Il 16 aprile 2020 Il mondo ha pianto la scomparsa di Luis Sepulveda, icona della letteratura. E lo ha pianto anche il calcio. Uno sport a cui lo scrittore cileno si appassionava più per gli uomini e per i valori che per i risultati. Del resto, la sua figura fa un po’ il paio con quella di Carlos Caszely, il calciatore simbolo degli anni Settanta in Cile. Entrambi oppositori di Pinochet, anche se con destini molto diversi. L’attaccante, socialista dichiarato e celebre per non aver stretto la mano al dittatore prima della partenza della Roja per i Mondiali del 1974, lascia il paese dopo il golpe, trovando la sua casa sportiva in Spagna. A Sepulveda non andrà così bene: due anni e mezzo di carcere e sette mesi di torture.
Poi, l’esilio. E proprio come Caszely, tra le tante mete del suo peregrinare, lo scrittore sceglie la Spagna, le Asturie. E si innamora di una piccola grande squadra, lo Sporting Gijon. Il perchè è geografico, visto che vive proprio lì, ma non solo. È una passione quasi sentimentale, come spiega nel 2012 alla Gazzetta dello Sport: “È la squadra dei minatori, della resistenza anti-franchista. Ha mantenuto il colore rosso sulla maglia anche durante la dittatura”. Rossa proprio come la maglia del Cile, come quella di Caszely, che intanto nel 1988, quando Pinochet lancia un referendum sulla sua permanenza al governo, si schiera contro il generale. E, neanche a dirlo, va a segno.
Nel calcio, dunque, Sepulveda vede la rivoluzione. E non è quindi così strano saperlo innamorato di personaggi che, a modo loro, hanno capovolto il mondo del pallone. Uno su tutti, Bielsa, apprezzatissimo Ct del Cile, come raccontava lo scrittore a Sky: “Noi abbiamo avuto sulla nostra panchina uno dei migliori allenatori del mondo: Marcelo Bielsa. Peccato che non ci sia più uno come lui”.
E poi Guardiola, Zeman, tutti uomini che hanno preso di petto il sistema, che lo hanno combattuto a viso aperto e lo hanno cambiato dall’interno. Proprio come lo scrittore, che non è stato soltanto attento osservatore del mondo che lo circondava, ma lo ha vissuto in pieno, tra l’impegno politico e quello sociale. Uno, insomma, che la sua partita l’ha giocata fino all’ultimo minuto.