Chi transitava il sabato mattina per l’incrocio semaforico presso lo stadio “Miotto” e notava la bandiera rossonera esposta in bellavista sulla ringhiera al primo piano del “bar da Trulla”, memorizzava subito che domenica pomeriggio la squadra del Thiene avrebbe giocato in casa. Questa consuetudine risaliva fin dai primi anni 70, quando il gestore Roberto e la moglie Bertilla avevano iniziato la loro attività nella conduzione dell’esercizio pubblico situato nei pressi dello storico stadio.
I coniugi erano giunti lì dopo aver gestito per ben dodici anni il bar Stazione, vicino alla ferrovia, dove c’è ancora oggi il club biancorosso del Vicenza e che Roberto aveva fondato il 14 agosto 1965 con Dino Centofante quale presidente, assieme ad altri consiglieri simpatizzanti. Proprio in quel periodo glorioso del Lanerossi, verso la seconda metà degli anni 60, nacque il figlio della coppia, Vinicio; nome che nell’immaginario collettivo dei tifosi biancorossi ricorda ancora oggi il centravanti brasiliano della Nobile provinciale di allora.
Dopo questa fase temporale, la famiglia si trasferì nel 1972 nella nuova abitazione all’incrocio tra via Monte Grappa e via Monte Ortigara e Roberto dispose il locale del piano rialzato del bar a luogo di ritrovo per avventori, giocatori e simpatizzanti rossoneri del Thiene. Egli costruì di sana pianta una magnifica bacheca artigianale tenuta costantemente aggiornata per seguire visivamente nel corso del campionato la squadra cittadina e fondò pure il club della tifoseria del quale divenne presidente. Furono anni di ininterrotta carriera professionale e militanza sportiva vissuti appassionatamente in simbiosi con la squadra che più rappresenta la nostra città. Anche dopo aver chiuso i battenti del caratteristico caffè, però, Roberto proseguì nella consuetudine d’esporre lo storico stendardo sulla ringhiera. Ed era sempre un piacere passare per il semaforo e vedere sventolare quel vessillo.
Per lui significava tenere accesa la fiammella di una grande passione che serbava dentro a riscaldare il cuore nel mare dei ricordi. Toccanti sono le parole espresse da Vinicio Trulla che ho letto sul Giornale di Vicenza il giorno prima della cerimonia funebre: “ Credo che mio padre non abbia mai lavorato un solo giorno in vita sua. Per lui aprire il bar la mattina era la cosa più bella che gli potesse succedere. I clienti erano i suoi amici e i ragazzi del Calcio Thiene una seconda famiglia. La semplicità, l’onestà e la simpatia erano i mattoni su cui aveva costruito la sua vita e il suo lavoro” .
Ebbene, il calcio rossonero io lo avevo abbandonato nel lontano 1972, proprio con l’avvento di Roberto al bar Stadio. Con il calcio avevo chiuso la “carriera” a causa di un grave infortunio di gioco e con grande rimpianto, perché la casacca rossonera, dopo oltre tre stagioni vissute intensamente, l’avrei indossata a vita mettendoci la firma anche in Terza categoria. Osservare che ogni altro sabato mattino Roberto esponeva l’amata bandiera, era una per me gioia intima che emergeva manifestata da un leggero sorriso stampato sulle labbra. Riuscivo a percepire da quel suo immutato rito periodico tutto l’amore che egli provava per la nostra squadra, al di là di ogni cambiamento societario avvenuto nel tempo. Se vogliamo dirla tutta fino in fondo, questo suo fedele attaccamento alla squadra era una chiara metafora del grande affetto che Roberto nutriva per la nostra città.
Attaccamento ai colori rossoneri che anch’io provo nonostante la delusione per un infortunio di gioco che per decenni mi ha tenuto lontano dallo stadio e che ora è rinato con l’avvento del tempo libero dopo una vita di lavoro. Ecco perché da qualche anno mi sono riavvicinato al rettangolo verde del “Miotto” ricordando con nostalgia la storia memoria del Glorioso Thiene, rivivendo antiche emozioni seguendo i ragazzi delle varie squadre e dando una mano in biglietteria ogni altra domenica.
È stato in questa occasione che ho ritrovato Roberto: tra le mura amiche a tifare Thiene. Lui, come sempre ha continuato ad esporre il comune vessillo sulla ringhiera di casa. La domenica pomeriggio giungeva sul cancello d’ingresso con passo lento verso l’ora del fischio d’inizio. Raramente accettava il biglietto gratuito che gli porgevo ogni volta, per ringraziarlo d’esporre il nostro stendardo. Roberto mi regalava un bel sorriso disarmante e insisteva di voler pagare l’obolo a sostegno delle spese per la squadra. Poi si disponeva appena dentro allo stadio, lungo la recinzione e da lì seguiva tutta la partita. Nutrivo per Roberto profonda stima e simpatia perché era persona a modo, genuina; posato nei toni, garbato nel modo di porsi. Insomma, un vero signore. Lo si capiva parlandoci un poco assieme e da come interloquiva con i vari amici tifosi che lo andavano a salutare con grande rispetto.
Al di là del risultato, finita la gara salutava tutti con la sua proverbiale affabilità e se ne tornava a casa soddisfatto a passo lento. Due ore passate spensieratamente a veder correre dietro alla sfera l’ennesima generazione di ragazzi, concentrandosi solo sulla partita. Un momento sereno per evadere dalla quotidianità. Perché, sono convinto che Roberto di pensieri e di ricordi ne avesse un baule pieno; dopo una vita vissuta al sevizio degli altri con una grande educazione, una buona parola per tutti e sempre con il suo sorriso disarmante stampato sulle labbra. Quando la bandiera rossonera svanì dalla sua ringhiera verso la metà del campionato scorso, un moto di mestizia colse non solo me, ma tutti coloro che lo avevano frequentato allo stadio. A fine luglio, giunse come un lampo sui social e sul GdV la notizia del suo trapasso e il ricordo di Roberto tornò vivido anche in tutti coloro che per generazioni si avvicendarono tra bar e spogliatoi del “Miotto”…
“Grazie ragazzi”.Questo è stato il suo ultimo saluto, vergato sullo stendardo rossonero esposto sulla ringhiera del terrazzo sopra il bar Stadio adiacente all’entrata dei giocatori, nei giorni dell’addio.
Io, come semplice commentatore sportivo col cuore rossonero in lutto, posso solo dire “Grazie Roberto!”, anche a nome delle vecchie glorie, per essere stato un raro esempio di sportivo puro; una splendida “Bandiera alla memoria” non solo per il Calcio Thiene.
Giuseppe (Joe) Bonato