Nato come uno dei tanti circoli ricreativi per operai che sbocciavano nei primi del ‘900 in Sudamerica, il Chacarita Juniors è un club di Villa Maipù, in Argentina, i cui giocatori, per via del colore nero sul gagliardetto, vengono allegramente soprannominati “Los Funebreros”, ovvero “I becchini”, in sintonia con lo humor tipico che si può ritrovare nell’autocritica di certa sinistra. Il nero fu scelto proprio per associazione col vicino cimitero del quartiere Chacarita, una di quelle cose che ti segnano in partenza. Il bianco fu scelto per la purezza dei componenti della squadra, in sintonia con il sobrio senso di superiorità morale che contraddistinguerà gli apparati di partito europei negli anni a venire. Il rosso, infine, venne scelto in virtù di un’associazione politico-cromatica pionieristica, antesignana di una febbre vermiglia che infiammerà la moda giovanile di mezza Europa, facendo pendànt con le sciarpine di cashmere, alternative rivoluzionarie agli scarpini coi tacchetti, volgari e anche un po’ massimalisti.
Nel 1969 gli eredi di quei padri fondatori erano gli ingranaggi umili di una squadra senza stelle, fedele alla filosofia operaia delle origini e basata esclusivamente sul gioco di squadra. All’epoca il campionato argentino era diviso in due gruppi da undici squadre, dai quali emergevano quattro semifinaliste. Bene, il Chacarita Junior non solo arrivò tra le finaliste, ma addirittura vinse quel campionato, battendo in finale per 4 a 1 nientemeno che i “millonarios” del River Plate, la squadra dei ricchi di Buenos Aires.
Non ci chiedete come, la partita non l’abbiamo vista. Ma è successo, è su tutti gli almanacchi. No, non lo sappiamo se sono interpolazioni propagandistiche della seconda ora. Quello che sappiamo, ovviamente, è che da buona stella cadente socialista, il Chacarita scomparve dal calcio che conta, cominciando a fare la spola tra la seconda divisione e i bassifondi della massima serie. Tuttavia, per celebrare quello che fu il giorno più bello, la società aggiunse una stella al suo stemma a simboleggiare l’unico titolo vinto. Dio ci salvi se lo viene a sapere Andrea Agnelli.
Fonte: Simone Vacatell, “Crampi Sportivi”