Tresòr, l’eccezione
Gen 21, 2021

C’è gente che mi fa domande soltanto su quella partita. Come se avessi giocato solo quella”. A Siviglia, ovviamente. Quella sera. Per chi vince, c’è la finale. Platini gira intorno a Briegel e conquista un piazzato. Batte Giresse in mezzo: “Quando attaccavamo, io andavo spesso avanti. Mi stava marcando Hrubesch, che era più grosso di me. Così decido di correre sul secondo palo e poi tornare al centro area. Era più pesante, non riusciva a tenere il passo. Ho fatto una volèe quasi a occhi chiusi. E non ci credevo : avevo segnato. Ero riuscito a dimostrare che anche i difensori possono fare gol belli”.

Capitano della Francia, con Dino Zoff

La Francia va in vantaggio con Marius Trèsor. Nemmeno l’immortalità conferita da quei tempi supplementari può bastare: “Poi il loro secondo gol ha cambiato tutto. Abbiamo fatto quella cosa tipicamente francese di voler continuare a giocare, dimenticando completamente che tre giorni dopo ci sarebbe stata la finale. Volevamo tenere palla, ma non sapevamo come. D’altronde in quei giorni molti ci accostavano al Brasile. Un errore di esperienza. E non avevamo messo in conto la tenacia dei tedeschi”.

Nella Nazionale francese

In quei momenti, il collega di reparto Patrick Battiston si trova steso su un lettino davanti a un medico. Perché, dopo l’abominevole uscita di Schumacher, ha un paio di denti rotti e un sospetto trauma cranico: “Quell’incidente mi è rimasto dentro per tanto tempo. E’ stato uno shock per noi. E adesso, sono più arrabbiato con l’arbitro Corver che con Schumacher. Ancora oggi Battiston soffre di dolori alla testa , al collo e ha una lesione alla colonna vertebrale”.

1971, nell’Ajaccio

Per Marius Trèsor è il compimento di una volontà superiore: “La Francia all’epoca aveva meno prestigio internazionale . Incredibile è stata la scelta di un arbitro olandese, dopo che noi avevamo eliminato proprio l’Olanda per arrivare ai mondiali. E falli evidenti non fischiati su Platini e Giresse ci avevano sconvolto. Ci avevano fatto capire che aria tirava. Alla fine tutti piangevano. Calciatori, funzionari, personale tecnico. Non mi è più capitato. E ci si chiede se nelle alte sfere accadano delle cose che non sappiamo. Non è stata la squadra tedesca a sconfiggerci, ma Corver e la Fifa”.

La partita non finisce ai rigori . Continua il giorno dopo in aeroporto: “Incontriamo i tedeschi . Ma c’era anche Corver. Stava con loro, chiacchierava, rideva. E ci guardava. Era l’atteggiamento che non andava. Tigana era furioso, stava per aggredirli. L’abbiamo dovuto bloccare”. La finale per il terzo posto non interessa a nessuno. Marius non vede l’ora di andare in vacanza. Gioca altri due anni , battendo il record di presenze in Nazionale. Smette lasciando uno scudetto a Bordeaux. Il suo unico campionato vinto. Come fosse un’eccezione . Ma il capitano della Francia che alza la Coppa Europa non è lui.

Marius Trèsor a Marsiglia

Sembra quello il momento adatto per tornare nell’isola di Guadalupa, dove tutto è cominciato.   “Coi miei amici giocavo sempre nella spiaggia di Sainte-Anne. Era talmente grande che potevi fare undici contro undici senza disturbare i bagnanti. Bellissimo. Con un pallone fatto di giornali inzuppati e tenuti insieme con un nastro. Quando ci stancavamo, ci buttavamo in acqua. Dopo cinque o dieci minuti, ricominciavamo. E’ lì che sono cresciuto muscolarmente, altro che palestra”.

Un tentativo anche con il ciclismo . “Poi ho smesso, perché ho visto mio fratello tornare a casa dopo una caduta. E ho fatto un po’ di atletica”. Da calciatore se ne accorgeranno tutti.

