Anche senza il Pallone d’Oro
Nov 29, 2021

C’è bisogno di vincere il Pallone d’Oro per essere storia, passata-presente-futura, del pallone? No. Soprattutto da quando la palla dorata è una sfida a due tra Messi e Cristiano Ronaldo (che noia, che barba, che barba, che noia) e il calcio è diventato un oligopolio in cui contano ricavi e pubblicità più di un assist fatto bene. Ci sono campioni, leggende, personaggi che non hanno avuto bisogno di alzare al cielo il trofeo inventato da France Football. Ne abbiamo scelti cinque, avremmo potuto sceglierne almeno cento. E chissà che, in futuro, non lo si farà. Perchè va bene tutto ma il calcio non può essere una questione tra castigliani e catalani, Nike e Adidas, shampoo contro patatine.

Ferenc Puskás

Puskás nel Real Madrid

Il Colonnello Puskás è, incontrovertibilmente, uno dei più grandi che abbia mai preso a calci una palla. Attaccante purissimo, potente e intelligente. Perno dell’avanti della miticissima Honved, la squadra che insegnò calcio all’Ungheria che diventerà la Aranycsapat, la nazionale tutta d’oro che insegnò agli inglesi come si gioca a pallone. A Wembley. Una squadra irripetibile di cui Puskas era un gioiello preziosissimo. Una storia che si dovette arrendere solo al Miracolo (di politica e di doping?) della Germania Ovest nella finalissima di Berna ai Mondiali del ’54. Puskás fu poi spagnolo nel Real Madrid. Il Pallone d’Oro, istituito nel 1956, lui non lo vinse mai. Ci andò vicino solo nel 1960 quando si piazzò secondo, dietro a Luisito Suárez che giocava ancora nel Barcellona prima di diventare storia dell’Inter.

Franco Baresi

Franco Baresi, icona del Milan

E con lui, tutti i difensori, i portieri (ultimo, in ordine di tempo, Gianluigi Buffon), i mediani, regolarmente snobbati dal trofeo di France Football. Franco Baresi è l’epifania più splendida del ruolo più italiano che ci sia, quello del libero. Elegante, preciso, tanto carismatico da indurre tutti i guardalinee ad alzare la bandiera quando lui, capo della linea invalicabile che componeva al Milan con Tassotti, Costacurta e Maldini, alzava il braccio a chiamare il fuorigioco. Avrebbe meritato il Pallone d’Oro solo per il sacrificio che fece negli Stati Uniti, in finale contro il Brasile dopo un infortunio gravissimo e un recupero lampo per finir a piangere, in ginocchio, a maledire tra le lacrime l’erba di Pasadena. Lo sfiorò solo nell’89, davanti a lui c’era Marco Van Basten, dietro Frank Rijkaard. Il Milan era quello degli Invincibili.

Diego Armando Maradona

El Diez

Il fatto che il talento più grande che abbia calcato le arene calcistiche d’Europa non abbia mai vinto il Pallone d’Oro è dovuto all’ottusità delle regole che, fino al 1995, vietavano – rigorosissimamente – di assegnare l’ambito riconoscimento a calciatori che non fossero europei. Maradona, scugnizzo di Lanùs, era più napoletano di almeno la metà dei cittadini di Partenope ma ai giudici ciò non poteva importare. Negli anni in cui giocò ad altissimi livelli c’erano buone alternative. Tipo Platini, ma dopo i mondiali in Messico (vinti esclusivamente dal Pibe, gli altri argentini facevano colore e apparavano gli undici in campo) il Pallone d’Oro prese la via oscura di Ihor Bjelanov, zar meteora delle Russie. E poco importò se Maradona aveva costretto il telecronista uruguagio Morales a cantare, da lui ispirato, la più bella poesia scritta su un campo di calcio, quella del Barrilete Cosmico.

Eric Cantona

Cantona, il ribelle che diventò re

Chi sia Cantona non è da spiegarlo. Eric Cantona è stato tra i più grandi, figlio il più perfetto della periferia di una città affascinante esotica e misteriosa come Marsiglia. In campo faceva proprio quello che voleva, quando voleva e se lo voleva. Ha diviso lo spogliatoio, in Francia, con il signor Carlos Valderrama e monsieur Laurent Blanc. Unici, ai tempi del Montpellier, a difenderlo dalla squadra che lo voleva fuori perchè non si teneva proprio niente. Al Manchester United divenne il re. E decise di smettere quando gli venne la fregola di far l’attore.

Zlatan IIbrahimović

Ibra

E forse è un bene che non l’abbia mai vinto, magari ce lo ritrovavamo pure ambasciatore della pace. Straripante talento strappato al taekwondo, Zlatan Ibrahimović è la maschera del calcio moderno, il mercenario senza bandiera e senz’anima che – guarda un po’ – è stato il volto perfetto per incarnare lo spirito del Paris Saint Germain degli sceicchi. Il Pallone d’Oro non l’ha mai considerato, ricambiatissimo. Nel 2013 urlò di non aver bisogno di quel trofeo per sapere che lui, e solo lui, fosse il più grande calciatore al mondo. Una spocchia da guascone, senza dubbio. Però, francamente, di fare il riempilista a Messi e Ronaldo s’era pure stufato. E vagli a dar torto, soprattutto se sei – comunque e nonostante tutto – Zlatan.

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