sempre contraddistinto agli agenti che gli chiedevano chi ci fosse in auto: “Non lo vedete? Questo è il futuro capitano della nazionale inglese!”. Non sappiamo quanto ci sia di vero e quanto di romanzato dietro la storia, quello che sappiamo con certezza però è che quel ragazzo capitano della nazionale lo diventerà davvero.
Diventerà anche capitano dei Reds, arrivato in sordina in un momento in cui il club vive un periodo di transizione prima dei futuri fasti degli anni ’70 e ’80.
Hughes- come racconta Alessio Abbruzzese – nasce a Barrow nell’antica contea del Lancashire, un posto grigio sul mare, grigio come la ghisa e l’acciaio che da quelle parti si producono in gran quantità. A calcio inizia a giocare a Blackpool, una trentina di miglia più a sud, e subito gli addetti ai lavori si rendono conto di avere tra le mani un grande talento.
Il ragazzo è agonisticamente molto valido, non tira mai indietro la gamba, e anche tecnicamente non se la cava male.
Con i Tangerines viene utilizzato a centrocampo, quando ancora diciassettenne fa il suo esordio tra i professionisti. Non passa tanto tempo prima che si accorga di lui il Liverpool e lo porti ad Anfield Road, dove rimarrà per dodici anni, diventando una vera e propria leggenda del club e non solo. Negli anni della sua maturità calcistica nel Merseyside viene impiegato come difensore, ruolo in cui eccellerà anche in nazionale. Con la maglia dei Tre Leoni raggiunge un record particolare, riuscendo a diventare uno dei pochi calciatori ad averla indossata in tre decenni differenti.
La sua più grande storia d’amore, quella con il Liverpool, inizia in sordina: prima del 1973 di trofei non se ne parla, poi con la vittoria della First Division, ultimo atto di quello Shankly che lo aveva voluto e portato ad Anfield, il testimone viene passato a Bob Paisley che traghetta i Reds negli anni d’oro. Coppa Uefa, Coppa dei Campioni, e ancora tre volte campione d’Inghilterra, Hughes con la maglia rossa e la fascia al braccio vince tutto quello che si può vincere prima di salutare tutti nel 1979 e giocare ancora qualche anno tra Wolverhampton e Rotherham.
Se ne è andato nel novembre del 2004, sconfitto dalla malattia, accedendo di diritto nell’Olimpo del football.
Fonte Guerin Sportivo