È giusto ricordare soprattutto ai giovani chi è stato Ernő Egri Erbstein, il più grande allenatore straniero che sia mai giunto in Italia: un vero maestro di vita e di sport. Ungherese di nascita, Ernest Egri Erbstein -così era conosciuto – nasce a Nagyvárad il 13 maggio 1898. Comincia giovanissimo a giocare a calcio come dilettante (all’epoca non esisteva il professionismo) nella squadra del Bak di Budapest, ma per poter andare avanti economicamente, Ernest, per un certo periodo, fa l’agente di borsa. Come giocatore si trasferisce prima a Fiume nell’Olympia, poi nel Vicenza e successivamente negli Stati Uniti, proprio negli anni della grande crisi, dove peraltro continua a giocare nella squadra dei Brooklyn Wanderers.
Terminata l’attività calcistica decide di intraprendere la carriera di allenatore e ritorna in Italia. Bari sarà la sua prima squadra, da lì comincia a mettere a disposizione il suo grande bagaglio di esperienza calcistica. Siamo nella stagione 1927-‘28, due anni dopo sarà a Nocera e nel 1930 approda finalmente a Cagliari. Voluto espressamente dal presidente Enzo Comi su consiglio di Carlo Costa Marras, Erbstein conquista già al suo primo anno in terra sarda, la sospirata serie B. In poco tempo conferma elementi del campionato precedente (Archibusacci, Orani, Tonino Fradelloni, Guerrini, Puligheddu, Traverso) e indovina importanti acquisti (Bedini, Ossoinach, Francovig, Di Clemente, Chiantini). Erbstein riesce a donare ai tifosi una squadra fortissima, ordinata e di un piacevole gioco mai visto prima. Nel secondo anno, in serie B l’organico viene rinforzato adeguatamente per concorrere senza patemi in un campionato difficile, arrivano giocatori come Lauro, Parodi, Ostromann, il fuoriclasse ungherese naturalizzato italiano D’Alberto, rientra dal servizio militare Aldo Fradelloni e viene incluso l’astro nascente Cenzo Soro.
Tutta Cagliari impazzisce per questo personaggio dai modi fini ed eleganti e dalle idee per quei tempi innovative. Si dedica anima e corpo, una volta finiti gli allenamenti con la prima squadra, ad allenare i ragazzini del settore giovanile (tra cui mio padre Nuccio) con un entusiasmo eccezionale. Erbstein concepisce il calcio rispetto ai suoi colleghi con 30 anni d’anticipo e come un qualcosa di non improvvisato, ma studiato e capito fin dai minimi particolari e prepara i giovanissimi ad un tipo di allenamento serio, per poi usufruirne in seguito, nella prima squadra. In una famosa sfida con il Taranto del 1931, Erbstein porta il Cagliari per la prima volta in ritiro a Villacidro per preparare meglio gli atleti, tale è l’entusiasmo dei tifosi che in città non si parla d’altro.
Altra dote inusuale per quei tempi è l’insegnamento minuzioso che praticava ai giocatori professionisti, ad esempio sul modo con cui si doveva calciare la palla. Erbstein diceva sempre (questo fatto me lo ha confermato anni fa il grande Ossoinach) che: “la precisione del tiro non deriva dal piede che calcia ma dalla posizione del piede d’appoggio”.
Altri aneddoti si susseguono attorno a questo personaggio che lascia Cagliari dopo due anni ed una eredità di squadra che, con pochi ma oculati innesti può puntare alla serie A. Purtroppo questo non succede, le cattive gestioni tecniche-societarie porteranno i rossoblù, dopo appena due campionati, alla famosa chiusura della stagione del 1935. Il secondo miracolo Erbstein lo concretizza a Lucca, dove in cinque anni porta la squadra dai bassifondi della serie C al paradiso della serie A.
Immaginiamo come il popolo di Lucca lo abbia festeggiato dopo tale exploit. In base a questi risultati, per Ernest è giunta l’ora di una grande squadra, è il Torino del presidentissimo Ferruccio Novo che lo chiama per primo. Inizialmente Ernest allena la squadra solo per alcuni mesi, poi decide di lasciare Torino poichè, essendo di origine ebraica, in Italia si stava scatenando la febbre antisemita provocata da Hitler e appoggiata da Mussolini. Erbstein tenta così di raggiungere l’Olanda con la famiglia, ma per ben due volte gli viene negato il visto dalle autorità tedesche, così non gli resta altro che tornarsene nella sua Ungheria dove riesce a mantenere un continuo contatto con il presidente Novo.
Di tanto in tanto viene clandestinamente in Italia come quella volta in missione a Venezia a visionare, per conto del Torino, due future colonne di quella magica squadra: Loik e Mazzola. Il grande merito di Novo è stato quello di individuare, malgrado quei momenti difficili, le qualità e le capacità di questo grande allenatore e non abbandonarlo alla sorte. Finita la guerra finalmente Erbstein si trasferisce definitivamente a Torino, abbandona tutto ciò che aveva in Ungheria, perchè Novo lo voleva responsabile di tutta l’organizzazione tecnica-societaria del Torino. Da lì in poi una serie di incredibili risultati difficilmente raggiungibili, fino al tragico incidente di Superga.
Corrado Delunas