Nella stagione sportiva 1921-’22 il Vado prese parte alla prima Coppa Italia organizzata dalla Figc in contrapposizione della Confederazione Calciatori Italiana (CCI), in auge fino a quel periodo, la quale aveva messo in atto uno scisma privilegiando i grandi Club e chiudendo le porte alle società di peso minore. Ma pur nelle difficoltà economiche e politiche di quegli anni, il calcio ed in particolare la Figc cercarono di interessare sportivi e società in un evento diversificante. Non è detto che le intenzioni fossero poi seguite da fatti ma a Vado interessava che l’avventura (perché di avventura si trattava) si concludesse nel migliore dei modi, cioè con la vittoria!!!
E che fu una grande vittoria lo si vede dall’albo d’oro della Coppa Italia riportante nomi di assoluto prestigio, di squadre e società che hanno fatto la storia del calcio italiano: dalle 13 della Juventus alle alle nove vittorie della Roma alle sette dell’Inter e della Lazio. La vera storia della più sconosciuta vincitrice della Coppa Italia, il Vado, è davvero molto curiosa. Nel 1922 i liguri riuscirono ad arrivare in finale e a battere la favorita Udinese con un gol di Levratto, che sfondò letteralmente la rete bianconera… “Ma è gol?” chiese il terzino Cantarutti. “È passa’ e g’ha fatto il buso” replicò in dialetto il portiere dell’Udinese Lodolo sdraiato a terra guardando la rete recisa dal forte tiro ad effetto di Felice Levratto.
Era il 16 luglio 1922 e il Vado entrava nella storia del calcio vincendo la prima Coppa Italia. Ogni anno per la finale di Coppa Italia quel nome risuona sconosciuto, Vado. Dove sarà? Che fine ha fatto quella squadra? Vado Ligure è diventata ormai la periferia industriale di Savona nonostante abbia caratterizzazioni storiche e etniche tutte sue. C’è una centrale elettrica e ci sono tanti stabilimenti.
Negli anni Venti uno dei grandi centri operai con fonderie, impianti chimici e petrolchimici, laterizi, cantieri di demolizione navale e la possente Westinghouse che fabbricava locomotori elettrici e che ospitava 1.700 lavoratori. Nel “Biennio Rosso” i soci della società di mutuo soccorso La Sabazia scendevano in piazza con i loro vessilli. C’era una Camera del Lavoro già nel 1919 e c’era una delle duemila giunte socialiste dell’epoca.
Quell’estate del ’22 eravamo alla vigilia della Marcia su Roma e dell’invito del re a Mussolini di formare il governo ma già i ministeri si accanivano contro le giunte rosse e i comuni dove comparivano i primi rappresentanti del partito comunista nato nel ’21 a Livorno. Nell’aprile 22, infatti, era stato sciolto con decreto regio il consiglio comunale di Vado reo di non aver esposto la bandiera in occasione di ricorrenze patriottiche, di avere uno stemma con la falce e martello, di aver costituito un corpo armato e non aver rispettato le leggi nella celebrazione dei matrimoni.
Il professor Attilio Bislenghi sostiene che, in questo contesto, la conquista della Coppa Italia garantì – un po’ come il successo di Gino Bartali al Giro di Francia nel luglio del ’48 in occasione del fallito attentato a Togliatti – una pace sociale artificiosa prima dell’avvento del fascismo.Dunque una squadra operaia che, nell’anno di Mussolini, sembra emblematicamente chiudere un’epoca di conflitti e di speranze controverse infrante dal Ventennio. Non ci sono più in vita i protagonisti di quella finale, non c’è più lo stadio del trionfo, come non c’è più la vera Coppa Italia in argento del peso di 8.250 grammi, immolata alla patria nel 1935, cioè donata alla segreteria federale del partito fascista dopo le sanzioni della Società delle Nazioni per l’aggressione all’Etiopia. C’è nella sede del Vado, che oggi gioca nel campionato di serie D, una copia di quella coppa consegnata nel 1992 dalla federazione calcio.
Dei mitici eroi di quella battaglia contro l’Udinese, vinta per 1 a 0 il 16 luglio 1922, sul campo Di Leo con rete di Levratto al 118°. invece, non c’è più nessuno.Ma la leggenda di quei gloriosi atleti rossoblù (Babboni I, Masio, Babboni III, Negro, Romano, Cabiati, Roletti, Babbioni II, Marchese, Esposito, Levratto) continua a mantenere il suo fascino.