«Avrei potuto far parte del gruppo che poi si giocò il Mondiale negli Stati Uniti. Mister Sacchi mi fece visionare tante volte dal suo vice Carlo Ancelotti».
Con l’argentino Gustavo Abel Dezotti prima, e il giovane Enrico Chiesa poi, era il terminale offensivo della Cremonese di Gigi Simoni che nei primi anni Novanta si impose come una delle realtà di Provincia più belle del calcio italiano. Andrea Tentoni era quello che si dice un centravanti classico. Il suo fisico possente, un metro e novanta per ottantaquattro chili, lo rendeva un attaccante perfetto per il gioco di rimessa. Le stagioni da protagonista vissute con la maglia grigiorossa lo portarono a sfiorare la maglia azzurra, che non indossò soltanto per molta sfortuna.
«I primi anni di carriera per me furono fondamentali. A Rimini ho esordito in Serie C, poi la prima esperienza importante ad Ancona, quando facevo il militare. Ma l’anno della svolta è stato quello di Latina: per la prima volta, ancora molto giovane, andavo a vivere lontano dalla mia famiglia e accettavo di correre un grosso rischio, o facevo il salto di qualità, oppure mi sarei dovuto accontentare di una carriera minore. Imparai tutto: a cucinare, persino a rifarmi il letto, diventai uomo. Anche sul campo andò molto bene: mi sbloccai, segnando 9 reti».
La stagione seguente c’è l’esplosione, con la maglia della Vis Pesaro: 11 goal in C1 gli valgono la chiamata della Cremonese in Serie B.
«Dopo Latina tornai dalle mie parti, a Pesaro. Feci un ottimo campionato, Simoni quell’anno allenava la Carrarese e notò le mie qualità, così, una volta passato alla Cremonese, mi contattò e mi chiese la disponibilità al progetto. Io naturalmente non ci pensai neanche un secondo e decisi di accettare l’offerta della squadra grigiorossa. Le due società ci misero poco tempo a trovare un accordo e per me si concretizzò il salto nel calcio che conta».
Alla Cremonese arrivano per Tentoni le soddisfazioni più belle: tanti goal, una promozione in A, due salvezze e una Coppa Anglo-Italiana vinta a Wembley da protagonista.
«Senza dubbio quelli di Cremona sono stati gli anni più belli della mia carriera. Formammo un gruppo unito dentro e fuori dal campo, e il merito fu tutto di Gigi Simoni. Oltre ad essere un grande allenatore, è una persona eccezionale. Guardava molto all’aspetto umano, riuscì a capirmi sotto ogni punto di vista e questo si è potuto riflettere sul rendimento in campo. Magari sulla carta eravamo inferiori ad altre squadre, ma l’unità era la nostra forza, e ci permise di ottenere grandi risultati e di superare i problemi che si presentavano di volta in volta».
Tentoni in grigiorosso diventa una macchina da gol e sfiora la convocazione in Nazionale.
«Per un ragazzo italiano che inizia a giocare a calcio arrivare in Serie A e vestire la maglia della Nazionale sono gli obiettivi più grandi. Io sono riuscito ad arrivare in Serie A ma purtroppo non ho mai potuto indossare la maglia azzurra. Eppure ci andai molto vicino nel 1994, e avrei potuto far parte del gruppo che poi si giocò il Mondiale negli Stati Uniti. Mister Sacchi mi fece visionare tante volte dal suo vice Carlo Ancelotti, e addirittura lui stesso venne a vedermi giocare contro la Reggiana. Purtroppo, proprio sul più bello, ebbi un calo di forma e mi beccai la varicella, che mi precluse la convocazione. Questo resta indubbiamente il rammarico più grande della mia carriera, mi sarebbe piaciuto vestire la maglia azzima almeno una volta».
Nel 1995-‘96 il ciclo grigiorosso si chiude con il ritorno in B, e i problemi fisici compromettono una carriera che sembrava destinata a raggiungere grandi traguardi. Un altro anno in A, al Piacenza, poi il lento declino, con le maglie di Chievo e Pescara, prima di chiudere la carriera di nuovo con il Rimini, la squadra della sua città.
«Dopo Cremona ho iniziato ad avere seri problemi fisici, sentivo dentro di me di poter fare ancora tanto, ma un problema ad un’anca mi costrinse al ritiro ad appena 31 anni. I medici mi dissero: ‘Se ti operi devi smettere di giocare a calcio’. Così provai a stringere i denti, ma non riuscivo più a fare le cose che volevo».
Restano comunque i tanti goal, alcuni di pregevole fattura.
«Sicuramente il più importante che ho fatto è stato contro la Roma all’Olimpico nel 1993-‘94: un colpo di testa in tuffo su torre di Dezotti, fra gli scarpini di due difensori giallorossi che tentavano in qualche modo di fermarmi. Ricordo con piacere anche la doppietta all’Inter in casa e una rete a Genova contro la Sampdoria».
Resta un pizzico di nostalgia per gli anni in cui bucava la rete.
«Mi mancano tanto i ritiri con la Cremonese. Se per chi gioca il ritiro può sembrare una cosa noiosa, oggi, col senno di poi, rimpiango quei giorni in cui si faceva gruppo, si rideva e si scherzava. Eravamo talmente affiatati che una volta chiedemmo noi alla società di mandarci in ritiro».
Fonte Storie di Calcio , fotografie Ivano Frittoli