“Maradona sembrava avesse un drone sulla testa”
Apr 27, 2022

Ci sono avversari che «ti tolgono letteralmente il sonno la notte perché sono unici e non sai proprio come prenderli». Ma che «rispetti profondamente per il valore immenso del loro gioco e anche della personalità». Riccardo Ferri, l’ex top difensore di Inter e Nazionale, oggi apprezzato opinionista televisivo del calcio, parla così di Diego Armando Maradona, che ha affrontato «molte volte in partite che valevano lo scudetto e in una che contava, parecchio, per il Mondiale, gare, ovviamente indimenticabili». Lo ha intervistato “la Repubblica”.

Ferri, ma come si fermava Maradona?

«Non si fermava. Potevi sperare di contenerlo, evitare che facesse danni irreparabili alla tua squadra, solo quello…».

Davvero era così imprevedibile anche per un difensore della Nazionale, per giocatori esperti abituati ai grandi palcoscenici agonistici come lei?

«Guardi che Maradona sembrava avesse un drone sulla testa. E non esagero affatto».

Nell’Inter a guardia di Marco van Basten

Un drone?

«Ma sì, ovviamente uso una metafora, ma sta benissimo al caso che trattiamo. Questo “drone” gli permetteva di “vedere”, o meglio percepire anche dietro di lui, sulle fasce laterali e in lontananza come erano messi i giocatori in campo e cosa avrebbero fatto di lì a poco. Insomma, Diego era capace di prevedere situazioni e movimenti degli altri atleti e di agire di conseguenza, eh sì, a quel punto diventava persino difficile atterrarlo».

Cioè, in concreto?

«In concreto ti mandava fuori tempo e facevi una figura di…glielo assicuro. Io e i miei compagni ci pensavamo dieci volte prima di avventarci su di lui. Un movimento dei fianchi, una finta di corpo e la palla spariva…E siccome anticiparlo era complicato perché, tra l’altro, era anche rapido, era sempre meglio stargli davanti e temporeggiare. Ma che talento inimitabile».

Sia sincero, quanti calcioni gli ha dato?

«Mah…pochi in verità e gli ho sempre chiesto scusa perché, per quel “drone” sulla testa che lo avvertiva, erano in realtà tutte entrate fuoritempo. E c’è un’altra cosa da dire su questo tema, una cosa che riguarda noi che giocavamo contro Maradona…».

Dica.

«Con Diego noi avversari non esageravamo mai. C’era un grande rispetto per lui. Perché anche noi che gli giocavamo contro sapevamo di avere di fronte un talento unico in qualche modo da preservare per il calcio e lo sport in generale. Non era una cosa che ci dicevamo chiaramente, ma era un atteggiamento chiaro e diffuso. Va bene la lotta, il tentare di limitarlo, ma falli per fare male mai: era Maradona, era il Calcio con la maiuscola e noi lo sapevamo».

Ferri (in piedi, secondo da sinistra) in nazionale nel 1988

In una recente intervista a “Repubblica” l’ex arbitro internazionale Rosario Lo Bello ha sottolineato la grande correttezza di Diego in campo con gli arbitri. E con voi avversari?

«Era un avversario leale. Come pochi altri che ho incontrato…e ne ho incontrato molti. Non gli ho mai visto chiedere una ammonizione all’arbitro per un colpo subìto: si alzava da terra e tornava a giocare. Nè simulare qualcosa che non era mai avvenuto. Pur strattonato, cercava di rimanere in piedi sino all’ultimo. Un esempio Maradona in campo, a cui anche i calciatori attuali dovrebbero guardare. Un esempio di correttezza, altro che i tuffatori d’area di rigore che si vedono adesso».

Delle tante sfide quali ricorda in particolare?

«Due. Un Inter-Napoli, in cui conquistammo la matematica certezza dello scudetto e il celebre Italia-Argentina dei Mondiali del Novanta. Due partite che mi hanno lasciato sensazioni molto differenti: una grande gioia e una grande delusione. Due partite che avrò sempre nella testa».

Riccardo Ferri nella Sampdoria

Le racconti.

«Il 28 maggio 1989 a San Siro ci serviva una vittoria per conquistare lo scudetto. Ma il Napoli diede gran battaglia. Io dovevo controllare quel fenomeno di Careca, per me, con Van Basten, il miglior centravanti al mondo. Molto sottovalutato quando si fanno le classifiche all time: Antonio era completo, velocissimo e super tecnico. E proprio lui fece un bellissimo gol. Ci toccò rincorrere e alla fine quell’altro fenomeno di Lothar Matthäus, tra l’altro molto amico di Diego, segnò la rete del nostro tricolore. Non mancarono le polemiche nè prima nè dopo il match perché Diego sapeva sempre metterci il pepe sopra…L’altra partita è la “famosa” semifinale dell’allora stadio San Paolo per il Mondiale italiano. Sapete tutti come andò…Diego non giocò una partita strepitosa anche perché aveva qualche acciacco ma da leader qual era prima dell’incontro aveva chiesto il sostegno dei napoletani, con quelle dichiarazioni passate alla storia di quel Mondiale».

Vi influenzarono quelle polemiche?

«Mentirei se dicessi di no. Sentimmo tutto questo ma certamente non perdemmo per le polemiche e il clima. Andò così ma meritavamo di vincere».

Maradona per lei è il più grande di tutti i tempi?

«Per me sì. Ed è bello che abbia fatto tanto per la città di Napoli e per il Napoli e che oggi lo stadio porti il suo nome».

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