A Bordeaux

A casa non avevamo nemmeno il televisore. Il primo mondiale che ho visto è quello del ’66. Ho ricevuto un’ottima educazione . Una volta sola mia madre mi ha punito, ma me lo sono meritato. E dopo ho fatto meno cazzate”. Gioca nella Juventus di Sainte-Anne e nel 1969 vincono il campionato dell’isola.

Lui gioca in attacco, è vice-capocannoniere. “Ho iniziato a giocare presto, ma senza puntare a nulla di importante. I parastinchi, mai messi. Mi davano solo fastidio, mi facevano venire i crampi. E mi abbassavo i calzettoni perché pensavo così di essere più veloce”. Gli vuole dare un’occhiata l’Ajaccio e gli manda una prima lettera di invito. Lui la ignora: “Volevo aiutare i miei genitori nella stagione estiva. Ma quando arrivò la terza lettera da Ajaccio, mi resi conto che erano davvero interessati”. Il 16 settembre 1969 lascia la Guadalupa per un’altra isola: la Corsica.  

Al Mondiale del 1978 in Argentina

Avevo paura ovviamente. Lasciavo un posto che conoscevo a memoria. L’Ajaccio mi pagò nulla, solo il biglietto aereo andata e ritorno. Già anche il ritorno. Perché volevano lasciarmi la possibilità di tornare a casa. Il mio adattamento è stato più facile perché i corsi sono gente che ama il calcio. E non sono mai stato trattato da estraneo : ero isolano come loro.  Se non fossi finito in Corsica, nessuno avrebbe mai sentito parlare di Marius Trèsor”. In due mesi viene acquisito dai titolari. Il tecnico è un argentino, si chiama Alberto Muro: “E mi schiera ala. Un giorno in allenamento eravamo senza difensori causa infortuni. Muro chiede : ‘Chi se la sente di giocare in difesa? ‘ Ho alzato la mano solo io”.

Prima stopper, poi libero. “In difesa mi sentivo più a mio agio. Avevo più spazi. Il ruolo adatto a me”. Un giorno si gioca Angoulême-Ajaccio. Quando l’attaccante avversario gli dice qualcosa sul colore della pelle, Marius risponde rapido: “Lo so di essere nero. Sono nato così”.

E in due anni è in Nazionale.

Per i primi anni Settanta un calciatore di colore con quella maglia è un’eccezione, anche se non è il primo. E il 25 giugno 1972 ne giocano addirittura due contemporaneamente, perché accanto a lui al centro della difesa viene schierato un certo Jean-Pierre Adams.

Ancora una foto nelle vesti di capitano dei Bleus

Si sono conosciuti da avversari in un combattutissimo Ajaccio-Nimes : un compagno invita Trèsor a colpire duro Adams. Si fermano di colpo tutti e due. Poi Jean-Pierre gli dice: “Tra di noi non facciamo così”. L’intesa è immediata. “Jean-Pierre era una roccia. Giocare dietro di lui in Nazionale era un piacere. Non avevamo neanche bisogno di guardarci. E poi quando l’attaccante usciva dalle sue grinfie, non ce n’era rimasto molto”.

In panchina arriva il signor Kovacs e i Bleus sbancano Breslavia. Quando qualcuno chiede a Kovacs: “Come ha fatto a battere 2-0 la Polonia di Deyna ?” , risponde: “Il calcio francese è ancora come una foto delle elementari. I più sviluppati dietro e i piccoletti avanti. Se non abbiamo preso gol è solo grazie alla mia Garde Noir”. Perché la coppia centrale difensiva Adams-Trèsor è diventata la Guardia Nera. Tutti iniziano a chiamarla così: “Con Jean-Pierre ho passato i momenti più belli . Ci siamo divertiti tantissimo. E senza un i-phone o un tablet. Parlavamo sempre e giocavamo a carte. Oppure andavamo in un negozio di dischi e ne uscivamo carichi di Otis Redding e James Brown“.Per una sola sera invece, quella del 3 gennaio ‘73 a Wembley, si compone la coppia Trèsor – Beckenbauer . E’ una sorta di Resto d’Europa , limitato solo ai paesi fondatori del MEC : in porta si piazza il signor Piot, in mezzo i signori Neeskens e Netzer , in attacco Gerd Müller e Van Himst. Marius è l’unico francese in campo quella sera : “Ho sempre considerato il calcio come un gioco. Se entri in campo e t’incazzi , se non ti diverti , non vale la pena scegliere questo sport. Anche nei momenti difficili mi sono divertito, perché il calcio mi ha permesso di sfogarmi”.

