La leggendaria squadra della Dinamo Kiev schierata da Valeriy Lobanovskyi era ampiamente considerata come una macchina scientifica precisa con ruoli chiaramente definiti. Ma c’era una scintilla che spiccava nel reggimento: Oleh Blokhin.
Lobanovskyi ha insegnato di continuo ai suoi giocatori: “Non pensare! Giocare!”. Blokhin poteva certamente giocare, come pochi altri, ma avrebbe potuto scegliere di seguire le orme di sua madre, campionessa sui 400 metri piani, e abbracciare l’atletica leggera. Con buone ragioni: si diceva che fosse persino più veloce del leggendario velocista e della medaglia d’oro del 100 metri del 1972 Valeri Borzov.
Con il Pallone d’Oro
Più che un semplice capolavoro fisico, c’erano pochi dubbi anche sul fatto che Blokhin potesse pensare; il suo ritmo fulminante e la sua letale conclusione in campo erano lo rendevano il giocatore per eccellenza, ma ciò che rendeva un campione era la sua acutezza mentale. Ha unito le due qualità per battere quasi tutti i record a sua disposizione: il più grande marcatore della Dinamo Kiev di tutti i tempi, il più prolifico bomber dell’allora campionato sovietico, il più grande bomber della nazionale dell’Unione Sovietica, il più famoso calciatore sovietico a livello mondiale, e il primo ucraino a ricevere il Pallone d’Oro. Blokhin ha saputo estendere la sua fama oltre l’orizzonte della Cortina di ferro.
Nella Dinamo Kiev
Nel 1975 è stato nominato il miglior giocatore in Europa dopo che una stagione spettacolare aveva portato la Dinamo di Lobanovskyi a vincere la Coppa delle Coppe, e fu poi contro la grande squadra del Bayern Monaco di Franz Beckenbauer, Sepp Maier, Karl-Heinz Rumminegge e Gerd Müller che forse vinse il suo momento più spettacolare.
Nell’andata della Supercoppa europea a Monaco di Baviera, il Bayern premeva appena fuori dall’area di rigore della Dinamo. Mentre la palla veniva passata a Blokhin, ben dentro la sua metà del campo, solo un pensiero gli attraversò la mente mentre scivolava in avanti nello spazio. Portò la palla a metà, bruciando Georg Schwarzenbeck e cercò sostegno. Ma gli mancavano i compagni di squadra a supporto, perciò continuò da solo.
Quando ha tagliato al limite dell’area di rigore, la difesa del Bayern si era riorganizzata, ma Blokhin ha semplicemente deviato attraverso di loro, con una grazia che ha fatto dubitare che era tutto pianificato già nella sua mente, ballando oltre la statuaria figura di Beckenbauer e facendo scivolare il pallone oltre Maier.
Tale bravura e coraggio creativo non sono passati inosservati, nemmeno nel mondo chiuso dell’Unione Sovietica. Ai giocatori è stato ufficialmente permesso di partire per l’Occidente solo quando avrebbero raggiunto i 29 anni, ma questo linmite non ha mai impedito al Real Madrid di annusare i migliori sovietici. Nonostante due precedenti tentativi andati a vuoto, nel 1981 arrivò in un batter d’occhio una nuova proposta per portare Blokhin nella capitale spagnola con un’offerta di rimanere nel club anche una volta finita la carriera da calciatore.
Secondo quanto riferito, i termini erano stati concordati ma, all’ultimo minuto le autorità sovietiche non se la sentirono di lasciar partire il loro uomo di punta in una fase cruciale della qualificazione per la Coppa del mondo.
Quando finalmente si trasferì in Europa, sette anni dopo, la sua destinazione fu decisamente meno glamour. Ormai il meglio di sé lo aveva già dato: arrivò in Austria dopo quasi due decenni alla Dinamo, due anni prima del crollo dell’Unione Sovietica, per giocare con il Vorwärts Steyr, appena promosso, dopo aver anche fatto in precedenza bancarotta. Blokhin aveva 36 anni e stava affrontando la fase della fine della sua carriera. Che si concluse a Cipro, nel 1990, nell’Aris Limassol.
In Austria, nel Vorwärts Steyr
Nonostante il genio, la sua stessa carriera coincise con un bottino magro per l’Unione Sovietica nei principali tornei. Tra il debutto nel 1972 e la sua ultima apparizione sedici anni dopo, l’Urss si qualificò per solo due tornei – i Mondiali del 1982 e del 1986 – affidando il proprio blasone calciatico solo nei piedi dei club. Forse Blokhin è stato vittima del suo tempo e delle sue circostanze.
Se gli avessero dato piene opportunità, avrebbe sicuramente potuto mostrare al mondo intero ciò che l’Ucraina già sapeva; che era uno dei calciatori più dotati di tutti i tempi.
Mario Bocchio