La carriera di Paul Vaessen, nato nel 1961 a Gillingham, fu brevissima. Una trentina di partite in tutto. Era figlio di quel Leon Vaessen, ex giocatore del Millwall. Paul il 23 aprile del 1980, ai tempi 18enne, entrò nella storia per la zuccata vincente su cross di Graham Rix che sancì la vittoria dell’Arsenal sulla Juventus nella semifinale di ritorno di Coppa delle Coppe. Goal decisivo e che valse la qualificazione in finale (ad Highbury era finita 1-1). Era l’Arsenal di O’Leary, Brady (che poi passerà proprio alla Juventus) e Vaessen appunto. Dopo quella rete importantissima giocherà un’altra ventina di partite, segnerà anche un altro goal ai rivali storici dei Gunners: il Tottenham. Tuttavia nel 1981-‘82 in un match estivo (sempre contro il Tottenham, prima squadra a cui aveva segnato da pro) si ruppe il legamento crociato del ginocchio destro. Tre interventi, una protesi dolorosa quanto inutile che lo portò a diversi mesi di riabilitazione.
Tutto inutile. Nell’estate del 1982, quando non aveva ancora 22 anni, dovette abbandonare il calcio. Il dolore, fisico e morale, di chi si è visto strappare i suoi sogni in un modo così crudele lo avvicinarono alla peggiore delle compagne: l’eroina.
Rimasto senza soldi e bisognoso di far fronte al dolore causatogli dal ginocchio infortunato, tornò inizialmente ad assumere marijuana, della quale era occasionale fumatore già a 13 anni. Come detto, dal fumo passò poi alle droghe pesanti. Passò anche attraverso un divorzio e un tentativo di rapina, per il quale ricevette tre mesi di carcere.
L’Arsenal, nel mentre, lo scaricò senza nessun tipo di appoggio, né morale né economico. Marijuana, rapine, carcere, eroina, tentativi di riabilitazione, poi ancora eroina, arresti ed altri giri pericolosi. Arrivarono anche un figlio, un breve periodo di serenità ma il dolore al ginocchio aumentava, divenne zoppo. L’eroina (135 pounds per ogni dose) leniva il dolore al ginocchio e alla mente. In un regolamento di conti in quel torbido mondo si prese sei coltellate. In sala operatoria il suo cuore si fermò due volte, ma venne salvato per miracolo.
Arrivò a pesare poco più di 60 kg, lui che era quasi 190 centimetri di altezza. Si fece ricoverare in una clinica di Bexleyheath per disintossicarsi. Ripulito, andò a vivere ad Andover dove conobbe Sally, già madre di una bimba, Abigail. Più tardi, da Sally ebbe anche il secondo figlio, Jack. Si trasferirono a Farnborough. Sembrava che la vita cominciasse a sorridergli, ma quel ginocchio faceva sempre le bizze: dolore, difficoltà nel camminare quindi riprese a drogarsi.
Abbandonò così la famiglia e si trasferì nuovamente a Bristol, dal fratello. Jason Murphy, un suo caro amico, l’unico che gli rimase vicino nonostante le disavventure, trovò Paul cadavere nel bagno della casa in cui abitava col fratello.
“Overdose” chiarì l’autopsia. Era l’8 di agosto del 2001 e Paul aveva 39 anni. Sul giornale locale venne riportata la notizia che un uomo di 40 anni in cura col metadone era morto il giorno prima a causa di una overdose. Da giorni aveva un terrore in più con cui fare i conti: la possibilità di vedersi amputare la gamba. Occorreva una delicata e costosa operazione per evitarlo. La madre cercò di rintracciarlo disperatamente nelle ore precedenti. Il giorno prima arrivò la conferma che i fondi per l’operazione sarebbero arrivati. Troppo tardi.
Disse Tony Adams: “Da 17 anni non tocco una goccia di alcool, ma ai tempo dell’infortunio di Vas e della sua caduta nella droga tendevo a negare la mia dipendenza per non doverla affrontare e mi costringevo a non vedere le somiglianze che c’erano tra di noi, pensando che non ‘stavo male come lui’. Quando sono diventato sobrio ho capito cosa stava accadendo a Vas e mi sono identificato con i suoi demoni. Di lui mi resto il ricordo dolce di quel suo gol segnato alla Juventus, unito alla profonda tristezza per un amico che purtroppo non ce l’ha fatta”. In pochi anni la vita di Paul Vaessen, divenne identica a tanti altri ragazzi come lui caduti nella spirale della tossicodipendenza.
Passarono tre mesi ed un quotidiano sportivo inglese ricordò quella semifinale di Torino, quando Paul Vaessen segnò il gol che poi avrebbe portato i Gunners a giocarsi la finale col Valencia. Della morte di Paul nemmeno un cenno. Trascorsero altri cinque mesi prima che un giornale ne desse la notizia. La notte di Torino, la “sua” notte, è ormai lontanissima.