I Paesi Baschi sono sempre stati terra di portieri. Da lì sono venuti Andoni Zubizarreta, Carmelo e Andoni Cedrún, Artola, Ochotorena e Arconada. Tuttavia, probabilmente il più grande di tutti è stato lo storico numero uno dell’Athletic Bilbao: José Ángel Iribar, il “Txopo”. Un mito per il popolo di Bilbao, grazie tra l’altro, a 18 stagioni e 614 partite ufficiali.
Nato a Zarauz, vcino a Guipúzcoa, nel Golfo di Biscaglia, nel 1943, rappresenta certamente il classico orgoglio del portiere basco. Perché Iribar è stato il prototipo dell’estremo difensore ideale: sicuro, sobrio, con pochissime imperfezioni. Aveva la capacità di rilanciare a braccio oltre la linea mediana. Un “revolver” che sparava a oltre 50 metri, riusciva sempre a servire i compagni in posizioni vantaggiose in zona gol.
Debuttò nella Primera División spagnola il 23 settembre 1962 durante Malaga-Athletic 2-0, subentrando a Carmelo Cedrún, all’epoca bandiera dei baschi. Al termine della sua carriera, ironia della sorte, venne sostituito da Andoni Cedrún, figlio dello stesso Carmelo. Con l’Athletic Club vinse due Coppe del Re nel 1969 e nel 1973 e giunse in finale di Coppa UEFA nel 1976-‘77. Vinse, inoltre, il Trofeo Zamora come miglior portiere nel 1970. Giocò 49 partite con la Nazionale spagnola, nelle quali subì 42 reti. Esordì l’11 marzo 1964 in Spagna-Irlanda del Nord 5-1 e con la maglia delle Furie Rosse vinse l’Europeo del 1964. Inoltre partecipò alle edizioni dei Mondiali del 1966 e alle qualificazioni del 1970 e del 1974 e degli Europei del 1968 e del 1972. Concluse la carriera in Nazionale il 24 aprile 1976 in Spagna-Germania Ovest 1-1. Nel 1980 si ritirò dal calcio giocato ed entrò nello staff tecnico dell’Athletic Club. Nel 1983 divenne per una stagione l’allenatore dell’Athletic B e giunse al secondo posto della Segunda División, il massimo risultato mai raggiunto da questa squadra. Due anni più tardi si sedette per una stagione sulla panchina della prima squadra, ma giunse solo tredicesimo. È stato anche selezionatore ed allenatore dell’ Euskal Selekzioa, la rappresentativa formata da soli giocatori baschi, ruolo che ha lasciato pochi giorni fa per ritornare all’amato Athletic come allenatore.
È sempre stato di poche parole come tutta la gente delle sue parti. Odiato da molti, soprattutto dai madridisti e dai catalani, che lo accusavano di essere solo fortunato, non fece mai mistero di sostenere l’indipendenza basca. Nel dicembre del 1976, prima di una gara con la Real Sociedad, Iribar e il capitano degli avversari Kortabarría portarono in campo una Ikurriña, la bandiera basca, stendendola nel cerchio di centrocampo: fu la prima esposizione pubblica della bandiera dopo la morte del dittatore spagnolo Francisco Franco. Successivamente iniziò ad interessarsi alla politica locale e divenne un sostenitore di Herri Batasuna.
Ad Iribar hanno dedicato una strada nelle Asturie per la sua grande carriera. Sempre vestito di nero, Iribar stato il portiere stioendiato con milioni di pesetas, d’altronde l’Athletic aveva già pagato a peso d’oro il suo trasferimento dal Baskonia nel 1962. Possiamo dire che è proprio Iribar l’idolo indiscusso di tutti i tempi del San Mamés. Ha segnato un’epoca con il suo modo di essere e soprattutto con una condotta irreprensibile. Ancora oggi allo stadio cantano “Iribar, Iribar es cojonudo!” “Iribar, Iribar è gande!”.
Mario Bocchio