Pubblicare l’ Almanacco Illustrato del Vicenza Calcio delle “figurine biancorosse” è stato, per gli autori Sergio Vignoni e Gianni Grazioli, manifestare un atto d’amore verso i colori biancorossi e un gesto d’amicizia per la gente vicentina; tifosi tenaci che fin dal 1902 stanno lottando all’ombra di Monte Berico.
Leggendo le prefazioni dei vari protagonisti, vergate all’inizio del testo fotografico, quella che ha suscitato in me il ricordo più concreto è la testimonianza del centravanti brasiliano degli anni Sessanta, Luis Vinicio. Egli descrive l’ultimo goal della sua carriera siglato col Lanerossi (12 maggio 1968) che fruttò la vittoria contro i gigliati della Fiorentina nell’ultima gara del campionato 1967-‘68; una rete che contribuì per il cinquanta per cento alla salvezza del Lanerossi dalla retrocessione.
La perfetta punizione di sinistro scoccata al 44’ del primo tempo (Luis confessa che non tirava mai di sinistro le punizioni) s’infilò all’incrocio dei pali alla sinistra di Ricky Albertosi. Quel giorno seguivo il match dal parterre dietro la porta nord dello Stadio “Menti” ed ero entusiasta d’assistere a un evento calcistico passato poi alla storia biancorossa come l’ennesima salvezza all’ultima gara.
Quel tiro mancino di Vinicio (O’Lione denominato dai napoletani) l’ho ancora ben impresso nella pellicola della memoria, anche se lo registrai da lontano, mentre ho stampato ben più da vicino il salvataggio sulla linea di porta del terzino Marino Rossetti, a portiere battuto (William Negri), sul tiro lento e maligno del fantasista viola Amarildo.
Ero allora un imberbe quattordicenne e quella fu la prima volta che entrai nel mitico tempio del calcio berico. Al triplo fischio finale scoppiò il tripudio con l’invasione di campo.
Una cosa indescrivibile! Marino Rossetti, con quel suo contributo al cinquanta per cento fu quindi l’altro artefice della grande impresa: onore al merito a entrambi i protagonisti.
Alla presentazione del bel libro “L’ultimo spogliatoio” di Adriano Bardin, numero 1 del Lane, all’oratorio dei Salesiani a Schio il 3 febbraio 2013, dov’erano presenti molti compagni di squadra, ebbi il piacere d’incontrare Rossetti e ricordargli l’episodio. Rammentavo pure che, dalla distanza dov’ero piazzato dietro i legni, lo avevo osservato schiantarsi con un tonfo sordo contro il palo nell’attimo in cui respingeva la sfera sulla linea di porta.
Lui sorpreso e lusingato che qualcuno ricordasse l’episodio, per confermarmi il fatto, segnando con la mano il tratto verticale lungo il corpo, mi disse che l’ematoma causato sul torace dall’impatto violento contro il palo si riassorbì del tutto solo dopo venti giorni. Ho avuto modo poi di parlare con Marino Rossetti in qualche altra occasione ed è sempre stato molto affabile e disponibile.
La carriera di Rossetti, come sappiamo noi vecchi tifosi del Lane e di Rivera, fu poi compromessa da un brutto infortunio di gioco, a San Siro contro il Milan il 17 novembre 1968, avvenuto in uno scontro con il suo diretto avversario, l’attaccante Pierino Prati. Marino Rossetti è mancato il 17 marzo 2018, due giorni prima della presentazione dell’Almanacco di Vignoni e Grazioli, dopo una vita vissuta nella città del Palladio, ma fuori dal mondo del pallone cui aveva dato molto. Oggi perciò, con nostalgia e deferenza voglio onorare un friulano (nato a Monfalcone il 17 febbraio 1942), riservato, corretto e dal grande cuore biancorosso. Grazie Marino.
Giuseppe (Joe) Bonato