Autentica star del calcio francese

Intanto è passato all’Olympique Marsiglia, che è campione in carica. Squadretta messa su con Skoblar, Magnusson e Salif Keïta. Sono tre stranieri. Ce n’è uno di troppo e non si vince più : “Da bambino non avrei mai pensato di giocare con Skoblar. Si realizzava un sogno. Poi sono arrivati Jairzinho e Paulo Cesar insieme. Li avevo visti soltanto in televisione. Grazie a loro sono molto migliorato nell’uno contro uno”. Secondi in campionato.  “A Marsiglia la vita non scorreva molto veloce, un po’ come in Guadalupa”. A fine allenamento se ne va in montagna a fare sci di fondo. Ci porta anche Thierry, suo figlio : “In cinque anni a Marsiglia non sono mai andato a mare. Perché l’unico che conosco è quello della mia isola”. Più spesso si rintana al bar Le Glacier per le solite partite a carte. Tutti sanno che Marius ci passa ore e ore. Anche gli allenatori lo chiamano lì. L’anno dopo si arriva in finale di Coppa di Francia e c’è il Lione di Bernard Lacombe: “Loro erano favoriti . Ma ormai eravamo lì e dovevamo provarci. Ogni tanto guardavo in tribuna dove c’era la coppa. Eravamo più forti nel non concedere spazi e nella concentrazione. Abbiamo avuto anche un pizzico di fortuna”.

La Garde Noire: Tresòr e Jean-Pierre Adams

Diventa il primo calciatore di colore capitano della Nazionale con monsieur Hidalgo : “Un tecnico che ha creato uno spirito, uno stato d’animo. Quando è arrivato, ha detto: ‘Quelli che hanno l’abitudine di guidare i compagni, continueranno a farlo’. Discutiamo di tutto, allenamenti compresi. Nessuna imposizione. E sa come scaricarci prima delle partite importanti”. Primo obiettivo è la qualificazione per il mondiale d’Argentina: “Miglioravamo di partita in partita e avevamo capito che potevamo giocarcela. L’intesa nella squadra era bellissima, come in un club. Dal più anziano, che era Henry Michel, al più giovane, Patrick Battiston. Sembrano dettagli , ma in quel modo essere in ventidue diventa una forza”. Accanto a lui, Jean-Pierre Adams è stato rimpiazzato da Patrice Rio del Nantes. La Garde Noir è momentaneamente sciolta e Marius non sembra subito apprezzare.

E’ un pragmatico, che studia l’avversario. Gli capita di giocare anche al Maracanà: “C’erano centomila persone, un tempio. E solo due di noi su diciannove ci avevano giocato prima. Scendiamo in campo troppo contratti e andiamo sotto 2-0. Poi Hidalgo nell’intervallo ci fa capire che possiamo segnare. Sapevo che Leão esitava in uscita ed è andata proprio così”. E’ suo l’ultimo stacco di testa: palla all’incrocio, Brasile – Francia 2-2.“Combatto molto, ma lo faccio per recuperare la palla, non per colpire l’avversario. Ho fatto tanti placcaggi, ma non ho mai fatto del male a nessuno. E interpreto il ruolo andando avanti. Per creare la superiorità numerica”. Col Lussemburgo prende palla. Salta due, poi un altro. Gli si fa incontro il portiere: saltato e l’appoggia dentro. La partita decisiva per andare al mondiale è al Parco dei Principi . Lui dietro è insuperabile. Poi chiede triangolo e si butta avanti. E riesce a forzare il bunker dei bulgari. Completa Platini: dopo dodici anni si torna a un mondiale.

