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Nel 2015 si è spento all’età di 58 anni, vittima di un male incurabile, Roberto Sequi, ex calciatore, medico molto apprezzato e, soprattutto, grande uomo.
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Nato a Cagliari l’11 febbraio 1957, è cresciuto calcisticamente nelle giovanili del Cagliari, dove, dopo aver fatto tutta la trafila, venne aggregato alla prima squadra ed esordì in serie B con Lauro Toneatto in panchina, nella stagione 1976-’77, collezionando una sola presenza. In estate venne ceduto all’Iglesias, dove è stato brillante protagonista di alcuni campionati di serie D.
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Al termine del campionato 1979-’80, venne ceduto al Carbonia con Mauro Manconi, Guido Accardi, Giampaolo Zaccheddu e Adriano Novellini, diventando insieme a loro e ai nuovi compagni protagonista di un ciclo vincente.
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Nel campionato di serie D 1980-’81, il Carbonia dominò il girone d’andata, per poi crollare in quello di ritorno, sotto la guida del compianto Renzo Cappellaro; l’anno successivo, ritornato in panchina Checco Fele, il Carbonia vinse trionfalmente il campionato Interregionale, approdando in serie C2.
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Roberto Sequi, dotato di un buon fisico, faceva leva sull’anticipo, un eccellente colpo di testa e una grande decisione nei contrasti. Con la maglia del Carbonia ha disputato quattro campionati, in serie D, Interregionale e C2 (2), collezionando complessivamente 107 presenze e 2 reti. Al termine della stagione 1983-’84, d’accordo con i dirigenti, lasciò la squadra per dedicarsi con maggiore assiduità agli studi in Medicina, continuando a giocare per alcune stagioni nei campionati regionali.
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Una volta appese le scarpette al chiodo, s’è affermato anche da medico, arrivando a ricoprire il ruolo di direttore sanitario dell’Azienda Ospedaliero Universitaria e dell’Azienda Ospedaliera Brotzu di Cagliari.
Poi Roberto Sequi ha iniziato la sua battaglia più difficile, quella con la malattia, per la vita, che ha affrontato con la stessa forza e determinazione sempre mostrate sui campi di calcio e in quelli del lavoro. Ha lottato a lungo, con alti e bassi, ma alla fine, purtroppo, questa volta, s’è dovuto arrendere.
Giampaolo Cirronis