Un gol che ha dato il nome a un pezzetto di tempo
Ott 3, 2022

Parliamo di un’altra era, calcistica e non, in cui le gesta di un calciatore hanno fatto nascere un modo di dire diffuso ancora oggi (e non solo quando si parla di calcio). Quest’espressione viene utilizzata anche nell’immaginario collettivo quando si vuole indicare un risultato raggiunto in extremis.

Il mito di questo detto nacque dopo una gara tra Italia e Ungheria, una disputa quella tra le due nazionali che infiammò i cuori degli appassionati negli anni ’30 e ‘40, sfociando anche in un’indimenticabile finale di Coppa del Mondo vinta dagli Azzurri nel 1938. Una sfida che ha visto la nostra Nazionale, nonostante l’importanza della selezione magiara, imbattuta per ben 24 anni (dal 1925 al 1949), periodo in cui si sono disputati 16 confronti. Quello che si giocò il 13 dicembre 1931 allo Stadio Filadelfia di Torino, valido per la Coppa Internazionale, passerà alla storia per la nascita della Zona Cesarini.

Una curiosa immagine di Renato Cesarini

La partita è ferma sul 2-2 quando, precisamente al novantesimo, l’oriundo Renato Cesarini segna la rete decisiva per il 3-2. Il sigillo dell’attaccante in forza alla Juventus arriva dopo altre reti, non tutte decisive, messe a segno dal calciatore sempre nella parte finale di gara.

Da quel giorno viene coniata un’espressione poi diventata una vera e propria locuzione temporale. Lo scrittore Alessandro Baricco nel 2015 dirà: “Cesarini, quello della zona Cesarini, proprio lui: quando dai il tuo nome a un pezzetto di Tempo – il quale è solo di Dio, dice la Bibbia – qualcosa nella vita lo hai fatto”.

Nella Nazionale italiana

Il 13 dicembre 131, veniva segnato il gol al novantesimo per antonomasia, un gol che ha dato il nome a un pezzetto di tempo. Un frammento di tempo che resterà per sempre il più romantico e agognato da ogni calciatore e tifoso: perché chi non vorrebbe segnare o vincere una partita in Zona Cesarini?

Torino, “Campo Combi”. Da sinistra: Giampiero Boniperti, l’allenatore Renato Cesarini, Bruno Nicolè e John Charles durante un allenamento della Juventus tra gli anni ’50 e ’60

Luca Pagliari, anche lui senigalliese come Renato Cesarini, ha iniziato ad occuparsi di questo incredibile personaggio nel febbraio del 2003, quando casualmente, durante una passeggiata, qualcuno fece il nome di questo vecchio campione. Per Pagliari, come per gran parte delle persone, fino ad allora Renato Cesarini era un semplice neologismo, era quello della Zona Cesarini, appunto, quello del gol segnato all’ultimo minuto. Tutto lì. Furono però sufficienti pochi giorni per comprendere l’eccezionalità di quella storia che assomigliava ad un romanzo scritto dalla vita. Una favola straordinaria fatta di povertà ed emigrazione, di tango, donne e palloni.

Ci è voluto veramente poco per intuire lo spessore, la genialità e la grandezza di Renato Cesarini, prima come giocatore, poi come allenatore, ma innanzitutto come uomo. Giorno dopo giorno la storia si è andata arricchendo di nuovi particolari e di meravigliose testimonianze, da Boniperti a Stacchini, da Pesaola a Sensini, Del Piero, quindi Castano, Caroli e tanti altri. Campioni italiani ed argentini di ieri e di oggi, giornalisti e semplici tifosi. Più in alto di tutti sono volati però i ricordi ed i pensieri di Omar Sivori; per lui Cesarini fu padre e maestro, rappresentò il punto di riferimento più importante della sua esistenza. Sivori è stato l’uomo e poi l’amico, che ha consentito a Pagliari di comprendere, in maniera profonda e totale, chi sia stato veramente Renato Cesarini.

Destro fatato e ciuffo ribelle, spesso irriverente e mai banale, sorriso ruffiano e verità sparate in faccia, Renato è così uscito dal passato, è tornato a far sentire la sua voce suadente, a spiegarci che segnare un gol in Zona Cesarini, in fondo significa voler vivere senza rimpianti, perché rinunciare ad inseguire un sogno è un po’ come morire. Un pensiero comune unisce e lega tutte le persone che hanno conosciuto Cesarini: lui aveva un carisma infinito, era capace di leggere la vita ed il calcio abbracciandoli in un pensiero unico, in poche parole era un uomo assolutamente eccezionale.

Lo spettacolo teatrale. Il titolo “Al di là dell’acqua” prende spunto da un vecchio modo di dire, infatti ai primi del ‘900, con questo termine, le persone in procinto di emigrare, solevano indicare quella terra lontana e misteriosa che era l’Argentina. Per circa un’ora e mezzo, esattamente il tempo di una partita di calcio, Pagliari si muove sul palcoscenico tra vecchie foto, musiche e filmati, ripercorrendo la storia di Renato Cesarini, nato a Senigallia l’11 aprile del 1906 ed emigrato in Argentina nel lontano 1907 assieme alla sua famiglia. Quello proposto da Pagliari è un percorso emozionante e coinvolgente che non conosce pause e cadute di ritmo.

La favola di Cesarini parte da un’infanzia poverissima, trascorsa facendo il saltimbanco tra i vicoli di Buenos Aires, poi arrivò la passione per il calcio. Tra lui ed il pallone fu amore a prima vista. Cesarini in campo era la fantasia, il passaggio non previsto, la rottura di ogni schema, la giocata vincente che veniva disegnata dal suo piede destro, rasoio e compasso. Cesarini fu un grande campione degli anni ‘30, lo dimostrano i sette scudetti vinti consecutivamente, cinque con la Juventus e due con il River Plate. In seguito, ancora giovane, Cesarini divenne uno degli allenatori più stimati d’ Argentina e del mondo, al punto di essere ricordato come “la bibbia del futbol” o “il maestro dei maestri”. La sua leggenda è invece quella di una persona libera e mai prigioniera di nulla. La leggenda di un uomo che ha sempre saputo e voluto tracciare schemi nuovi. Sia in campo che nella vita. Pagliari è anche autore del libro “Zona Cesarini. Il calcio, la vita” (Ed. Bompiani) pubblicato nel marzo 2006 con grandi successi di critica e di vendita.

Condividi su: