Piede da sudamericano e testa da tedesco
Lug 16, 2021

Il suo territorio di caccia era la Champions. È lì che Vladimir Jugovic dava il meglio di sé, con la sua classe mixata a una freddezza non indifferente. Ed è proprio giocando quella coppa che fu notato dalla Juve. Con la Stella Rossa dei fenomeni (Mihajlovic, Savicevic, Prosinecki, Pancev) aveva vinto Champions e Intercontinentale (segnando in Giappone due dei tre gol con cui la squadra di Belgrado superò in finale i cileni del Colo Colo). Arriva la chiamata dall’Italia: lo prende la Samp dove esplode prima con Boskov e poi con Eriksson ma Genova gli va stretta. Marcello Lippi se ne innamora e lo vuole alla Juve per dare fosforo e geometrie alla sua Juve. Arriva in bianconero a 26 anni con l’etichetta di riserva, finirà per diventare un perno della squadra che ha centrato l’ultima Champions della sua storia. È il ‘96, finale all’Olimpico contro l’Ajax. Uno a uno, supplementari e rigori. L’Ajax sbaglia, se Jugovic segna la coppa è della Juve.

Jugovic (al centro) alla Stella Rossa nel 1991, pressato dai marsigliesi Di Meco e Abedi Pelé nella vittoriosa finale di Coppa dei Campioni

Lui ricorderà al Corriere della Sera: «Ero sicuro di segnare: sorridevo perché il destino aveva scelto me per una vittoria così importante, a livello personale e per la Juventus che l’aspettava da tanti anni». Nessuna paura di fallire: «Una persona molto vicina all’Avvocato Agnelli mi ha raccontato che quando andai sul dischetto, mentre tutti si giravano dall’altra parte, lui disse: “state calmi, è serbo…”».

In azione alla Sampdoria nella stagione 1994-’95

Del resto lui è un combattente nato: «Sono sempre stato abituato a lottare e a giocare per vincere fin da piccolo. Quando passi la scuola della Stella Rossa sei obbligato a vincere o a lasciare il posto agli altri. Per questo hai sempre fame». Jugo si conferma anche nella stagione successiva: prima la Coppa Intercontinentale a Tokyo, con un’altra prestazione sopra le righe, poi la Supercoppa a spese del Paris Saint-Germain e infine lo Scudetto, al quale dedica trenta partite e ben sei reti, con la storica la doppietta al Milan nella serata del 6 aprile 1997, nel match terminato 6-1 per i bianconeri a San Siro. Finisce l’avventura alla Juve ma non la sua carriera. Altre gioie lo aspettano alla Lazio.

Jugovic alla Lazio

Poi il lento declino tra Spagna, nell’Atletico Madrid, Francia, nel Monaco, e Germania, nell’Admira Wacker Modling, con un intermezzo di due stagioni nell’Inter di fine millennio. È sempre il suo mentore Lippi a volerlo in nerazzurro anche se gli anni si sentono.

A Internews confessò: «Mi dispiace perché avevo un infortunio che non mi ha permesso di esprimermi al meglio. Comunque è sempre una grande società, una delle più grandi d’Europa. È un onore averne preso parte. Sono stato due anni, Moratti con me si è sempre comportato da grande signore». Dopo il ritiro Jugovic non ha lasciato il calcio lavora infatti come opinionista sportivo per alcune televisioni, anche del suo paese, e si occupa inoltre di scouting per giovani leve serbe, oltre a intraprendere la carriera di procuratore sportivo.

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