Ecco le gesta di una coppia di gemelli che ha fatto la storia del calcio italiano, Antonio ed Emanuele Filippini. La loro è stata una sorta di coppia-simpatia, che non si è fatta notare solo per la quasi identicità fisica e fisionomica, ma anche per lo stile di gioco. Velocità e concretezza le armi principali che mandavano in crisi gli avversari, come confermato anche da un giocatore fuori dal comune come Luís Nazário de Lima, in arte Ronaldo, il Fenomeno, il quale ha rivelato che: “I gemelli Filippini erano il mio incubo. Erano dappertutto, correvano tantissimo, sempre. Andavano a due mila all’ora e sembravano cinque fratelli. Ricordo bene le sfide contro di loro”. Gemelli con lo stesso destino, dai primi passi all’esordio in Serie A. Nati a Brescia il 3 luglio 1973, Antonio ed Emanuele compiono lo stesso percorso di crescita, calcistica e non solo, giocando prevalentemente a centrocampo, come ali o mezzali, rispettivamente, destra e sinistra. Prima nella Voluntas Brescia, poi nelle giovanili delle rondinelle, fino agli esordi in prima squadra.
Successivamente – come racconta Michele Farina su “11contro 11” – la dirigenza lombarda decide di mandarli a giocare e crescere ulteriormente nell’Ospitaletto, compagine della provincia, in Serie C, fino al ritorno alla base e l’esordio in massima serie, niente meno che a San Siro, contro l’Inter, manco a farlo a posta nel giorno dell’esordio del numero 10 brasiliano in nerazzurro. Correva l’annata 1997-‘98, e gli episodi con i gemelli Filippini come protagonisti erano solo all’inizio. Come raccontato dai diretti interessati, nel match contro la Roma l’arbitro Ceccarini espulse erroneamente Emanuele invece che Antonio, già ammonito. Tuttavia, per non farsi torto a vicenda, decisero di non andare oltre nella discussione col direttore di gara rimasto celebre per l’episodio Ronaldo-Iuliano in Juventus-Inter di quella stagione. Contro il Perugia, poi, si verificò un altro episodio simile a quello succitato, ma a ruoli invertiti.
Emanuele era già ammonito, e l’allenatore Micrea Lucescu chiese ai due di scambiarsi la maglia, per evitare nuova confusione e il possibile uomo in meno per la sua squadra. Una “furbata”, come ricordato dai due fratelli, alla quale, tuttavia, non acconsentirono, proseguendo la gara ognuno nel proprio ruolo. E alla fine l’onestà è stata premiata, visto che entrambi hanno portato a termine la propria partita. Giunti quasi ai trent’anni, e perciò nel pieno della propria maturità umana e calcistica, nel 2002 le strade dei gemelli Filippini si separano, con Emanuele che si trasferisce nel Parma di Cesare Prandelli.
E come preannunciato in conferenza stampa dall’allora allenatore bresciano Carlo Mazzone, in occasione dell’incontro tra le rondinelle e i gialloblù, vinto da questi ultimi per 4-3, i Filippini sono subito protagonisti. Un duello veramente agonistico ma corretto, in cui i fratelli hanno dimostrato tutto il proprio valore al pubblico della Serie A, a prescindere dal fatto di giocare insieme nella stessa squadra o l’uno contro l’altro. Successivamente, nel resto della loro carriera da giocatori, ci saranno quattro ricongiungimenti, al Palermo neopromosso in Serie A nel 2004, l’apice nella prima Lazio di Claudio Lotito a gennaio del 2005, al Treviso la stagione successiva, e a Livorno tra il 2007 e il 2009. Oltre a questi, si registrano altre due separazioni, con Emanuele che nel 2006 gioca a Bologna in Serie B, e Antonio che finisce la carriera due anni dopo il fratello, tra il 2009 e il 2011, nella sua Brescia. Cosa che, ancora oggi, il primo, costretto a lasciare per un problema all’anca, invidia al secondo.