Roberto Baggio: tutto quello che non sapevate di lui e altro ancora
Feb 16, 2024

Andare in cantina da mio suocero per far pulizia mi ha riservato una bella sorpresa. Egli usava riporre sui ripiani, sotto i vasetti di confetture varie, i giornali quotidiani ripiegati in due. Ebbene sto lì per eliminarli nel cesto della carta straccia, quando mi imbatto su di un vecchio periodico di Thiene News, ancora di quelli stile quotidiano in carta assorbente. Appena in mano mi colpisce subito formato e contenuto del mensile, allora edito e diretto da Valerio Bassotto nella pubblicazione “dell’anno 2°- n° 18 luglio /agosto 2000”. Oggi questo numero lo tengo con cura nel mio archivio di reperti storici. Aprirlo è come immergersi nel nostro passato cristallizzato in articoli rimasti nell’oblio del tempo. Ma la vera sorpresa, per noi cresciuti con dieta a base di calcio, sta nel leggere a pagina 3 e 4 l’intervista del fuoriclasse di Caldogno, Roberto Baggio, davvero nostalgica. Si tratta di una intervista con Roby fatta da una precedente collaboratrice del magazine, quando Baggio era fatalmente in forza all’Inter.  Ed è perciò, per dare merito alla collega  Lara Peretto, che oggi voglio riproporre integralmente la bella conversazione tra lei e il formidabile fantasista vicentino, passato poi alla storia in tutta Italia, come “Divin Codino” a oltre vent’anni di distanza. Buona lettura!

Roberto Baggio

Un uomo formidabile. Parlare con lui è quasi un obbligo se vuoi capire il calcio. I suoi meccanismi, la psicologia. È uno dei più intelligenti giocatori in circolazione, uno che, nonostante i tanti successi, continua ad avere una tale fame di vittorie da far paura. Impressiona la sua continua voglia di migliorare, di lavorare. Arriva per primo all’allenamento e se ne va per ultimo. Lavoro, lavoro, lavoro.

Il primo cartellino di Roberto Baggio nella squadra del suo paese Caldogno

Giovani calciatori, prendete esempio. Il talento non basta, conta moltissimo la voglia, la determinazione, la fame di vincere. Sono queste le sue maggiori qualità, oltre alla visione del gioco perfetta. Classe cristallina, professionalità impeccabile, in due parole Roberto Baggio.

Le sue emozioni. A sua felicità. La sua fede. Il buddhismo, i figli, la caccia. Quello che prima non aveva mai raccontato, lo ha fatto stavolta.

Roberto Baggio giovanissimo con la foto di Paolo Rossi con la maglia del Lanerossi sullo sfondo

Roby, da dove cominciamo?

“Non importa, è tutto bello, cominciamo con i miei inizi?”

Stralcio del giornale con l’intervista a Baggio di Lara Peretto

Va bene. Allora? 

“Allora ho iniziato a giocare in casa, con la pallina da tennis, era così piccola… Ma poi, devo ammetterlo, prendevo a calci tutto quello che mi trovavo trai piedi, barattoli, bottiglie, stracci, era più forte di me! Rompevo anche qualche vetro, ma devo dire grazie a mia madre, è stata così paziente”.

Con chi giocavi?

“Con i miei fratelli più grandi. Due di loro giocavano nel Vicenza”.

Tuo figlio, fa lo stesso? Mattia gioca a pallone in casa?

“Purtroppo non è molto interessato al pallone, gioca con l’arco e le frecce, con le spade addirittura. Forse mi devo un po’ preoccupare…”.

Nel Vicenza 1984-’85, serie C1
Sulle figurine

Lo spingerai  a diventare calciatore?

“No, affatto. Lui deve fare tutto quello che si sente di fare e basta. Sai, sono tanti i giovani che vengono spinti dai genitori a giocare al calcio. E questo è pericoloso, perché i ragazzi crescono così, facendo solo cose che soddisfano i genitori. Succede che in queste condizioni i ragazzi non raggiungono i traguardi che i genitori speravano, e così crescono insoddisfatti. Quando sei giovane e ti senti insoddisfatto, cominci a fare stupidaggini”.

Tu invece come hai capito di essere un giocatore di talento?

“Io volevo solo giocare al calcio. Sempre. C’era il desiderio di diventare un giocatore vero, sentivo la gente che mi diceva che ce la potevo fare, ma io pensavo solo a divertirmi”.

Poi?

“Poi  le cose vanno così in fretta, passa tutto così veloce. Non ti puoi fermare, anzi, non ti devi  fermare , il segreto è tutto qui, non fermarsi e pensare a quali livelli sei arrivato quanto ha guadagnato, a quel punto non lotti più, fai dei calcoli, e sei finito. Non devi mai guardare indietro, quello che hai fatto ieri non conta più, devi solo pensare a fare di più, a migliorare sempre. Ti devi dimenticare che esistono gli sponsor, e altre cose. Devi solo pensare a crescere e a divertirti, anche se, ovviamente, questo è un lavoro serio. Ma l’idea che ogni giorno devi lottare per tirare fuori tutto quello che hai dentro è fondamentale”.

Con Antonio Rondon e Maurizio Schincaglia

Ci sono stati dei momenti  nei quali non ha sentito più queste sensazioni?

“Sì, ci sono stati, due anni fa, quando ero al Milan . Allenava Sacchi, a quel punto il calcio non era più un divertimento, ma uno schema. Quello non è calcio”.

Giuseppe (Joe) Bonato

continua nella seconda parte

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