I Tigres Uanl sono i finalisti del Mondiale per club 2020, affronteranno il Bayern Monaco. Un’impresa storica: mai prima d’ora un campione Concacaf aveva raggiunto la finale del Fifa Club World Cup, competizione erede della vecchia Coppa Intercontinentale. Un primato che nessuno potrà eguagliare o strappare ai messicani dell’Università autonoma di León, capaci di eliminare il Palmeiras, vincitore appena una settimana fa della Coppa Libertadores 2020.
Nessuna recriminazione: i brasiliani non sono stati all’altezza dell’occasione e devono ringraziare l’ottimo Waverton, per aver chiuso sullo zero a zero la prima frazione, dove i messicani sono andati vicini al gol in almeno tre occasioni. L’1-0 sui brasiliani è arrivato al 54′ su rigore concesso per fallo di Luan e trasformato da André-Pierre Gignac, nonostante Waverton avesse intuito l’angolo di battuta. Appropriato che la firma su questa impresa storica sia quella del 35enne asso transalpino, che in Messico ha avuto un impatto e raggiunto uno status paragonabile a quello avuto negli anni Novanta in Inghilterra da Eric Cantona. Altro ex Marsiglia. Nel turno precedente Gignac aveva firmato con una doppietta il 2-1 con cui i messicani avevano eliminato i campioni d’Asia dell’Ulsan.
Il calcio, in Messico, è lo sport più seguito. E in questo caso, a parlare, sono anche i numeri. La nazione sudamericana, infatti, prima della pandemia era ormai stabilmente alle spalle soltanto della Bundesliga, della Liga e della Premier per numero di tifosi che vanno allo stadio. Questo fa capire la passione che i messicani provano per il calcio. Passione che non ha avuto bisogno di nomi altisonanti. Negli ultimi anni, alcuni dei giocatori più importanti che hanno calcato i campi messicani sono stati Ronaldinho (ormai al termine della carriera), la meteora del calcio Dorlan Pabon (quello che sfondava le reti con i suoi tiri dalla distanza), Jared Borgetti (miglior marcatore nella storia della nazionale messicana) e il fenomeno atzeco Cuauhtémoc Blanco Bravo (fortissimo fantasista, soprannominato “The King”, a cui Gignac ha rubato l’esultanza).
Non sono tanti, quindi, i giocatori europei che hanno fatto la scelta di migrare. Gignac, grazie al contratto firmato con il Tigres, gioca in uno stadio casalingo che registrava la bellezza di quasi 50 mila tifosi di media. Potrebbe essere questo uno dei motivi per cui abbia deciso di firmare.
Questo, se si è abituati a vedere il mondo in chiave romantica. Per quelli un po’ più cinici, i 4,5 milioni di dollari l’anno sono sufficienti a spiegare il trasferimento. Se Enzo Jannacci, nel 1976, cantava “Messico e nuvole”, nel 2017, André-Pierre Gignac dovrebbe cantare “Messico e favole”. Favole, infatti, è il termine corretto per definire una serie di stranezze che hanno fatto parlare di Gignac sia dentro che fuori dal campo.
Innanzitutto le sue esultanze. Prima quella rubata a Blanco, poi il mago che incanta e fa svenire i suoi compagni in panchina, infine la celeberrima Kame Hame Ha di Goku: ad ognuno dei tanti gol segnati corrisponde un simpatico modo di gioire che tanto ha fatto parlare. Ad un certo punto qualcosa sembrava essersi rotto. Gignac aveva collezionato appena cinque gol, rimanendo a secco per circa due mesi. Ma i Messicani, ce lo insegna la storia, hanno sempre un asso nella manica. E, infatti, a sbloccare la mente del bomber francese ci pensò un ipnotista. Risultato? Cinque gol nelle prime quattro partite dei play-off, e rete nella finale che ha assegnato il titolo di Apertura al suo Tigres.