Nei giorni in cui la Novese, nel 2019, aveva festeggiato i 100 anni, era riaffiorata la prima maglia originale del sodalizio assieme a materiale inedito vecchio di un secolo risalente alla nascita del club. Tutti i cimeli li ha conservati e raccolti Natale Beretta, uno dei tre fondatori della Novese per la quale è stato un padre.
Il custode ed erede di un patrimonio sportivo storico unico è oggi un novese sull’ottantina, Marco Gaione: «Cinque anni fa ho contattato gli eredi di Beretta e ho chiesto loro di poter visionare un baule carico di ricordi che sapevo potesse esserci perché fra noi appassionati di storia locale se ne parlava da tempo. Gli eredi di Beretta mi hanno donato tutto il materiale raccolto dal loro parente e quando l’ho aperto è stato come fare un tuffo nel passato». Mentre parla, Gaione recupera due scatole porta camicie e quando apre la prima, il profumo che ne esce è di canfora, un toccasana per quel che la scatola custodisce: «Fra i cimeli c’era questa maglia: è della Novese e credo fosse appartenuta al Beretta non solo dirigente ma anche calciatore». Fa impressione toccare con mano un indumento che ha più di un secolo di vita ma è conservato in maniera impeccabile: una maglia celeste, con il simbolo di Novi sul petto e coi colletti bianchi ingialliti dal fango e dal tempo.
La divisa è la prima della storia della Novese perché Beretta ha custodito fino alla morte (avvenuta a 94 anni nel 1990) tantissimo materiale della società degli albori, come fa un genitore quando in una scatola racchiude i ricordi dei primi anni di vita del proprio figlio. Che sia una delle prime maglie lo si capisce quando Gaione apre la seconda scatola, un «sancta sanctorum» per uno storico e non solo del calcio: documenti, corrispondenza, fotografie, fatture, giornali dei primi anni ’20, sul cui retro Natale Beretta ha scrupolosamente datato e indicato riferimenti storici, permettendo così ai posteri di poter raffrontare la prima foto della Novese edizione 1919 con la maglia originale e facendo così scoprire che quella arrivata ai nostri giorni era la prima maglia della squadra da lui fondata.
La prova arriva da un altro cimelio: una copia del giornale «La Fronda» al cui interno c’è ampio resoconto con tanto di progetto del costruendo «Stadium» cittadino (realizzato in Piazza d’Armi, oggi viale Rimembranza fra dicembre 1919 e giugno 1920) e dove al termine dell’articolo l’anonimo cronista descrive la maglia, identica a quella posseduta da Gaione. Se la maglia è inestimabile per valore morale, anche i documenti non sono da meno: c’è una bandiera italiana di cui Beretta ha conservato le fatture per la stoffa, ci sono centinaia di fotografie alcune delle quali scattate all’interno dello stadio di Novi di cui non si aveva memoria, ci sono tutti i tesserini originali Figc e Federginnastica dei calciatori e dirigenti della Novese, carta intestata, copie de «il Bianco celeste», organo della neonata squadra.
Un autentico reliquiario laico della nascita della Novese, comprensivo dello Statuto in originale e foto inerenti amichevoli disputate lontano da Novi fra cui una dell’inaugurazione dello stadio di Asti e una della tournée della squadra in Belgio post scudetto del 1922. Tutto il materiale è perfetto, quasi intonso, molte volte inedito e Gaione ha le idee chiare: «Non ne ho mai parlato con nessuno ma credo che sia il momento di far conoscere questo patrimonio».
Un’idea che sarebbe piaciuta a Natale Beretta, uno che dal 31 marzo 1919 – anno di nascita della Novese – ha archiviato un tesoro senza prezzo non per interesse ma per passione e che sarebbe felice di sapere che quel materiale è finito in ottime mani: sembra di vederlo, il Segretario factotum della Novese mentre con cura ripiega nel baule tutto quello che ritiene meritevole di tramandare ai posteri che, ironia della sorte, hanno riscoperto quei cimeli proprio nei giorni del secolo di vita della Novese, ultimo regalo di Beretta a una squadra per la quale ha speso una vita. La sua.
Maurizio Iappini
Articolo pubblicato su “La Stampa” edizione di Alessandria , le foto dei reperti sono di Marco Gaione, le altre tratte da “L’Arduo Cimento” di Marcello Ghiglione