Iniziamo con una premessa che ai fini del nostro racconto potrebbe sembrare marginale, ma che non lo è affatto: El Salvador nel 1982 è un Paese dilaniato dalla guerra civile. Le forze governative e il Fronte Farabundo Martì per la Liberazione Nazionale si affrontano in una sanguinosa lotta senza quartiere ormai da circa due anni. Gli schieramenti, come nella maggior parte delle guerre civili all’epoca della cortina di ferro, godono rispettivamente dell’appoggio e delle armi degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica. All’interno di questo clima, i ragazzi di El Salvador conquistano un’incredibile qualificazione al Mondiale spagnolo, la seconda della loro storia dopo quella che nel 1969 pose le basi per la Guerra del Calcio contro Honduras.
La federazione calcistica del Paese centroamericano – come scrive il Guerin Sportivo – è disseminata di funzionari corrotti che vedono nella nazionale e nella qualificazione al Mondiale più un’opportunità di lucro che un traguardo sportivo. Il cammino dei ragazzi de La Selecta, trascinati fino a quel momento da un certo Mágico González, inizia subito in salita: l’ultima amichevole in patria i giocatori di El Salvador la disputano il 6 giugno, appena 9 giorni prima dell’esordio contro l’Ungheria, con la maggior parte delle squadre che sono già in Spagna. Il viaggio è un’odissea di scali e ritardi: la nazionale impiega quarantotto ore per arrivare a Madrid, prima di prendere un ultimo volo per Alicante.
Qui ad attenderli c’è un pullman con i colori del Messico: probabilmente gli organizzatori, vista la situazione in patria, non credevano che i salvadoregni alla fine avrebbero partecipato. Per una curiosa beffa del destino l’hotel sede del ritiro a Campoamor sorge proprio di fianco a un centro di tiro al piattello, costringendo i giocatori a sentire gli spari e a far tornare alla memoria la tremenda situazione che erano costretti a vivere a El Salvador. I problemi legati all’organizzazione si fanno vedere subito: la federazione porta solamente 20 giocatori, invece di 22, adducendo come scusa l’elevato esborso economico. In realtà molti funzionari portano in Europa le proprie famiglie, utilizzando i posti dello staff e addirittura dei calciatori.
Come se non bastasse, appena arrivati i giocatori si rendono conto che delle 7 divise ufficiali che l’Adidas aveva inviato alla nazionale ne erano sparite ben quattro, oltre a tutti i venticinque palloni Tango. I salvadoregni si allenano così con altri (pochi) palloni rimediati, e il giorno della partita contro l’Ungheria ne chiedono in prestito un paio agli avversari, per utilizzarli durante il riscaldamento. I ragazzi centroamericani non riescono nemmeno a prepararsi tatticamente, non conoscono affatto l’avversario, visto che la federazione mesi prima aveva rifiutato di fare una tournée in Europa a discapito di una molto più lucrosa in centro e sud America.
Viste queste premesse, la partita non può che rivelarsi un disastro. La Selecta, nonostante l’ottimo percorso ottenuto durante le qualificazioni, non si è mai misurata con il calcio europeo, e l’impatto risulta subito traumatico: a Elche contro l’Ungheria dopo ventitré giri di lancette vanno sotto di tre reti. Dopo pochi minuti Rugamàs, mediano incontrista, si infortuna e al suo posto viene inserito disperatamente un attaccante, Luis Ramirez Zapata. Nonostante le difficoltà i salvadoregni tengono il campo e finiscono la prima frazione sul 3-0. L’impreparazione tattica dei centroamericani purtroppo alla lunga si fa sentire, i magiari li attendono e ripartono in contropiede e ne fanno altri due all’inizio del secondo tempo.
Poi, arriva inaspettato un momento di gloria: El Mágico González si invola sulla sinistra, serve Ramirez Zapata che insacca e segna il primo, e ancora unico, gol della storia salvadoregna ai Mondiali. Alcuni giocatori esultano smodatamente, in fin dei conti si tratta del gol della bandiera, ma in quell’esultanza probabilmente sono concentrate tutte le difficoltà e tutta la sofferenza patita dai giocatori de La Selecta. Il resto della partita si trasforma in un incubo: i magiari segnano altre 5 volte, chiudendo il match con il più alto numero di gol segnati in una partita della Coppa del Mondo. El Salvador perderà anche le successive due partite, anche se senza ulteriori umiliazioni. Una volta tornati in patria molti giocatori di quella squadra non trovarono più club disposti a farli giocare, l’unico che nella sfortuna riuscì a cavarsela fu El Mágico González, che con il suo estro era riuscito a incantare molte squadre europee. Il fantasista centroamericano rimarrà a giocare nel Vecchio Continente, ricevendo proposte da numerosi grandi club. Ma questa è un’altra storia.
Fonte: Guerin Sportivo