I versione cantante

Un giorno mi stavo allenando e mi telefona un certo Julien Clerc.  Mi invita a uno spettacolo . Poi mi chiede: ‘ Vuoi canticchiare una canzone ? ’. Gli dico che sono un calciatore professionista, non un cantante”. Clerc lo lancia dal palco come fosse un’eccezione: ‘Ha detto che non voleva cantare , ma una breve canzone delle Antille Occidentali con me non la rifiuterebbe’. Prova a farlo sentire a casa e cantano Adieu foulard, adieu Madras.

Quando torno a Marsiglia, due ragazzi mi vengono a trovare all’allenamento: ‘ Abbiamo visto lo show. Hai una voce straordinaria . Facciamo qualcosa insieme ? ‘ . Gli dico di no. Poi dopo la vittoria con la Bulgaria, ho cambiato idea”. Marius viene scaraventato al centro esatto della musica: tour e album. Tutta la Francia balla Sacrè Marius.

A febbraio ’78 a Napoli per un’amichevole con l’Italia, che è un’anteprima dell’esordio mundial. Lui va in tackle su Tardelli e prende palla: l’arbitro indica il dischetto. “Sono uno calmo, che non si arrabbia facilmente. Cerco di non mostrare quello che c’è nel mio cuore. Ma provo orrore per l’ingiustizia”. Il punto più alto della notorietà sembra coincidere con quello più basso della carriera . Uno stato di alterazione dovuto anche al ginocchio che non risponde.  Alla fine della partita di coppa di Francia persa col Sochaux, accade l’irreparabile:  tira violentemente il pallone addosso all’arbitro . Gli provoca una contusione al polso. Marius si affloscia. E’ un esaurimento nervoso. Adesso non bastano nemmeno le sigarette. Nessun tecnico lo chiamerebbe per un mondiale. Non si allena fino al 23 maggio 1978: le convocazioni sono state diramate da undici giorni. Ma Hidalgo decide di fare un’eccezione e sul Concorde per Buenos Aires porta anche lui: “La reazione allo sforzo del ginocchio è stata positiva. E non mi ritengo un peso morto”. Venerdì 2 giugno, Marius Trèsor è a Mar del Plata, al centro del campo per scambiare il gagliardetto con Zoff. Poi di testa sono tutte sue. Gli capita Cabrini in un face to face: nessun problema, se ne va palla al piede.  Prova a tenere su una difesa dalle maglie molto larghe: impossibile.

Con i padroni di casa è una partita stupenda. Anche se l’arbitro vede un rigore contro. Ci ripensa , dice che non c’era. Ma solo a fine partita e con una punta di costernazione. Quanto accadrà a Siviglia quattro anni dopo conferma l’assioma di Marx: nella storia la tragedia si ripete, ma in forma di farsa. Marius chiude con una splendida prestazione con gli ungheresi. Quando gli esperti elaborano la difesa ideale della prima fase, viene fuori : Claudio Gentile a destra, Tarantini a sinistra, Bruno Pezzey e Marius Trèsor al centro. L’anno dopo si fa avanti il Bayern Monaco: “Parto e faccio le visite mediche. Mi rimanevano sei mesi di contratto all’Olympique. Mancava solo l’accordo tra i due club. A 30 anni ero pronto per sostituire Beckenbauer”. Il Marsiglia fa saltare tutto e lui se ne va al Bordeaux. ”Mi davano per finito e hanno dovuto ricredersi”. Un’ altra eccezione . In un sondaggio di France Football è il sesto calciatore francese di sempre dietro Platini, Zidane, Kopa, Blanc e Fontaine. “Ho giocato quindici anni da professionista, ma non li ho neanche visti scorrere perché per me era veramente un divertimento”. Un giorno gli arriva una notizia agghiacciante: Jean-Pierre Adams è in coma. Anche adesso, dopo trentasei anni, è lì, inchiodato al letto . Tutti i giorni se ne prende cura la moglie. Quando qualcuno le ha chiesto quali ex-compagni sono andati a trovarlo, lei ha risposto: “Nessuno”. Ma forse anche in questo Marius sarà l’eccezione.

Ernesto Consolo

Da Soccernews24.it

Condividi su: