Che poi Roma abbia un fascino particolare e misterioso è cosa nota a tutti. Probabilmente è anche per questo motivo che, in una calda domenica di metà giugno, passeggiando per i vicoli del Portico D’Ottavia nel quartiere ebraico della città (l’iniziale in maiuscolo è d’obbligo) la mia attenzione è stata letteralmente rubata da un museo molto particolare e che ho voluto assolutamente visitare. Fra le tante immagini di inizio Novecento, ovvero il secolo che da sempre esercita un’influenza particolare sui miei interessi culturali, una in particolare e sicuramente neanche la più significativa, mi ha incuriosito notevolmente. Era un manifesto risalente alla seconda metà dell’aprile del 1914 che pubblicizzava un importante incontro di calcio valevole per l’accesso alla finalissima del diciassettesimo Campionato di Calcio Italiano fra la Juventus di Torino ed il Casale di Casale Monferrato. In pratica un derby piemontese. In quel 1914 il calcio ancora non poteva essere considerato lo sport nazionale per eccellenza, il ciclismo era infatti molto più popolare, ma l’interesse che destava era decisamente crescente e inarrestabile. L’albo d’oro dei sedici campionati precedentemente disputati era sintetizzato da questa graduatoria di vittorie: 6 Genova 5 Pro Vercelli 3 Milan 1 Inter 1 Juventus.
Vi è però un altro particolare da evidenziare: all’epoca ancora non esisteva una Serie A ed i campionati erano raggruppati su basi regionali e siccome ogni anno venivano fondate nuove squadre, nel 1913 erano state istituite una prima divisione ed una seconda divisione, con tanto di appositi meccanismi di promozione e retrocessione. Ebbene, per quanto incredibile possa sembrare, la Juventus nel 1913 era arrivata ultima nel girone piemontese e, quindi, non avrebbe potuto partecipare al campionato di Prima Divisione Nazionale del 1914! Al suo posto era stata iscritta l’Alessandria vincitrice del torneo cadetto della Regione Piemonte. A Torino scoppiò un autentico finimondo. La società Juventina indisse al riguardo un’assemblea in cui i toni divennero subito accesissimi, tanto da ventilare lo scioglimento della società e fu necessario anche un massiccio intervento dei Regi Carabinieri per mantenere l’ordine. Dopo una settimana di trattative si giunse ad un compromesso: la Juve fu ripescata ed iscritta al girone Lombardo dove mancava ancora una squadra per completare la griglia dei club partecipanti. In tal modo potè finalmente iniziare il torneo. La squadra detentrice dello scudetto era la mitica Pro Vercelli dalle bianche divise ma la vicina Casale non poteva tollerare la supremazia degli odiati cugini vercellesi e quindi allestì un autentico squadrone. Il 26 aprile 1914 in una sorta di semifinale il Casale affrontò sul suo terreno la “ripescata” Juventus (che comunque disputò un ottimo campionato finendo seconda nella Prima Divisione Lombarda) e la batté con un canonico 2 a 0 anche se le cronache dell’epoca dicono che il risultato era stato sin troppo benevolo per i Bianconeri. Il Casale, quindi, andò a disputare la finale per il ttolo di Campione d’Italia con la Lazio che aveva vinto la semifinale del Centro-Sud. Nel doppio confronto non ci fu storia: 7 a 1 all’andata in Piemonte e 2 a 0 a Roma: il Casale per la prima ed ultima volta nella sua storia vinse lo Scudetto e divenne così la più piccola città del Bel Paese a vincere un regolare campionato di calcio. Fu l’ultimo capitolo di un calcio romantico e pionieristico, poi ci fu la Grande Guerra e cose ben più importanti a cui pensare.
Quando il mondo ricominciò a vivere tutto era cambiato. La Juventus fu acquistata dalla famiglia Agnelli ed iniziò a collezionare un titolo dietro l’altro. Il Casale e la Pro Vercelli invece sparirono dalla memoria dei tifosi ed i ragazzi d’oggi ben poco conoscono del loro glorioso passato. Ecco… vedete, una semplice passeggiata per le magiche vie di Roma, può donare anche queste piccole, grandi storie
Mario Cantoresi