![](https://ilnobilecalcio.it/wp-content/uploads/2022/08/georgios-samaras-1408705442-2449.jpg)
Giōrgos Samaras è quello alto, con la barba. Da come si muove non sembra nemmeno un calciatore, pare uscito da quei gruppi rock un po’ alternativi che spopolano su Youtube e nei festival in giro per l’Europa. Non è uno da Oasis, forse più da Tame Impala. Ha i capelli lunghi e lisci, liscissimi. Gli cadono sulle spalle e scendono giù, arrivando fino alle scapole. Quando corre la chioma gli batte leggermente sulla schiena.
Non usa passate o fermagli, gioca libero e senza costrizioni. Spesso indossa un paio di guanti verdi, come il colore che fa da padrone nel suo abbigliamento. Verde e bianco, la divisa del Celtic Glasgow. Se giocare per il Celtic vuol dire già di suo essere contro, volersi estraniare dalla massa, farlo come lo fa Giōrgos Samaras è qualcosa di totalmente eccezionale. Eccezionale nel senso che un giocatore del genere è davvero un’eccezione: alto come un ciliegio, secco come un giunco, aggraziato come un fior di loto.
![](https://ilnobilecalcio.it/wp-content/uploads/2022/08/SAMY-1024x827.jpg)
Samaras sa essere un calciatore fuori dagli schemi pur non essendo un fenomeno, sa farsi voler bene e al contempo incarnare il vero spirito del Celtic. Samaras è uno dei Bhoys ma non sta in curva, lui i tifosi li fa cantare. Sembra fatto apposta per far innamorare il popolo, non si cura degli standard di vita di un calciatore normale. Non è una starlette, è uno fuori dal coro, una pecora nera del calcio.
La prima diapositiva di Samaras lo vede girato di spalle, con la maglia numero nove che non entra tutta nell’obiettivo. I capelli sono lì, fluenti, e tenuti a bada dal sudore nonostante il freddo gelido. Samaras ha la faccia fissa su Kyle Bartley, di tre quarti. Il difensore del Rangers gli è appena andato incontro per protestare per un brutto fallo del greco, ma ha trovato duro. Si gioca Rangers contro Celtic e ovviamente non può essere una partita come tutte le altre, anche a costo di prendere una manciata di retorica e spiattellarla di fronte a migliaia di spettatori ansiosi per l’Old Firm. Il Celtic è più di una squadra, è un sentimento, e Samaras non può che essere quel sentimento di ribellione che trasuda da ogni maglia, da ogni striscione al Paradise.
![](https://ilnobilecalcio.it/wp-content/uploads/2022/08/GeorgiosSamarasKyleBartleyCelticvRangerssZksamp9_Rmx.jpg)
Bartley nella diapositiva ha un’espressione attonita, non può essere quella di uno che è appena andato petto contro petto con un altro. Il perché di quello sguardo un po’ perso è da ricercare nella gestualità di Samaras, che ha appena indicato il tabellone luminoso ai lati del terreno di gioco. E quel tabellone dice Celtic 1 – Rangers 0, il nome che compare sotto ai Celts è proprio Samaras. Ancora una volta uno dei Rangers rimane muto di fronte al greco, era successo anche pochi mesi prima quando con una doppietta aveva annientato i Gers, molto più che semplici nemici.
![](https://ilnobilecalcio.it/wp-content/uploads/2022/08/samaras1.jpg)
La seconda diapositiva vede ancora una volta Samaras di spalle, ma stavolta non ha la maglia numero nove. Si legge “Champions” e sotto il numero 14, come l’anno in cui il Celtic ha appena vinto il titolo. Samaras è in scadenza di contratto, ha appena giocato la sua ultima gara di campionato con i Bhoys e sta facendo il giro d’onore. In braccio a Samaras c’è un bambino che indossa degli occhiali spessi, rigorosamente verdi con tratti bianchi, e ha un sorriso sulle labbra commovente. Si chiama Jay Beatty, ha solamente undici anni, è affetto da sindrome di Down e molto probabilmente, dei quasi cinquantaduemilaquattrocento al Paradise, in quel momento è il più felice. Poco prima, con accanto suo padre quasi in lacrime, è stato abbracciato da Neil Lennon che gli ha donato la medaglia per la vittoria della Scottish Premier League.
Ancora incredulo, Jay è stato avvicinato dal gigante dai capelli lunghi che lo ha preso in braccio e lo sta portando a spasso per Celtic Park, in mezzo ai giocatori e di fronte a una folla esultante di tifosi. Samaras ha compiuto un gesto spontaneo, dettato dal buon cuore e non dalla voglia di apparire. Se lo è sentito e lo ha fatto, così come Lennon poco prima. Perché essere del Celtic significa anche essere del popolo e vicino al popolo, in questo caso ai tifosi. Samaras questo non lo dimentica.
![](https://ilnobilecalcio.it/wp-content/uploads/2022/08/GreecevCoteDIvoireGroupCPlGzZMzNitUl.jpg)
La terza diapositiva vede Samaras di fronte, per una volta. Ha la divisa della Grecia, non del Celtic. Accanto a lui c’è Theofanis Gekas, ha sulla faccia un’espressione inebriata e non guarda l’obiettivo. Dietro, Lazaros Christodoulopoulos esulta e per poco non cade. Samaras si staglia, seppur di lato, in tutto il suo metro e novantadue. Ha la maglia forse un tantino larga, mantiene un volto greve e severo ma in realtà ha appena fatto saltare in piedi una nazione che per mesi è stata in ginocchio. All’ultimo istante dell’ultima partita della fase a gironi di Brasile 2014, si è guadagnato un calcio di rigore e lo ha trasformato mandando la Grecia agli ottavi di finale della Coppa del Mondo.
Nel giugno del 2014 la Grecia è un paese in piena crisi economica, ha da pochi mesi sfiorato il default vero e proprio dopo quasi quattro anni di indebitamento. Samaras con quel rigore ha ridato il sorriso a milioni di greci, seppur in maniera temporanea ma ha fatto dimenticare per un secondo tutti i dolori di una nazione. La Grecia uscirà agli ottavi ai rigori con la Costa Rica ma, in un momento come quello, Samaras ha realizzato l’ennesimo sogno.
Fonte Minuto Settantotto