Inconfondibile il suo modo di correre in souplesse strascicando le punte, impressionante la sua potenza nello scatto a dispetto di un fisico ben proporzionato, che esprime eleganza piuttosto che potenza, prodigiosa la sua capacità di arrivare sul pallone piombandovi sopra a grande velocità e concludendo sempre con un tocco preciso e imprendibile.
Emilio Butragueño ha il dono che è dei grandissimi di dare l’impressione di aver “già visto” lo svolgimento dell’azione in una sua “moviola” personale e di riuscire sempre a trovarsi dove nessuno avrebbe pensato finisse il pallone. Goleador molto prolifico, nel Real Madrid forma con Hugo Sánchez una coppia leggendaria perfettamente integrata con l’altro “puntero”, l’argentino Valdano.
Gli scambi in velocità con Hugol e le conclusioni dell’uno o dell’altro sono uno dei pezzi migliori del repertorio del calcio Mondiale in quegli anni, ma rispetto al messicano, “el buitre” (l’avvoltoio) è forse meno acrobatico ed “esplosivo” ma vanta un repertorio nel quale è difficile trovare una carenza: dribbla, scatta, tira con i due piedi è formidabile negli anticipi di testa sotto misura.
Volendo trovargli un paragone attuale è un po’ Montella ed un po’ Inzaghi, ma nessuno dei due ha la sua eleganza, né il suo fascino, pur possedendone forse la spietata efficacia.
Un giovanissimo Butragueño
Opportunista principe, la sua specialità sono le palle morte, le respinte del portiere, ma ha anche realizzato alcuni fra i gol più spettacolari di quegli anni; quando affronta il portiere avversario sembra un matador davanti al toro e suoi tocchi di tempismo straordinario non lasciano scampo all’estremo difensore colto sempre sul passo “sbagliato”, troppo avanti per tuffarsi sulla palla, troppo indietro per far scudo con il corpo.
Dopo il gol, caratteristica anche la sua esultanza composta, la faccia un po’ triste, gli occhi senza sorriso; un modo di esultare signorile, distaccato, anche quando viene circondato dai compagni festanti, anche quando il Bernabeu è una fornace che arde per lui.
Difficile trovare nella storia del calcio moderno un campione altrettanto dotato tecnicamente, un goleador altrettanto prolifico, sia nel Real Madrid che nella Nazionale, per un periodo così lungo, che abbia tutto sommato vinto così poco a livello internazionale.
“El buitre”, il simbolo della squadra che indirettamente da lui e dai suoi compagni della Quinta ha preso il nome con il quale è passata alla storia.
La Quinta del Buitre (in italiano la Coorte dell’Avvoltoio) è il nome dato ad una generazione di calciatori spagnoli cresciuta nel settore giovanile del Real Madrid che conquistò numerosi successi sportivi di rilievo tra gli anni 1980 e 1990.
Fa riferimento al soprannome del giocatore più noto e carismatico del gruppo, proprio lui, Butragueño; gli altri quattro membri erano Miguel Pardeza, Manolo Sanchís, Míchel e Martín Vázquez. Col tempo Alfredo Di Stéfano li inserisce in prima squadra.
Butragueño è stato l’uomo delle “grandi imprese” restate a metà : al Mundial messicano dell’86 segna quattro gol indimenticabili contro la favoritissima Danimarca, ma poi nei quarti la Spagna perde col Belgio, nel Real vince cinque volte di fila la “Liga”, ma non riesce mai a disputare una finale di Coppa dei Campioni.
Pochi sanno che disputa la sua ultima partita con il Real Madrid, un’amichevole, al Bernabeu contro la Roma il 16 giugno del 1995, dopo undici anni dal suo debutto con la maglia bianca : il Real vince 4-0 e lui, “el buitre” segna il quarto gol, poi esce dal campo per entrare nella leggenda del Real accanto a Di Stefano e Gento.
Mario Bocchio