
Il gol e il portiere: il fine e il mezzo posto per non raggiungerlo. Il calcio vive il suo momento clou nel momento in cui l’estremo difensore, l’ultimo baluardo capitola. Dura la vita di quelli che si ritrovano a difendere i pali di una porta: i portieri, per il ruolo che occupano in campo vengono visti quasi come ostili, messi lì per non far divertire il pubblico che si aspetta di vedere tanti gol.

Marcello Grassi, ex portiere anche dell’Ascoli si è opposto per tanti anni alle sortite offensive degli avversari sul terreno di gioco, mettendo tra sé e il gol i guantoni. Gli anni sono passati anche per lui, ma quel capello sempre così curato è un ricordo che non sbiadisce. Il segno di un’Italia che non tramonta, attenta alla propria immagine, segno di rispetto.
Proprio ad Ascoli Grassi ha lasciato un ottimo ricordo e i tifosi lo ricordano con affetto e in particolar modo per un aneddoto legato alla sua permanenza in maglia bianconera.
Era un Ascoli-Bologna, terminata 1-2 per i felsinei. Nel primo tempo una conclusione di Savoldi termina in rete, ma. C’è un raccattapalle che con un calcio fa tornare il pallone in campo. Savoldi e i giocatori del Bologna sono pronti a festeggiare, ma l’arbitro non è dello stesso parere. Per il direttore di gara la palla non è entrata. Un episodio che Marcello ricorda con simpatia, simbolo di un calcio che era meno nevrotico.

“Palla in profondità a Savoldi, alla mia sinistra. Io gli vado incontro, lui calcia, me la piazza sul secondo palo. Vedo il pallone che mi passa, non ci arrivo. Alzo gli occhi e c’è questo ragazzino che la butta fuori. Ho capito subito che ha messo il piede e l’ha rimessa in campo: sembrava quasi che avesse colpito il palo. Savoldi inveiva con l’arbitro perchè voleva il gol, ma il direttore di gara fu inflessibile: per come l’aveva colpita quel bambino sembrava davvero che la sfera avesse colpito il palo”. Quel raccattapalle divenne un eroe.

Carrarino classe 1948, Grassi, portiere dotato di atleticità e tecnica, debutta in Serie D nel 1967 con la Lucchese, venendo poi acquistato dall’Atalanta che lo fa esordire nella massima categoria, vincendo inoltre con la formazione giovanile degli orobici il Torneo di Viareggio 1969. In nerazzurro non trova molto spazio, tanto da essere mandato in Serie C dove difende le porte di Spezia e Cremonese.

Ritorna quindi a Bergamo, dove disputa un altro torneo di Serie A. Si trasferisce poi all’Ascoli con cui ottiene una promozione in massima categoria, categoria conservata per due annate. Passa quindi al Perugia con cui gioca in Serie A per un altro biennio, facendo parte della rosa che nella stagione 1978-’79 conquista il secondo posto nonché lo storico record d’imbattibilità.

Sua successiva destinazione è il Bari, in Serie B, dove trascorre due stagioni. Rimane poi tra i cadetti, in forza al Pescara e alla Pistoiese, mentre a metà degli anni 1980 spende l’ultima parte di carriera nei campionati minori, al Rapallo Ruentes e alla Carrarese, appendendo i guantoni nel 1986 con la maglia del Ceparana.