Ci sono meteore nel mondo del calcio che restano impresse per sempre, finendo con l’evitare l’oblìo dovuto al tempo che passa. Miloš Krasić è uno di questi: preso dalla Juventus nel 2010, per 15 milioni versati al Cska Mosca, sembrava l’esterno perfetto per il 4-4-2 dell’allora tecnico bianconero Delneri e la sua avventura a Torino iniziò come meglio non si poteva pensare. La folta chioma bionda, la velocità sulla fascia, il tiro al fulmicotone gli valsero presto l’etichetta di nuovo Nedved ma presto tutto si rivelò un bluff.
Un gol alla Lazio al 94’ che consentì alla Juve di vincere 2-1 e una tripletta col Cagliari lo fecero entrare di diritto nel cuore dei tifosi. Proprio alla vigilia di quella gara con i sardi l’ex Juve Mauro aveva sentenziato: “Krasić non vede la porta”, dopo aver sempre sostenuto che ricordava Nedved solo per i capelli. Fu preso in giro ma alla lunga aveva ragione. Un’infanzia difficile, quella di Krasić che quattordicenne, finisce a Novi Sad, in una specie di collegio per calciatori del Vojvodina.
Qui conosce la ragazza con cui si fidanzerà e Milan Jovanović, che gli farà da fratello maggiore e che ha raccontato in un’intervista a Tuttosport che un giorno di bombardamenti, mentre gli altri erano scappati nei rifugi, lui era rimasto nella stanza, a guardare gli aggiornamenti in tempo reale alla tv.
Poi si è accorto di non essere solo: alle sue spalle c’era un biondino, il più piccolo del gruppo: Krasić. Jovanović gli dà un solo consiglio: non ascoltare l’allenatore. Lui lo mette in pratica con chiunque. I tifosi lo chiamano Red Bull perché mette le ali, ma a un certo punto lui e la Juve smettono di volteggiare.
La crisi comincia quando conquista le copertine per un episodio spiacevole. Simulazione clamorosa contro il Bologna, l’arbitro dà rigore ma la prova tv condanna il serbo, che verrà squalificato per due giornate e che, da quel momento in poi, diventerà un osservato speciale.
Strepitosa la giustificazione di Delneri per quel tuffo: “Non ha simulato, ha immaginato”. Dopo la stagione 2010-‘11, però, il serbo non è stato più lo stesso, il nuovo allenatore Conte gli ha concesso appena 7 presenze.
Da lì, l’addio nell’estate del 2012. In totale il serbo ha totalizzato 41 presenze, realizzando 9 gol e fornendo 9 assist.
Poi il declino. Una parentesi al Bastia, poi il ritorno in Turchia da fuori rosa. Krasic nel 2015 passa al Lechia Gdansk, poi re anni dopo è svincolato e si ritira dal calcio. “Torino non mi è mai piaciuta, mi divertivo di più a Mosca. Conte è un grande tecnico e leader, ma non ho mai capito perché non puntò su di me”, disse Milos al portale “Sport.pl”.
“Ero convinto che sarei stato a lungo un giocatore della Juve. Purtroppo, però, le cose sono andate diversamente. A Torino non mi sono ambientato bene, la città non mi piaceva. Me ne sono andato anche perchè il mister mi preferiva spesso Lichtsteiner. Ad oggi non ho ancora capito perchè non mi volesse più in squadra. Nonostante questo, è un manager eccezionale: è il vero leader della panchina, un eccellente motivatore“.
Alla Gazzetta però rivelò il suo vero limite: “Sono arrivati giocatori di livello superiore: una squadra con Pirlo, Vidal e altri grandi calciatori… forse era troppo per me. Mi è mancata fortuna, forse anche il carattere. Non ho la giusta ambizione per emergere”.