L’ex centrocampista e dirigente nerazzurro, oggi first team technical manager, ha 68 anni, compiuti lo scorso 25 novembre. La sua storia calcistica fu di ispirazione per Luciano Ligabue: una vita da mediano.
Gabriele Lele Oriali nasce a Como nel 1952. Sarà una vita di sacrifici, di lotte (come dirà anche Ligabue nella sua celebre canzone): in giovane età compie vari lavori, tra cui il garzone di un barbiere. Tifoso juventino, come il padre, all’età di tredici anni per 100.000 lire passò all’Inter. Inizialmente terzino destro, fu poi impiegato come mediano, esordendo diciottenne nella stagione dello scudetto 1970-‘71 con Invernizzi allenatore.
Fu un punto di riferimento della squadra nerazzurra per tutti gli anni ’70, vincendo 2 scudetti (1970-‘71 e 1979-‘80) e 2 Coppe Italia (1977-‘78 e 1981-‘82). Con i nerazzurri raggiunge 392 presenze dal 1970 al 1983, arricchite da 43 reti. Campione del Mondo nell’82, la sua carriera è stata costantemente segnata da spirito di squadra, sacrificio e passione, dentro e fuori dal campo. E nonostante la fede giovanile, ben presto il suo cuore passò ai nuovi colori della Beneamata. Dopo il titolo Mondiale vinto, nel 1983 passa alla Fiorentina dove rimane fino al 1987, anno del ritiro.
Tornato all’Inter nel 1999 nello staff dirigenziale, ha accompagnato ancora tanti successi nerazzurri, colori ai quali ha da sempre legato la sua vita. Lavora come responsabile dell’area tecnica, aiutando il presidente Massimo Moratti a portare a Milano giocatori come Vieri, Figo, Vieira, ma anche Eto’o e Milito (gli eroi del Triplete). Nell’ agosto 2014 il presidente della Federcalcio Tavecchio, nomina Oriali team manager della Nazionale. Dopo aver affiancato Antonio Conte al Campionato d’Europa 2016, viene confermato anche nelle gestioni di Ventura e Mancini; ma nel luglio 2019 fa ritorno all’Inter nel ruolo di first team technical manager, pur mantenendo l’incarico di team manager della Nazionale fino a Euro 2020 (o 2021, viste le note vicissitudini legate alla pandemia).
Nel 1999 le classifiche italiane conobbero una canzone che sarebbe poi diventata un manifesto di vita. Ad interpretarla, Luciano Ligabue che presenta questa metafora calcistica sulla fatica della vita, inserendola nel suo album Miss Mondo.
L’analisi del cantautore di Correggio è chiara, diretta e compenetrante: la vita è sì un piacere, ma che deve essere guadagnato attraverso i sacrifici ed il duro lavoro. Nella vita, infatti, a ben poco serve il solo genio o il talento. Bisogna dimostrare il proprio valore, solo chi più è determinato potrà vivere.
Nel calcio, come nella musica e nella vita, non si nasce con il ruolo di predestinato, ma più spesso con quello di mediano, una logorante posizione nel campo da gioco, di qualità e responsabilità. Di colui che fatica nell’ombra per gli altri i quali, alla fine, si prenderanno gli tutti gli applausi. E l’esempio citato da Liga è proprio Oriali, celebre interprete di quel ruolo con cui Ligabue ha confessato di immedesimarsi, questa volta in campo musicale.